Condominio

Risarcito dal condominio il condomino danneggiato dalla perdita di parte della facciata e dei balconi

Il giudice può però ridimensionarne l’entità qualora fossero prodotte prove insufficienti

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di Giulio Benedetti

L'articolo 1130 Codice civile obbliga l'amministratore alla disciplina delle cose comuni e ad assicurare la fruizione dei servizi nell'interesse comune , in modo che ne sia garantito il migliore godimento a ciascuno dei condòmini e a compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio. Pertanto, nell'attuale epoca di rifacimento delle facciate, agevolato fiscalmente, il condominio e l'amministratore sono obbligati a fare eseguire i lavori in modo che dagli stessi non siano danneggiati i singoli condòmini.

Il caso trattato
Un'impresa, il cui esercizio commerciale era posto all'interno di un condominio, otteneva dal Tribunale la condanna del condominio al risarcimento del danno cagionatole dall'omessa e negligente manutenzione della facciata esterna dei balconi. L'impresa otteneva il risarcimento equitativo del danno emergente e del lucro cessante. La Corte di appello, in accoglimento della domanda del condominio, riduceva l'importo dovuto all'impresa. Il giudice riteneva in parte non fondata la domanda dell'impresa, poiché era mancata la prova di elementi certi da cui desumere l'entità del danno.

Avverso la sentenza l'impresa proponeva il ricorso in Cassazione lamentando l'ingiustizia della riduzione della somma liquidata, poiché la Corte di appello non aveva tenuto conto delle difficoltà di accesso dei clienti all'interno del negozio, per effetto della caduta dell'intonaco e di altro materiale e del transennamento per mille giorni da parte di Vigili del Fuoco, della contrazione delle vendite fino al crollo, dello stato precario delle facciate che metteva a repentaglio l'incolumità delle persone.

La decisione della Cassazione
La Suprema corte nell’ordinanza 8941/2022 dichiarava inammissibile il ricorso e condannava la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio della controricorrente e al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Il giudice di legittimità affermava la giustizia della sentenza di secondo grado in quanto il giudice di appello aveva valutato tutta la documentazione prodotta dalla ricorrente, ma l'aveva ritenuta insufficiente a verificare il mancato utile dell'attività societaria in relazione al flusso della clientela e dei costi sostenuti. Ne consegue che la sentenza della Corte di Appello si basava sul difetto di prova della ricorrenza del danno: in tale ipotesi non può chiedersi al giudice di creare i presupposti logici e normativi per la liquidazione del danno.

La Cassazione sostiene che l’articolo 1218 Codice civile, relativo alla responsabilità del debitore, solleva il creditore dell'obbligazione che si afferma non adempiuta, in tutto o in parte, dall'onere di provare la colpa del debitore, ma non anche da quello di provare il nesso di causa tra la condotta del debitore e il danno di cui si domanda il risarcimento. Tale principio comporta che a carico del creditore della prestazione, grava solo l'onere di provare la causalità giuridica, mentre l'inadempimento che assorbe la causalità materiale deve essere solo allegato.

Conclusioni
Nel caso trattato il ricorrente avrebbe dovuto provare la sussistenza delle conseguenze derivanti dall'omessa manutenzione delle facciate da parte del condominio e avrebbe dovuto fornire la prova rigorosa del danno subito. In difetto di tale prova il giudice di appello aveva confermato legittimamente la valutazione equitativa del danno compiuta dal Tribunale: l'articolo 1226 Codice civile afferma che laddove il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare il giudice lo liquida secondo equità.

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