Condominio

Quando i rami dell’albero del vicino vanno potati ci sono due soluzioni indicate dalla Cassazione

il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore

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di Rosario Dolce

Una lite tra vicini, in ordine alla recisione dei rami che protendono da una proprietà ad un'altra è stata sottoposta all'attenzione della Corte di Cassazione, chiamata a decidere anche sulla portata delle domande giudiziarie, ovvero sul tipo di richiesta che il proprietario dell'immobile danneggiato può formulare contro il titolare dell'essenza arborea. La causa è stata decisa con Ordinanza nr 30188 del 27 ottobre 2021 e risulta molto interessante per comprendere, quanto meno, come pianificare la strategia difensiva di una simile controversia.

Il fatto
Chi agiva in giudizio chiedeva, all'inizio della controversia, la condanna di quest'ultimo al pagamento della somma necessaria per provvedere alla potatura di alcune piante insistenti sul confine tra le due proprietà e il risarcimento del danno cagionato dalla prospicienza dei rami.Il tribunale, tuttavia, disponeva la condanna del vicino ad un obbligo di facere, cioè gli imponeva di provvedere alla potatura della pianta per cui era causa e non infliggeva alcuna condanna pecuniaria sostitutiva. Gli attori, ritenendosi non soddisfatti dal tenore del provvedimento in questione, ricorrevano avanti al giudice di appello lamentando la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (di cui all'articolo 112 codice procedura civile), senza però ottenere miglior fortuna. A tal punto, decidono di ricorrere in Cassazione lamentando l'attribuzione di un “bene della vita diverso da quello richiesto (extra petitum).

Il provvedimento
I giudici di legittimità, in punto, richiamano le norme sostanziali che fanno sfondo alla fattispecie, e, in particolare:
- sia l'articolo 896, primo comma, Codice civile (Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali),
- che l'articolo 2058 codice civile (Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica(1), qualora sia in tutto o in parte possibile.

Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore. Ora, in base alla formulazione della prima norma – così sovvengono i giudici di piazza Cavour - si riconosce al proprietario del fondo “disturbato” dai rami del vicino un'alternativa, vale a dire la facoltà di invocarne la condanna ad eseguire la potatura, esercitando in tal modo una domanda adi tutela in forma specifica, ma anche il diritto di domandare l'autorizzazione giudiziaria ad eseguire egli stesso la potatura, a spese del vicino (risarcimento danno per equivalente).

Per cui, sotto tale aspetto, secondo la giurisprudenza di legittimità, il decidente di merito deve limitarsi a registrare la richiesta e, ad accoglierla, laddove ne sussistano i presupposti, ovvero respingerla nel caso inverso, non potendosi però sostituire alla parte nel decidere a quale alternativa ricorrere. In quanto tale, il provvedimento impugnato è stato cassato con rinvio avanti al giudice collegiale del merito.

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