Un nuovo contratto di locazione con le stesse parti non sempre dà diritto alla restituzione della cauzione
Bisogna verificare se c’è continuità dei vincoli contrattuali o se quest’ultima sia venuta meno
Una conduttrice agiva in giudizio avverso una proprietaria lamentando diverse problematiche connesse con un lungo affitto avente ad oggetto un immobile ad uso commerciale. Tale immobile era stato affittato dalla attrice diversi anni prima e questa lamentava in primis di avere pagato somme non dovute e mai giustificate dalla proprietaria e – in secondo luogo – di non avere mai ricevuto la restituzione della caparra versata al momento della sottoscrizione del primo contratto, poi scaduto.
Le decisioni di merito
Sosteneva l'attrice come, alla scadenza del primo contratto di affitto, la proprietaria avrebbe dovuto restituire la somma versata a titolo di caparra, non rilevando la stipula di un nuovo contratto, il quale avrebbe appunto dovuto essere regolato da nuove condizioni.Il primo processo si concludeva con il rigetto della domanda.Secondo il Tribunale, infatti, la conduttrice non aveva dato prova delle somme indebitamente pagate e, quanto alla cauzione, ha rilevato come – stante il rapporto ancora in corso – detta parte non avesse il diritto alla restituzione della caparra, in quanto la stessa presuppone la conclusione del rapporto di locazione.
La vicenda approdava quindi in Corte d'appello.Detto giudice, in completo disaccordo con il primo, condannava la proprietaria alla restituzione delle somme, ritenendo sufficientemente provata la relativa domanda giudiziale, e condannava la proprietaria alla restituzione della caparra.Il ragionamento seguito dai giudici d'appello era che il contratto di affitto appena stipulato non poteva essere considerato una mera rinnovazione del precedente, e – conseguentemente – il rapporto era terminato e la caparra anzitempo versata doveva essere restituita. Secondo la Corte d'appello, infatti, nel caso di stipula di un nuovo contratto, la mancanza di una volontà espressa circa la sorte della cauzione avrebbe determinato l'insorgenza di un diritto alla restituzione della stessa.
Il ricorso alla Suprema corte
La proprietaria si risolveva quindi a ricorrere in Cassazione al fine di contestare la decisione di secondo grado.Il ricorso in questione era parzialmente dichiarato inammissibile, quanto alle rimostranze sulle prove fornite dalla conduttrice in merito agli esborsi, in quanto la Cassazione riteneva di non potersi esprimere sulla valutazione dell'istruttoria svolta in sede di appello, dovendo essa concentrarsi unicamente sulle vicende inerenti l'applicazione delle norme.La sentenza numero 25740 del 22 settembre 2021, tuttavia, accoglieva il quarto motivo di ricorso, ossia quello relativo alla caparra.
La prova della nascita di un nuovo rapporto
Con detto motivo la proprietaria ricorrente aveva sostanzialmente contestato la carenza di adeguata motivazione nella sentenza d'appello, decisione nella quale i giudici incontestabilmente avevano deciso che il contratto sottoscritto non potesse considerarsi prosecuzione dei precedenti, ma come un nuovo rapporto, facendo derivare da detta circostanza il dovere di restituzione della caparra.In accoglimento del predetto motivo la terza sezione della Cassazione affermava come la Corte d'appello si era limitata ad affermare la predetta circostanza senza curarsi di fornire una motivazione di fatto o diritto a giustificare la propria decisione, incorrendo così in un palese vizio di motivazione.
Al fine di pronunciare una valida decisione, quindi, la Corte d'appello non avrebbe dovuto limitarsi a sancire la novità del rapporto sottoscritto tra le parti (in opposizione alla tesi della proprietaria di continuità dei vincoli contrattuali), ma specificare le norme in diritto che avrebbero giustificato tali affermazioni.La Suprema corte, quindi, cassava la decisione d'appello e rinviava il giudizio al secondo grado per una nuova valutazione nel merito.