Condominio

Tutela dell’amministratore a prova di compenso professionale e risarcimento del danno

Va sempre provato il danno subìto dalla compagine condominiale

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di Rosario Dolce

L'inadempimento del mandato da parte dell'amministratore – e, in particolare, la mancata resa del conto di gestione - non sempre è foriera di un danno al condominio se non è suscettibile di valutazione economica; inoltre, il diritto alla percezione del compenso professionale, da parte dell'amministratore, sarebbe affrancato dalla sua specificità in sede di verbale assembleare. A dirlo è il Tribunale di Palermo con la sentenza del 17 novembre 2022 numero 4676.

Il fatto

Con atto di citazione notificato un condominio siciliano evocava in giudizio l'ex amministratore, chiedendo, preliminarmente, dichiararsi la nullità della nomina per violazione dell'articolo 1129, comma 14, Codice civile (mancata specificità del compenso nel verbale), nonché, nel merito, chiedeva accertarsi la responsabilità dello stesso per inadempimento agli obblighi del proprio mandato - deducendo la commissione di irregolarità ed in generale grave disordine nella tenuta della documentazione contabile condominiale, nonché il mancato rendimento del conto per gli anni dal 2014 al 2020 - e, per l'effetto, domandava la condanna del medesimo al risarcimento dei danni, commisurati all'importo complessivo di oltre ventimila euro.Le articolate domande del condominio sono state però rigettate, almeno in parte (per il risarcimento del danno) perché sono risultate sfornite di alcun appiglio probatorio o sostanziale che sia.

Il compenso

Quanto al primo aspetto – cioè quello del compenso – il giudice monocratico ha rilevato succintamente che la disposizione contenuta nell'articolo 1129, comma 14, Codice civile sia una disposizione da leggere in favore e a garanzia dell'amministratore stesso, imponendo all'assemblea dei condòmini l'obbligo di previsione del compenso. Il decidente palermitano ha così rilevato che l'entità dello stesso compenso professionale – in un mandato che si presume sempre oneroso e di cui, nella fattispecie, si è acquisita prova sullo svolgimento - si è cristallizzata tra le parti proprio in ragione dell'acquisita elargizione che l'amministratore, nel corso del tempo, ha effettuato a sé stesso nell'attività di gestione della cassa condominiale.

Dall'altra parte, in punto, i condòmini – così riporta testualmente il provvedimento - per anni hanno invece preferito non assumere alcuna iniziativa nei confronti dello stesso amministratore continuando a dare quindi esecuzione al rapporto di mandato (secondo questi termini economici). Per cui, dall'assunto appena reso, sembra ricavarsi un chiaro «no» alle contestazioni tardive su questioni di rilievo, più che pratico, teorico in tema di compenso professionale.

Il danno non è in se stesso

Quanto al secondo aspetto toccato dalla sentenza – vale a dire quello del risarcimento del danno per inadempimento del mandato – il decidente ha riflettuto, in maniera più organica, sul nesso di causalità giuridica di cui all'articolo 1123 Codice civile: norma che detta i criteri di selezione in applicazione dei quali possono essere risarcite solo le conseguenze immediate e dirette derivanti da un illecito extracontrattuale o contrattuale, con la ulteriore precisazione che nel caso di responsabilità contrattuale non dipesa da dolo possono essere risarciti solo i danni che siano prevedibili (articolo 1225 Codice civile).Quanto all'onere della prova nella responsabilità contrattuale, l'attore – nel nostro caso il condominio - deve allegare l'inadempimento del professionista e laddove domandi altresì il risarcimento del danno ha l'onere di provare il pregiudizio patrimoniale del quale chiede il ristoro, sia sotto il profilo dell'an (se) della diminuzione peggiorativa del proprio patrimonio a fronte dell'allegata condotta inadempiente del convenuto, nelle sue componenti del danno emergente (spese e costi sostenuti) e lucro cessante (mancato guadagno), sia con riguardo al quantum che si pretende di avere risarcito.

D'altronde, precisa il decidente, se così non fosse si dovrebbe assumere che il danno da inadempimento contrattuale, nell'ambito di un rapporto di mandato intessuto tra un amministratore e un condominio, sia da ritenersi sempre in se stesso. Nella fattispecie, in particolare, si era acquisito nel corso del procedimento prova di un danno apprezzabile solo in una minima misura rispetto a quanto richiesto complessivamente dal condominio, e, in quanto tale, siffatto limitato importo è stato posto in compensazione con il maggior credito vantato dall'amministratore, proprio in ragione dei compensi non percepiti in pendenza del mandato.

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