Casi di Covid in condominio: gestione e ricorso alla sanificazione
L’amministratore ha oggi responsabilità più gravose, anche considerando le difficoltà di convocazione assembleare
È la dose che fa il veleno, stabiliva Paracelso cinque secoli fa. In tempo di Covid la massima del celebre medico rinascimentale diventa un monito tanto più inquietante quanto più si restringono gli ambienti di contatto tra le persone, specialmente quelli al coperto, come gli spazi comuni nei condomìni. Dall'inizio della pandemia, l'esigenza di assicurarne la salubrità con una sanificazione è sempre più avvertita dai residenti. Mancano però normative definite. Cosicché per gli amministratori immobiliari i dubbi relativi ai criteri da adottare per proteggere un condominio dai contagi o nel caso in cui siano stati accertati casi di proprietari colpiti dal coronavirus e costretti alla quarantena, si sono moltiplicati in sequenza, come scatole cinesi.
Il via vai di persone in condominio
Vale lo stesso per le decisioni da adottare se nel condominio ci sia la sede di uffici o studi privati particolarmente frequentati, come un gabinetto medico. Oppure quando si tratta di sensibilizzare i corrieri che vi entrano per eseguire consegne: muniti di regolare mascherina, ma spesso non dei guanti. Scenari che spingono comunque a decidere di eseguire operazioni igieniche con maggiore frequenza, malgrado gli inevitabili aggravi di spesa sulle quote condominiali da pagare.
«Si cominciano a rilevare segni di nervosismo da parte di molti residenti, causati proprio da questi rincari necessari» - dice Luca Ruffino, amministratore della Sif, società di amministrazione immobiliare attiva da 40 anni soprattutto in complessi residenziali di alto profilo. «Proprio perché terminali di svariate istanze dei proprietari, gli amministratori condominiali rischiano di diventare destinatari di altre manifestazioni virulente del Covid: quelle legate al suo impatto psicologico nella società. Conseguenza, questa, anche dell'attuale assenza di norme certe. Sicché per il momento gli amministratori condominiali faticano a adeguarsi a disposizioni dei Dpcm governativi non armonizzate con la normativa sul condominio».
La sanificazione
Nel concreto, la richiesta di sanificazione espressa da pochi condòmini, se accolta, può generare da parte di quelli in disaccordo reazioni che complicano il già difficile ruolo di mediazione dell'amministratore. «Come è già accaduto, questo può per esempio essere additato di trarre addirittura profitti dall'intervento di sanificazione», lamenta Ruffino. Dinamiche, queste, che riflettono le profonde differenze nella percezione collettiva della pandemia. Quando si parla di sanificazioni si valica di molto il concetto di pulizia straordinaria. Con questa si ottiene solo la rimozione dello «sporco visibile» da qualsiasi ambiente e superficie.
Ma costituisce solo un'operazione preliminare della sanificazione che invece «consiste in interventi più accurati per eliminare alla base batteri e agenti contaminanti, mediante la nebulizzazione di prodotti chimici ad ampio spettro, nei quali non manca la componente alcolica e che possono essere anche a base di cloro, perossido di ossigeno e ozono, per sterilizzare l'aria» – spiega Francesco Guglielmini titolare a Palermo di una ditta specializzata in questo genere di interventi. «I quali – aggiunge- devono riguardare senza esclusione le superfici comuni più a rischio: dalle maniglie ai passamani, dagli ascensori (cabine e pulsantiere) ai bottoni dei citofoni».
I costi
Operazioni per le quali si applica un tariffario differenziato a seconda delle dimensioni del condominio e della minuziosità dell'intervento. In mancanza di casi conclamati di Covid si usano prodotti meno concentrati, che agiscono con tempi più lunghi. Una recente ricerca di Altroconsumo indica in circa 200 euro il prezzo medio per una sanificazione scrupolosa, che in un condominio di media grandezza può richiedere almeno due operatori con tute protettive e 4 ore di lavoro. Lavori che determinano incremento della sicurezza percepita all'interno di un condominio.
«Anche se questa dovesse risultare più bassa rispetto a quella reale, l'amministratore ha comunque il dovere di assicurarla indipendentemente dall'accordo di tutti i condomini - considera Rosario Calabrese, presidente dell'Unai, associazione con 197 sedi nel territorio nazionale richiamando anche le problematiche legate alla privacy nell'eventualità di un contagio nello stabile. «Il nome della persona malata non va rivelato – specifica Calabrese - l'amministratore ha invece il dovere di far sistemare un avviso con cui informare i condomini sia del contagio che della sanificazione da attuare alla svelta, scegliendo l'impresa che più fornisce garanzie di serietà. E indurli ad osservare con ulteriore attenzione le regole, ormai d'uso comune, del lavaggio ripetuto delle mani, della drastica limitazione dei contatti con passamani e pulsantiere e di quelli personali, se non a debita distanza».
Le assemblee in presenza e da remoto
La sanificazione dei locali comuni rientra dunque tra i doveri da assolvere secondo la cosiddetta diligenza del buon padre di famiglia. Ma con quali modalità, oggi? Al riguardo, la questione delle assemblee condominiali è diventata spinosa. «In linea con i Dpcm del 2020, la tendenza prevalente è di evitare quelle in presenza, informando i proprietari sulle sanzioni pecuniarie previste se non si osservano le regole di distanziamento, oltre al rischio di un'incriminazione per procurata pandemia se a parteciparvi sia un contagiato» – dice Calabrese.
Verrebbe in soccorso l'articolo 66 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, recentemente novellato, che liberalizza le assemblee in videoconferenza. Secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, però, l'assemblea online deve essere specificamente inserita nel regolamento condominiale o approvata dalla maggioranza dei condomini. E poiché per farlo occorre che l'amministratore indichi la tradizionale assemblea in presenza, si genera uno stallo buono ad approdare a dei nulla di fatto, dopo aver magari perso tempo prezioso a fronte di un possibile contagio.
Il ruolo dell’amministratore
In assenza di norme precise, «tocca allora all'amministratore agire caso per caso, facendo leva sulla sua conoscenza del tasso di litigiosità di ciascun condominio, in modo da evitare l'impugnativa della deliberazione assembleare», argomenta Alessandro Milazzo, referente per la provincia di Palermo dell'Aiac, una delle 8 associazioni componenti della consulta nazionale degli amministratori di condominio costituita al ministero dello Sviluppo economico. «L'eventuale convocazione dell'assemblea in presenza non può comunque prescindere dall'uso del termo scanner, dall'obbligo di indossare mascherine e guanti e del distanziamento dei partecipanti. In questi ultimi mesi non sono mancati casi di iscrizione a verbale degli esiti dei tamponi richiesti ai condomini partecipanti il giorno precedente l'assemblea». Situazioni che confermano gli attuali e sempre più alti indici di responsabilità del ruolo dell'amministratore.
La sanificazione va approvata in assemblea?
Dilemma rovente quello tra la sanificazione da attuare con il relativo sacrificio economico da chiedere ai condòmini e il non agire perché l'assemblea condominiale potrebbe respingere la decisione. «Ma questo andrebbe in ogni caso risolto in favore della prima ipotesi», rimarca Francesco Burrelli, presidente dell'Anaci. «Se, come stabilisce il Codice civile, non è possibile dimostrare l'urgenza e l'improrogabilità della decisione di sanificare, questa deve essere ratificata dall'assemblea; se questa non lo fa e l'amministratore ritiene sia doveroso procedere ugualmente alla sanificazione, lo scenario che si profila è che sia lui stesso a sostenerne la spesa di tasca propria. In questo caso potrà ricorrere successivamente alla magistratura, per farla inserire nel consuntivo condominiale attraverso la decisione del giudice».
In tempo di Covid, la comunicazione corretta fa la differenza nei condomini. Avvisi facilmente intellegibili, in bacheca o per mezzo di cartelli su apposite superfici di facile individuazione in luoghi di passaggio: dai portoni agli androni, dai corridoi agli ascensori, dalle scale ai pianerottoli. «Nel caso di luoghi intensamente frequentati dal pubblico, questi strumenti possono far circolare regole specifiche per ogni condominio – aggiunge Burrelli - Per esempio sull'uso di passaggi d'ingresso diversi da quelli d'uscita, sugli orari di fruizione delle scale al posto degli ascensori e il possibile allestimento di triage nel cortile d'ingresso all'edificio, con interventi di sanificazione ripetuti in corrispondenza degli orari di ricevimento». Mai lesinare, insomma, se si tratta di migliorare la prevenzione, al momento l'arma più efficace contro il Covid. Oltretutto a spingere in questo senso gli amministratori condominiali c'è anche un contraltare di legalità penale: il principio secondo il quale non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.