Condominio

Se è nulla la sentenza di appello non si può demolire il balcone abusivo

La Cassazione aveva accolto la richiesta di riconoscimento al reo del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale

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di Edoardo Valentino

Con sentenza di condanna una Corte d'appello confermava la sentenza del giudice penale che aveva ritenuto colpevole l'imputato per un abuso edilizio realizzato in zona sismica. Il reo, in particolare, aveva realizzato alcuni lavori di ampliamento del secondo piano della propria abitazione e creato un balcone, il tutto in zona vietata e senza domandare alcun permesso edilizio, né con direzione dei lavori da parte di un tecnico abilitato.

Le pronunce di merito
All'esito del primo giudizio, come detto confermato in grado d'appello, il giudice condannava il soggetto a due mesi di arresto ed € 11.000,00 di ammenda per i reati di cui all'articolo 44 lettera b) e articoli 93, 94, 95 del Dpr numero 380 del 2001; il reo veniva altresì condannato alla demolizione delle opere realizzate abusivamente.

I motivi di ricorso alla Suprema corte
Alla luce della condanna nei due gradi di merito, il soggetto agiva in Cassazione, depositando un ricorso fondato su quattro motivi. Il primo era incentrato sulla mancata applicazione da parte della corte d'Appello della causa di non punibilità di cui all'articolo 131 del Codice penale. Questa norma prevede al primo comma che «Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”.

Il secondo e terzo motivo, invece, miravano all'annullamento della decisione d'appello per non avere il giudice correttamente valutato l'intervenuta prescrizione del reato.
Il quarto motivo di ricorso era incentrato sulla violazione di legge e vizio di motivazione concernente il diniego del riconoscimento del beneficio di cui all'articolo 175 Codice penale al condannato.

Difatti, «Se, con una prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a euro 516, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale» (si veda articolo 175 comma I Codice penale).

La decisione
Con la sentenza Cassazione sezione III penale, 5 giugno 2020, numero 17181, la Corte accoglieva il ricorso, in particolare il quarto motivo.Quanto al primo motivo infatti la Cassazione lo rigettava in quanto nel caso in questione non poteva trovare applicazione la norma in materia di particolare tenuità del reato.

In caso di abusi edilizi con violazione di norme urbanistiche o antisismiche l'offensività della condotta esclude la tenuità della stessa, specie in caso di violazione di più norme con la stessa azione. Quanto al secondo e terzo motivo – in tema di intervenuta prescrizione del reato – la Cassazione rigettava la tesi del ricorrente. In caso di abusi edilizi, affermavano gli ermellini, il reato urbanistico ha natura permanente e risulta consumato all'avvio dei lavori. Lo stato di illegittimità permane fino al termine dei lavori e sino alla fine dell'opera non comincia a decorrere il termine di prescrizione (si veda Cassazione sezione III, 25 settembre 2001, numero 38136).

Dall'istruttoria processuale, tuttavia, non risultava provata la maturazione del termine di prescrizione del reato prima del giudizio e, conseguentemente, la sentenza di appello aveva correttamente condannato il reo.

Il motivo accolto
Come anticipato, però, la Cassazione accoglieva il ricorso limitatamente al quarto motivo.
Secondo la Corte, difatti, aveva errato la Corte d'appello nel non motivare la mancata concessione di concedere al condannato il beneficio della non menzione della condanna di cui al citato articolo 175 del Codice Penale. Tale beneficio è discrezionale e il giudice di merito può decidere se concederlo o meno avendo avuto contezza della situazione di fatto del giudizio. Nel caso in questione, però, la sentenza d'appello aveva riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena, ma negato il beneficio della non menzione della stessa su rilievo della contumacia del soggetto in giudizio.

Questa motivazione, a detta della Cassazione, non era congrua in quanto non rispettava i dettami dell'articolo 133 del Codice penale e la sentenza di appello doveva quindi essere annullata. A tale annullamento, poi, coincideva il rilievo dell'intervenuta prescrizione del reato, dato che, come sottolineato dalla stessa Cassazione «il rilevamento in sede di legittimità della sopravvenuta prescrizione del reato, unitamente ad un vizio di motivazione della sentenza di condanna impugnata in ordine alla responsabilità dell'imputato comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza stessa».

Revoca dell’ordine di demolizione
Conseguenza ultima dell’ annullamento, infine, era la revoca dell'ordine di demolizione dei manufatti abusivi, dato che questo ordine presuppone una sentenza di condanna, non risultando sufficiente l'accertamento della commissione dell'abuso edilizio. All'esito del giudizio, quindi, la Cassazione, rilevato il vizio della decisione d'appello, annullava la sentenza impugnata e revocava l'ordine di demolizione del manufatto abusivo.

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