Senza delibera nessuna obbligazione in capo al condominio
Se l’amministratore fa eseguire lavori senza delibera, le opere realizzate da parte dell'appaltatore è come se fossero state demandate da un rappresentante senza poteri
L'appalto di lavori senza delibera da parte dell'assemblea rende il contratto inopponibile al condominio. Ciò è quanto statuito dal Tribunale di Roma con la sentenza 7135 del 5 maggio 2023.
Il fatto
Il caso da cui prende spunto la controversia è un decreto ingiuntivo, chiesto e ottenuto dall'appaltatore nei confronti di un condominio capitolino, avente ad oggetto il recupero di una somma di danaro a titolo di saldo per il pagamento di due fatture, collegate all'esecuzione di lavori (ulteriori rispetto a quelli originariamente commessi) sul terrazzo di copertura, per opere volte a ovviare ad infiltrazioni d'acqua negli immobili sottostanti.La causa perviene dinanzi al Tribunale di Roma, quale giudice di appello, dopo aver visto nella prima fase la conferma del provvedimento monitorio, ma, in tal caso, con la sentenza in disamina, l'esito della controversia viene ribaltato.
Ciò che viene messo in evidenza, in sede di gravame è una circostanza pregiudiziale, a cui il giudice di prime cure non aveva prestato attenzione, vale a dire quella per cui il contratto di appalto addotto dall'impresa edile non fosse stato approvato o ratificato da parte dell'assemblea dei condòmini.
La sentenza
Il decidente capitolino, a tal riguardo, ha premesso che «in tema di prova dell'adempimento di un'obbligazione il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento»(tra le altre Cassazione Sezioni unite 13533/2001).
Ora, nello specifico era emerso che l'appaltatore non avesse offerto in comunicazione apposita prova del credito azionato in via monitoria.Quindi, pur risultando pacifico che tra le parti fosse intercorso un contratto di appalto, svoltosi anteriormente ai fatti relativi per cui è causa, per l'esecuzione di lavori inerenti ad un tratto della terrazza di copertura dell'edificio condominiale, risultava altrettanto evidente (per quanto si desume dagli atti del processo richiamati) che l'opera per cui si chiedeva il pagamento fosse diversa da quella originaria. Anzi, in sentenza è stato specificato che l'amministratore nelle more di esecuzione delle opere, per la richiamata corrispondenza informativa intercorsa con l'appaltatore, aveva manifestato la necessità di ricorrere all'assemblea dei condòmini per chiedere e ottenere l'autorizzazione all'esecuzione delle opere suppletive, poi realizzate
Il principio
La conseguenza inevitabile di tale “omessa” qualificazione del rapporto negoziale è stata quella per cui le opere realizzate da parte dell'appaltatore fossero state demandate da un cosiddetto falsus procurator, riconducibile, verosimilmente, al condòmino che lamentava le infiltrazioni sotto tetto. Per cui è stato riferito che: «L’iniziativa contrattuale dell’amministratore che, senza previa approvazione o successiva ratifica dell’assemblea, disponga l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio condominiale e conferisca altresì ad un professionista legale l’incarico di assistenza per la redazione del relativo contratto di appalto, non determina l’insorgenza di alcun obbligo di contribuzione dei condòmini al riguardo, non trovando applicazione il principio secondo cui l’atto compiuto, benché irregolarmente, dall’organo di una società resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri dello stesso, giacché i poteri dell’amministratore del condominio e dell’assemblea sono delineati con precisione dagli articoli 1130 e 1335 Codice civile, che limitano le attribuzioni del primo all’ordinaria amministrazione, mentre riservano alla seconda le decisioni in materia di amministrazione straordinaria; né il terzo può invocare l’eventuale carattere urgente della prestazione commissionatagli dall’amministratore, valendo tale presupposto a fondare, ex articolo 1135, ultimo comma, Codice civile, il diritto dell’amministratore al rimborso delle spese nell’ambito interno al rapporto di mandato (Cassazione 20136/2017)».
La differenza tra manutenzione ordinaria e straordinaria
Al fine di meglio dettagliare la ratio di una decisione così dirompente, dal punto di vista sostanziale, è stato pure argomentato in sentenza che la differenza nei lavori commessi dal condominio sta tutto nella relativa qualificazione, tra opere di manutenzione ordinaria o straordinaria che siano. Invero, l'elemento distintivo dell'ordinaria amministrazione dell'obbligazione assunta, come tale sottratta al presupposto autorizzativo dell’assemblea, risiede al pari di quanto si sostiene per le amministrazioni commerciali, nella normalità dell’atto di gestione condominiale rispetto allo scopo dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni.
Solo laddove si verta in ipotesi di spese che, seppure dirette alla migliore utilizzazione di cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino per la loro particolarità e consistenza un onere economico rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla gestione, l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore, senza la preventiva deliberazione dell’assemblea, non è sufficiente a fondare l’obbligo dei singoli condòmini, salvo che non ricorra il presupposto dell’urgenza contemplato nella fattispecie di cui all’articolo 1135, comma 2, Codice civile (Cassazione 10865/2016).