Condominio

Antenna sul lastrico: incontestati autorizzazione e accordo di concessione, il condomino può procedere

La conclusione del contratto con l’impresa di telefonia e la riscossione dei canoni sono circostanze incontroverse e quindi non bisognose di prova

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di Ivana Consolo

Il provvedimento che si va di seguito ad esaminare (ordinanza numero 10497 emessa dalla seconda sezione civile della Cassazione in data 19 aprile 2023) ci consente di capire come, la corretta valutazione della causa dal punto di vista istruttorio, sia un fattore pressoché dirimente in ogni procedimento. È a dir poco banale asserire che in Tribunale occorrano le prove; ma potrebbe non essere affatto scontato che il giudice sappia “leggere” gli elementi probatori. Nella vicenda che fa da sfondo all’ordinanza in commento, è l’errore sull’istruttoria a fare la differenza, vediamo il perché.

I fatti

La causa che conduce al provvedimento in commento, è stata intrapresa da uno dei tre condòmini (tra di loro fratelli) comproprietari di uno stabile. All’origine della controversia vi è l’attività di un’impresa di telefonia mobile che aveva montato una stazione base per la diffusione del segnale telefonico sul torrino/abbaino dell’edificio comune, corrispondendo un canone di locazione a fronte della possibilità concessa. L’attore si determinava ad agire in giudizio poiché, uno dei fratelli condòmini, percepiva il canone di locazione che indebitamente tratteneva per l’intero importo, senza riversarne le quote dovute agli altri due condòmini.

Il convenuto rivendicava la proprietà e l’uso esclusivo del lastrico solare del fabbricato, dunque dello stesso torrino/abbaino, sostenendo altresì che fra i condòmini era intervenuto un mutuo consenso sull’incorporazione di alcune parti comuni nei rispettivi appartamenti. Inoltre, asseriva che risultava del tutto vero che lui avesse autorizzato l’installazione dell’antenna sul tetto dell’abbaino sovrastante il vano scala condominiale, ma non era assolutamente rispondente al vero la circostanza che egli fosse tenuto a corrispondere a chicchessia quote del corrispettivo percepito per la locazione di detta area, avendone disponibilità esclusiva ed incondizionata.

La pronuncia di secondo grado in contestazione

Il Tribunale adito rigettava la domanda di parte attrice, ritenendo raggiunta la prova dell’avvenuta divisione tra i fratelli, con relativa assegnazione in godimento esclusivo delle parti comuni oggetto di controversia.Per nulla soddisfatta dell’esito del giudizio di primo grado, parte attrice impugnava la sentenza dinanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria che respingeva anch’essa il ricorso. Ad avviso dei giudici di secondo grado, il problema stava nel mancato raggiungimento della prova su determinate circostanze:
–l’effettiva autorizzazione all’installazione dell’antenna da parte del convenuto;
–l’assenza di un contratto scritto che raccogliesse tale autorizzazione;
–la previsione espressa del pagamento di un’indennità a carico dell’impresa di telefonia mobile.

Inoltre, la Corte territoriale sosteneva la necessità di dimostrare se la porzione di immobile interessata dall’installazione avesse solo funzione di copertura del vano scale, ovvero fosse anche porzione dell’appartamento privato di parte convenuta; in quest’ultimo caso, andava altresì dimostrato su quale parte del manufatto fosse stata installata l’antenna della telefonia mobile.Facile intuire che neppure tale decisione veniva accolta di buon grado dall’originaria parte istante, e così viene spiegato formale ricorso in Cassazione per censurare la sentenza in parola. Il ricorso che viene sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità, si fonda su di un unico motivo: la Corte calabrese ha valutato i pacifici fatti di causa in maniera del tutto opposta rispetto alle risultanze probatorie.

Il ricorso alla Suprema corte

Investiti della vicenda, i giudici di Piazza Cavour si concentrano sulla disamina delle argomentazioni logico-giuridiche sottese alla sentenza impugnata.Dal tenore dell’unico motivo di ricorso, possiamo già facilmente intuire che non si arrivi ad un provvedimento di sostanza, bensì di procedura.In termini di diritto sostanziale, gli ermellini precisano solo un aspetto: la convenzione con cui il comproprietario di un lastrico solare cede in godimento ad altri la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, può dar luogo, in base all'intenzione delle parti, sia ad un contratto ad effetti reali costitutivo di un diritto di superficie (per il quale occorre la forma scritta ai sensi dell’articolo 1350 del Codice civile), sia ad un contratto ad effetti obbligatori, secondo lo schema della concessione ad edificare o della locazione (da farsi per iscritto soltanto se di durata ultranovennale).

In pratica, viene sancita la perfetta liceità della condotta di un condòmino che decida di agire nel modo in cui ha agito il resistente.Detto questo, i giudici entrano nel merito della fondatezza della censura addotta da parte ricorrente. Ebbene, la conclusione del contratto tra il condòmino convenuto in giudizio e l’impresa di telefonia mobile, nonché la conseguente riscossione dei canoni da parte del primo, sono circostanze incontroverse e quindi non bisognose di prova. L’originaria parte istante aveva allegato al proprio atto introduttivo del giudizio tali elementi, che il convenuto non aveva di fatto smentito.

Conclusioni

Ha quindi errato la Corte d’appello nel ritenere infondata la pretesa originariamente azionata sul presupposto che non era stata data prova dell’autorizzazione data alla costruzione dell’impianto, né della sussistenza di un contratto scritto, e di un accordo per il pagamento di un corrispettivo ad opera dell’impresa di telefonia mobile.La carenza di prove di cui si argomenta nella sentenza censurata, appare non reggere al peso dell’evidenza.Ma vi è di più.La sentenza di secondo grado ha ritenuto che non fosse stato dimostrato né se il torrino/abbaino avesse funzione soltanto di copertura del vano scale, o anche di porzione dell’appartamento del convenuto; né su quale parte del manufatto fosse stata installata l’antenna.

Ma anche qui vi è da dire che, ai sensi dell’articolo 1117 del Codice civile, la superficie di copertura su cui è stato installato l’impianto è bene comune di cui il convenuto ha rivendicato un godimento esclusivo in virtù dell’intervenuta incorporazione di parti comuni nelle proprietà esclusive. Tale ultima circostanza, avrebbe dovuto formare oggetto di accertamento incidentale, ma non è in ogni caso idonea a sorreggere la sentenza impugnata, dal momento che risultava già perfettamente raggiunta la prova sulle più pregnanti circostanze cui si è fatto cenno in precedenza. Alla luce di quanto sin qui esposto, il ricorso viene ritenuto meritevole di accoglimento, e la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte territoriale.

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