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Per la sostituzione della caldaia vecchia e inquinante basta la maggioranza semplice dei condòmini

L'intervento, infatti, lungi dall'essere classificato come una innovazione, poteva essere considerato come una manutenzione straordinaria

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di Edoardo Valentino


Il caso in commento iniziava a seguito dell'impugnazione di una delibera assembleare da parte di un condomino. La delibera aveva come oggetto la realizzazione di una serie di lavori, tra i quali la sostituzione della caldaia dello stabile e il risanamento del tetto dalla presenza di amianto ed era stata approvata con la maggioranza semplice dei voti dei condòmini, ai sensi dell'articolo 1136 comma II del Codice civile. A detta del condomino che aveva impugnato, però, la delibera sarebbe stata invalida in quanto per la realizzazione delle predette opere, notabilmente la sostituzione della caldaia, la maggioranza semplice non sarebbe stata sufficiente.

Il quorum per l’ok alle innovazioni

Il condomino/attore, infatti, nel proprio atto contestava la violazione dell'articolo 1136 comma V del Codice civile che prevede, di concerto con l'articolo 1120, che in caso di deliberazione consistente in una innovazione sia necessario «un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio». A parere del condomino la sostituzione della caldaia con un nuovo manufatto costituiva una innovazione e conseguentemente la delibera assembleare sarebbe stata annullabile per violazione delle norme sopra citate. Si costituiva in giudizio il condominio, sostenendo invece la validità della delibera assembleare.

La vetustà dell’impianto

All'esito del giudizio il Tribunale rigettava la domanda del condomino.Questi, alla luce della soccombenza, agiva in Corte d'appello.Con la sentenza numero 559 del 20 maggio 2022 la Corte d'appello di Torino rigettava altresì l'appello del condomino.A detta del giudice, infatti, per consolidata giurisprudenza (si vedano ad esempio Cassazione civile sezione II, 18 maggio 1994, numero 4831 e Cassazione civile sezione II, 12 gennaio 2000, numero 238) per la sostituzione della caldaia, laddove questa sia vetusta e non rispetti più la normativa vigente in tema di consumi e inquinamento, non sarebbe stato necessario ottenere le stringenti maggioranze di cui all'articolo 1136 comma V del Codice civile (ossia la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio).

L'intervento in oggetto, infatti, lungi dall'essere classificato come una innovazione, poteva essere considerato come una manutenzione straordinaria dell'impianto di riscaldamento e – in ragione di ciò – al fine della sua corretta deliberazione sarebbe stata sufficiente la maggioranza ordinaria prevista dall'articolo 1136 comma II del Codice civile (che si sottolinea è: maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio). Nel caso in questione la caldaia era obsoleta (oltre 25 anni dall'istallazione) e non rispondeva più ai requisiti normativi.La sua sostituzione, quindi, non costituiva innovazione, ma solo un modo per il condominio di manutenere e mantenere funzionale il proprio impianto di riscaldamento.

Aggiungeva poi il giudice come rientrasse «nei poteri dell’assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento di tali beni. L’assemblea con deliberazione a maggioranza ha quindi il potere di modificare sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e quindi non incide sui diritti dei singoli condòmini» (sul punto si veda anche Cassazione civile sezione II, 11 gennaio 2012, n.144).

Conclusioni

A tal fine, quindi, secondo la Corte d'Appello, la delibera presa con le maggioranze di cui all'articolo 1136 comma II del Codice civile era da considerare come valida. Con la medesima maggioranza, proseguiva il giudice, potevano ben essere decisi i lavori per la messa in sicurezza e la rimozione dell'amianto dal tetto.Sulla base dei summenzionati principi, quindi, la Corte d'appello rigettava l'appello e confermava la decisione di prime cure.