Possibile la trasformazione del cortile in parcheggio anche se c’è un divieto nel regolamento contrattuale
Le clausole relative all’uso dei beni comuni devono infatti essere ritenute di natura regolamentare, modificabili senza unanimità
In tema di condominio negli edifici, la delibera assembleare di destinazione del cortile condominiale a parcheggio di autovetture dei singoli condòmini, in quanto disciplina le modalità di uso e di godimento del bene comune, è validamente approvata con la maggioranza prevista dall’articolo 1117 ter, non essendo necessaria l’unanimità dei consensi, ed è idonea a comportare la modifica delle disposizioni del regolamento di condominio, di natura non contrattuale, relative all’utilizzazione ed ai modi di fruizione delle parti comuni. Il principio è stato appena espresso dalla Corte di appello di Milano con la sentenza 1384 del 29 aprile 2022.
La vicenda
Il caso sottoposto all'attenzione della Corte si sviluppava intorno a due tasselli giuridici: il primo riguardo la vincolatività della previsione di un regolamento contrattuale in ordine al divieto di modificazione della destinazione d'uso delle parti comuni di un dato fabbricato condominiale e il secondo in ragione della portata applicativa dell'articolo 1117 ter Codice civile, introdotto dalla legge 220 del 2012.
Per quanto riguarda il primo aspetto la Corte meneghina riferisce che la clausola in commento, seppure inserita all'interno di un regolamento di natura contrattuale, allegato ai contratti di compravendita, può essere suscettibile di modificazione da parte dell'assemblea dei condòmini.Le clausole contenute nei regolamenti hanno natura contrattuale – così soggiunge il provvedimento - soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condòmini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condòmini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l’uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare.
Le clausole contrattuali e quelle regolamentari
Mentre le clausole di natura contrattuale, pertanto, possono essere modificate soltanto dall’unanimità dei condòmini e non da una deliberazione assembleare maggioritaria, avendo la modificazione la medesima natura contrattuale, le clausole di natura regolamentare – come quella in considerazione (per come interpretata) - sono modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall’articolo 1136 secondo comma Codice civile (argomentazione tratta dalla sentenza Cassazione civile, Sezioni unite, 943 del 30 dicembre 1999; conforme sentenza 9877 del 15 giugno 2012).
Con riferimento, invece, alla novellata previsione dell'articolo 1117 ter Codice civile, il giudice collegiale – qui, disponendo in modo più stringato – rilevava “in motivazione” che la delibera adottata da parte dell'assemblea dei condòmini avesse del tutto ossequiato le regole stabilite dalla norma. A tal riguardo, veniva richiamato il verbale assembleare in cui era stata trasfusa la deliberazione: da cui però si ricavava la sola preesistenza di una maggioranza assembleare sorretta da un numero di voti che rappresentavano i quattro quinti dei partecipanti e i quattro quinti del valore dell'edificio.