Casa, i costi di sanatoria possono ridurre il prezzo
Lo decide la Cassazione nell’ordinanza n. 11211 del 28 aprile 2021, confermando una identica giurisprudenza già formatasi in passato
L’acquirente di una unità immobiliare che sopporti i costi derivanti dalla necessità (non conosciuta dall’acquirente) di esperire una procedura di sanatoria per abusi compiuti dal venditore o da altro precedente dante causa, può esercitare verso il venditore l’azione di riduzione del prezzo di cui all’articolo 1492 del Codice civile. Lo decide la Cassazione nell’ordinanza n. 11211 del 28 aprile 2021, confermando una identica giurisprudenza già formatasi in passato (sentenza n. 11322 del 15 novembre 1997).
Le azioni possibili
L’articolo 1492 contiene la norma per la quale è concessa al compratore (a sua scelta) l’azione di riduzione del prezzo (azione estimatoria) oppure l’azione di risoluzione del contratto (azione redibitoria) nel caso in cui il venditore violi l’obbligo, di cui all’articolo 1490 C.c., di vendere una cosa immune da vizi «che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore». Inoltre, essenzialmente nel caso di azione redibitoria, il venditore, ai sensi dell’articolo 1494 C.c., è tenuto al risarcimento del danno (sempre che il compratore lo dimostri), a meno che non provi di avere ignorato senza sua colpa i vizi della cosa oggetto di vendita.
Ovviamente, l’azione redibitoria e l’azione estimatoria non sono esperibili se al momento del contratto il compratore conoscesse i vizi della cosa; e, parimenti, non sono utilizzabili se i vizi della cosa oggetto di compravendita fossero facilmente riconoscibili dall’acquirente (articolo 1491 C.c.; su questo tema si veda anche anche l’articolo in alto a destra). Ne consegue che se nel contratto di compravendita si fa menzione della esistenza di abusi edilizi e della necessità di una procedura di sanatoria, il compratore può avvalersi del rimedio di cui all’articolo 1492 solo se vi sia una clausola in tal senso nel contratto di compravendita. In mancanza, si presume che del vizio (e dei costi per eliminarlo) si sia tenuto conto nella determinazione del prezzo.
Decadenza e prescrizione
L’azione di cui all’articolo 1492 del Codice civile è soggetta a decadenza se il compratore non denuncia i vizi al venditore entro otto giorni dalla loro scoperta (la denuncia non serve se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha occultato) e a prescrizione in un anno dalla consegna. Il termine di decadenza è allungabile mediante apposita clausola contrattuale, mentre il termine di prescrizione è assolutamente inderogabile.
Se il venditore abbia menzionato, nella compravendita, l’esistenza di abusi da sanare, il compratore non può sottrarsi al predetto breve termine prescrizionale ricorrendo all’azione (che si prescrive invece in dieci anni) di cui all’articolo 1489 C.c., che concede il rimedio della risoluzione del contratto o della riduzione del prezzo al compratore della cosa «gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto» e di cui il compratore non abbia avuto conoscenza. E ciò anche perché non si tratta di pesi che limitano il libero godimento del bene (fermo restando che, per Cassazione n. 1084/2020, è valida la clausola che impegni il venditore a farsi carico degli oneri economici derivanti dal perfezionamento della procedura di condono post compravendita).
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