Condominio

Riduzione in pristino se l’esclusiva occupazione del cavedio danneggia gli altri condòmini

Nello specifico era stato costruito un manufatto di cemento armato

di Luana Tagliolini

La stabile ed esclusiva occupazione del bene comune da parte di un condomino (finalizzata al miglior godimento della sua proprietà individuale) implica una valutazione in fatto se ne sia stata alterata la destinazione e se vi sia compatibilità con il pari diritto degli altri partecipanti. Il principio è stato applicato di recente dal Tribunale di Sulmona (sentenza 121/2022) alla fattispecie riguardante la domanda della condomina attrice di riduzione in pristino di manufatti realizzati da parte della convenuta su un’area comune dell’edificio condominiale.

I fatti di causa

Quest'ultima aveva costruito, all’interno del cavedio, un manufatto di cemento armato, mai autorizzato dagli altri comproprietari, comportante, a dire dell'attrice, un pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza del condominio, un’alterazione del decoro architettonico e una grave limitazione dell’originaria veduta e luminosità, nonché un ballatoio utilizzato in via esclusiva quale stenditoio. Dall’istruttoria espletata risultava che la convenuta aveva realizzato le due opere, finalizzate al miglior godimento della sua proprietà, su parti comuni dell’edificio che seppure non incidevano, almeno allo stato, sulla stabilità dell’edificio, comportavano una riduzione del cavedio che gravava sull’uso comune degli altri condòmini riducendo l’ingresso di luce ai piani sottostanti (di cui uno di proprietà dell’attrice).

Il cavedio è un bene comune

Ora poiché il cavedio - cortile di piccole dimensioni destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari - è sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile annoverato tra i beni comuni (articolo 1117, numero 1, Codice civile), salvo titolo contrario, stante la natura di bene comune, occorreva verificare se la riduzione del suddetto cavedio, a beneficio dell’esclusiva proprietà di uno dei comunisti, poteva ritenersi legittima ai sensi dell’articolo 1102 Codice civile.

Il Tribunale richiamava l'orientamento giurisprudenziale per il quale «l’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell’articolo 1102 Codice civile, al duplice divieto di alterarne la normale ed originaria destinazione (per il cui mutamento è necessaria l’unanimità dei consensi dei partecipanti) e di impedire agli altri condòmini di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto, configurando, pertanto, un abuso la condotta del condomino consistente nella stabile e pressoché integrale occupazione di un “volume tecnico” dell’edificio condominiale, mediante il collocamento di attrezzature ed impianti fissi funzionale al miglior godimento della sua proprietà individuale» (Cassazione, ordinanza del 23 giugno 2017).

Conclusioni

Nella fattispecie, accertata l’illegittimità dei lavori effettuati dalla convenuta su parti comuni dell’edificio condominiale in violazione dell’articolo 1102 Codice civile in quanto i due manufatti riducevano l’uso e il godimento delle cose comuni agli altri condòmini, il Tribunale accoglieva la domanda dell’attrice e condannava la convenuta alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi con eliminazione dei due manufatti costruiti.

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