Per la copertura di legno dei balconi non comuni legittimati a chiedere la sanatoria sono i proprietari
Non necessario l’assenso degli altri condòmini
Per la copertura lignea di una terrazza basta la richiesta del proprietario dell’appartamento e non il parere dei condòmini. È questa una delle motivazioni presenti nella sentenza pronunciata dal Tar del Lazio, la numero 08456/2022, con cui è stato accolto il ricorso di una coppia contro il diniego del comune di Viterbo in merito alla richiesta di sanatoria per opere realizzate nella terrazza del loro appartamento in un palazzo.
I fatti di causa
La vicenda inizia nel 2009 quando il Comune rigetta la domanda per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, presentata dai due, «relativa a opere di copertura (in struttura lignea) delle terrazze dell'appartamento di loro proprietà». Per l'amministrazione comunale l'intervento, ritenuto di «indubbia entità, considerato che la superficie coperta, pari complessivamente a circa 52 mq, corrispondeva a quasi il 50% della superficie utile dell'alloggio, incide significativamente sui prospetti aumentandone peraltro l’altezza e modificando così la sagoma della palazzina».
E quindi, partendo da questo assunto il Comune sostiene che «la legittimazione a chiedere il titolo edilizio (anche in sanatoria), non sarebbe spettata ai medesimi in quanto il “bene” che è stato interessato dalla avvenuta trasformazione edilizia non è già le sole terrazze di proprietà, bensì l’intero stabile nel suo insieme, la sua originaria architettura e il suo decoro, che appartengono al condominio, il quale non ha autorizzato le opere di copertura».
Chi è legittimato a chiedere la sanatoria
Quindi l'impugnazione dell'atto e il ricorso al Tar con la puntualizzazione che «la richiesta di sanatoria aveva ad oggetto la struttura di copertura delle terrazze di loro esclusiva proprietà, realizzata nel 2003 e immediatamente rimovibile». Per i giudici, che richiamano la norma con cui si prevede che «Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo» il ricorso è fondato. Non solo. Secondo i magistrati non sarebbe rilevante la circostanza secondo la quale l'immobile «interessato da opere per le quali venga richiesto il titolo edilizio sia ubicato all'interno di un edificio composto da più unità immobiliari, di proprietà esclusiva di diversi soggetti, ai quali invece compete la proprietà comune e indivisa delle parti».
Per i giudici la motivazione addotta dall'amministrazione «si appalesa manifestamente illegittima, perché giunge ad escludere la legittimazione dei ricorrenti con un'operazione ermeneutica del tutto infondata in punto di diritto, tentando di attribuire una consistenza materiale a concetti astratti (quali quelli di sagoma, decoro architettonico e prospetti), configurandoli alla stregua di “beni” di appartenenza condominiale (che a suo giudizio sarebbero incisi dalle opere abusive), laddove invece la proprietà indivisa dei condòmini attiene a cose che hanno una loro fisicità e tangibilità, quali sono le parti comuni elencate dall'articolo 1117 Codice civile». Ricorso accolto e atto annullato, «fermo restando il potere-dovere dell'Amministrazione di rideterminarsi sull'istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria presentata dagli odierni ricorrenti».