I temi di NT+Le ultime sentenze

Se il sottotetto assolve alla funzione isolante dell’abitazione sottostante è una sua pertinenza

Non è configurabile il possesso per usucapione dello stesso da parte del proprietario di altra unità immobiliare

immagine non disponibile

di Ivana Consolo

Chi, fra i condòmini, può considerarsi il proprietario esclusivo di un sottotetto? Esiste un criterio in base al quale dirimere le eventuali controversie?
Attraverso il richiamo di un consolidato principio, la nostra suprema Corte risponde a tali quesiti, e lo fa con la sentenza numero 20840 del 30 giugno scorso , emessa dalla seconda sezione civile. Andiamo a vedere di quale principio di diritto si tratta, partendo anzitutto dai fatti per cui è causa.

La controversia
La vicenda che fa da sfondo alla pronunzia che andremo ad esaminare, vede coinvolti due condòmini che controvertono circa la titolarità di un sottotetto. Una delle due parti in lite, sosteneva di essere la proprietaria esclusiva del bene, che svolgeva la funzione di camera d'aria di isolamento del sottostante appartamento di sua proprietà, e lamentava il fatto che l’altro condòmino se ne fosse appropriato, trasformandolo in ripostiglio e locale tecnico a servizio del proprio appartamento.

Colei che rivendicava la proprietà, si rivolgeva dunque ai giudici, invocando l'accertamento del suo diritto sul bene, e la condanna del convenuto al ripristino dello stato dei luoghi, nonché al conseguente risarcimento danni.Dapprima il Tribunale, e poi la Corte d’Appello di Genova, accoglievano le ragioni della condòmina, e lo facevano essenzialmente all’esito di un approfondimento istruttorio.

Difatti, dai titoli di proprietà esibiti dalla parti in causa, non era stato possibile evincere nulla in merito al sottotetto; ve ne era menzione soltanto nell’ultimo (in ordine di tempo) dei titoli prodotti dal convenuto, ma in virtù del principio della priorità delle trascrizioni, non era titolo opponibile a parte attrice. Veniva dunque disposta una CTU finalizzata ad acclarare le effettive caratteristiche del sottotetto. Dalla CTU emergeva che la funzione del bene potesse essere solo quella di isolamento del vano sottostante, in quanto il piano di calpestio era costituito da un canniccio intonacato che rendeva il locale chiaramente impraticabile ed inagibile. Sulla scorta delle risultanze istruttorie, veniva respinta ogni pretesa del convenuto, che si determina a rivolgersi alla Cassazione.

Il principio applicabile secondo la Cassazione
I giudici di Piazza Cavour dirimono la controversia in esame attraverso il richiamo del seguente consolidato principio di diritto: «Il sottotetto di un edificio che assolva all’esclusiva funzione di isolare i vani dell’alloggio ad esso sottostanti, si pone con essi in rapporto di dipendenza e protezione, così da non poter esserne separato senza che si verifichi l’alterazione del rapporto di complementarietà dell’insieme, con la conseguenza che, non potendo essere utilizzato separatamente dall’alloggio sottostante cui accede, non è configurabile il possesso ad usucapionem dello stesso da parte del proprietario di altra unità immobiliare».

Elemento dirimente è dunque la funzione assolta dal sottotetto; se viene a svolgere una funzione di isolamento, allora ha natura pertinenziale rispetto all’unità abitativa immediatamente sottostante che beneficia di tale funzione.Individuato il principio di diritto applicabile, torniamo al caso di specie.

Come si diceva, una volta verificato che nessuno dei titoli prodotti dalle parti fosse idoneo a dimostrare la proprietà del vano in capo all'una o all'altra di esse, la Corte territoriale ha esaminato le caratteristiche del sottotetto, ed all'esito di una valutazione fondata sulle risultanze istruttorie (in particolare, sugli esiti di una CTU), ha ritenuto che il locale predetto assolvesse alla primaria ed unica funzione di isolamento dell'appartamento sottostante di proprietà della condòmina che aveva avviato il giudizio in primo grado, rispetto al quale, dunque, ha correttamente configurato l'esistenza di un vincolo di natura pertinenziale.Basterebbero solo il principio sopra enunciato, e la conseguente conclusione, per capire quale sia la posizione della Cassazione sul ricorso.Ma gli ermellini procedono oltre, e vanno a specificare meglio l’operatività del criterio dirimente ritenuto applicabile.

Ebbene, la sussistenza del vincolo pertinenziale, non dipende dalla collocazione dell'appartamento alla sommità dell'edificio, ma piuttosto dal fatto che esso si trovi esattamente al di sotto del locale sottotetto con funzione isolante. Nel caso di un edificio sviluppato su diverse altezze, ad esempio, il sottotetto che assolve alla precipua funzione di isolamento è legato da vincolo pertinenziale con i locali ad esso sottostanti, che possono anche non essere posti alla sommità del palazzo.

In sostanza, non occorre prestare attenzione al fatto che l'alloggio sottostante al sottotetto sia quello che occupa l'ultimo piano dell'edificio; bensì alla circostanza che il sottotetto sia posto alla sommità di una colonna dello stabile, e che sulla sua verticale non insistano altri locali.

Alla luce di tale puntuale ed esaustiva disamina in diritto, la nostra suprema Corte, disattese tutte le altre ininfluenti argomentazioni addotte dal condòmino ricorrente (lavori di pavimentazione effettuati nel sottotetto, richiesta di riesame dell’istruttoria, risarcimenti danni invocati dalla resistente), respinge il ricorso e conferma quanto statuito dalla Corte genovese.