Condominio

Servitù di passaggio, in giudizio si può fare a meno dei testimoni

La Corte d’Appello può dichiarare l’inesistenza di una servitù di passaggio anche senza sentire i testimoni

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di Edoardo Valentino

La Corte d'Appello può dichiarare l'inesistenza di una servitù di passaggio anche senza sentire i testimoni.
La Corte di Cassazione non può valutare l'erroneità della valutazione delle istanze istruttorie compiuta dalla Corte d'Appello in quanto tale giudizio spetta allo stesso decidente e non può essere demandato al giudice di legittimità, eccezion fatta se si prova che il Giudice di merito abbia deciso sulla base di prove non richieste dalle parti, disposte d'ufficio al di fuori dei limiti di legge o abbia mancato di valutare delle prove legali.
Questo il principio giuridico sottolineato dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione nella sentenza numero 17301 del 19 agosto 2020.
Le circostanze di fatto che portavano alla predetta decisione della Cassazione erano le seguenti: una proprietaria agiva in giudizio con un'azione confessoria, chiedendo al giudice il riconoscimento del proprio diritto di passaggio sul fondo adiacente.
Il fondo del convenuto, infatti, sarebbe stato gravato da servitù di passaggio costituita per destinazione del buon padre di famiglia, ossia – ai sensi dell'articolo 1062 c.c. – “la destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù.
Se i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati”.
A parere dell'attrice, tale servitù di passaggio sarebbe stata deducibile da diverse prove documentali e testimoniali.
I giudici di merito, tuttavia, non accoglievano la tesi della proprietaria del fondo dominante e dichiaravano inesistente la servitù richiesta, senza peraltro accogliere le istanze istruttorie dedotte dalla parte e sentire i testimoni indicati.
Alla luce della duplice soccombenza, quindi, la ricorrente agiva in sede di Cassazione e lamentava la mancata ammissione delle prove orali da parte della Corte d'Appello.
A detta della ricorrente, infatti, detta decisione aveva compromesso il giudizio, portando ad una decisione viziata e quindi nulla.
Il ricorso, difatti, era incentrato sulla violazione da parte della Corte d'Appello degli articoli 115 e 183 del Codice di Procedura Civile, per avere detto giudice istruito la causa solamente sulla base delle produzioni documentali, senza tenere conto delle istanze istruttorie testimoniali della parte ricorrente.
Con la sentenza in commento la Cassazione rigettava integralmente il ricorso.
A detta degli Ermellini, difatti, il giudice d'Appello era libero di valutare le prove e istruire il giudizio, senza che tale valutazione fosse in alcun modo sindacabile dal giudice di legittimità.
Secondo l'articolo 116 del Codice di Procedura Civile, infatti, “Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento” e ha la facoltà di decidere se istruire la causa unicamente sulla base delle prove documentali o se ammettere anche le prove testimoniali.
A prescindere da tali facoltà dei giudici di merito, poi, la Cassazione non ha modo di valutare l'attività del giudice istruttorio, potendo contestare la erronea valutazione del materiale istruttorio solamente se il giudice viola una disposizione di legge e vizia così il processo.
E' quindi ricorribile in Cassazione una sentenza che sia frutto di una decisione contraria alla legge del Giudice d'Appello, e non anche una sentenza che venga decisa sulla base di alcune delle prove indicate dalle parti, secondo il prudente apprezzamento del giudice.
Nel caso in questione, quindi, la Corte d'Appello aveva considerato la causa correttamente istruita anche solo sulla base dei documenti prodotti, e aveva rigettato le istanze istruttorie relative alle prove testimoniali, ritenendole superflue o irrilevanti, con valutazione insindacabile in sede di legittimità.
Alla luce di tali valutazioni la Cassazione rigettava il ricorso proposto e condannava la ricorrente a sostenere le spese del giudizio.

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