Condominio

Via libera agli animali in condominio, ma attenzione ai rumori

Il Codice civile esclude che le norme del regolamento possano vietare il possesso di animali

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di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Fino al 18 giugno 2013 – data di entrata in vigore della legge di riforma del condominio 220 dell'11 dicembre 2012 – i regolamenti condominiali contrattuali accettati da tutti i condòmini proprietari al momento dell'acquisto delle singole unità immobiliari potevano vietare a residenti e conduttori di possedere animali domestici. Il legislatore ha risolto la questione aggiungendo un comma all'articolo 1138 del Codice civile, secondo cui «le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici».

Nessun problema quindi per i regolamenti redatti dal giugno 2013 in avanti, dove non è possibile inserire alcuna clausola che vieti la detenzione di animali domestici, come disposto dal Codice. Il problema, semmai, si pone per i vecchi regolamenti, quelli antecedenti alla data di entrata in vigore della legge. In questo caso ci si chiede: valgono le disposizioni originali oppure il regolamento deve adattarsi alla norma attuale, che quindi avrebbe un effetto retroattivo?

Due prospettive diverse

Sul tema esistono due opposti orientamenti. Il primo sostiene che la norma originaria non cede il passo all'ultima e, di conseguenza, l'unica via per cambiare la regola è quella di modificare il regolamento contrattuale. Un passaggio che necessita del voto unanime dei condòmini proprietari. Sul punto, il Tribunale di Lecce (sentenza 2549 del 15 settembre 2022) ha osservato che se è vero che il Codice civile esclude che le norme del regolamento possano vietare il possesso di animali, è altrettanto vero che tale prescrizione debba riferirsi «solo al regolamento approvato dall'assemblea con la maggioranza prevista dall'articolo 1137 del Codice civile», vale a dire al regolamento assembleare.

Il secondo orientamento prevede, invece, che quanto disposto dall'ultimo comma dell'articolo 1138 si applica anche ai vecchi regolamenti, che andrebbero quindi “modificati” senza alcun passaggio in assemblea. A rafforzare tale posizione è l'articolo 155 delle disposizioni di attuazione al Codice civile, secondo cui «cessano di avere effetto le disposizioni dei regolamenti di condominio che siano contrarie alle norme richiamate nell’ultimo comma dell’articolo 1138 del codice». A dare ulteriore manforte ai sostenitori di quest'ultimo orientamento è la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia – che risale al 1987 ma è stata ratificata dall'Italia soltanto nel novembre 2010 – che evidenzia il ruolo sociale degli animali da compagnia, i quali forniscono un contributo evidente alla qualità della vita delle persone.

Animali domestici, quali sono?

Se è assodato che cani e gatti rientrino nella categoria degli animali da compagnia, non si può dire altrettanto per altre specie. L'articolo 1, comma secondo, del Dpcm 28 febbraio 2003 definisce gli animali da compagnia «ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall'uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi o alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all'uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità».Più specifico il Regolamento 998/2003/Ce, che include nell'elenco: cani, gatti, furetti, invertebrati (escluse le api e i crostacei), pesci tropicali decorativi, anfibi e rettili, uccelli (esclusi i volatili previsti dalle direttive 90/539/Cee e 92/65/Cee), roditori e conigli domestici.

Rumori molesti e igiene

Anche nei condomìni in cui non vige alcuna limitazione al possesso di animali, i proprietari devono osservare una serie di regole per garantire la pacifica convivenza all'interno dello stabile. Un cane che abbaia continuamente, ad esempio, produce un rumore molesto e il proprietario potrebbe essere punito. Sul punto, la Cassazione (sentenza 1394 del 9 dicembre 1999) ha osservato che «ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’articolo 659, comma 1, Codice penale, è necessario che i lamentati rumori abbiano attitudine a propagarsi ed a costituire quindi un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché non tutte siano state poi disturbate. Infatti l’interesse specifico tutelato dalla norma è quello della pubblica tranquillità e pur non essendo richiesto, trattandosi di reato di pericolo, che il disturbo sia stato effettivamente recato ad una pluralità di persone, è necessario tuttavia che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone». Il proprietario, inoltre, deve tenere il proprio animale al guinzaglio quando transita per le parti comuni e rispettare le norme igienico-sanitarie previste dalle normative locali.

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