Condominio

È reato di «disturbo della quiete» quando la condomina usa la radio per disturbare i vicini

I suoni provenienti dalla sua abitazione avevano superato i limiti di tollerabilità

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di Giulio Benedetti

Commette il reato previsto dall’articolo 659 Codice penale la condòmina che usa la radio, tenuta a tutto volume, per disturbare i vicini.

Il caso trattato
Una condòmina era stata condannata dal Tribunale all'ammenda per il reato dell'articolo 659 Codice penale poiché aveva abusato di strumenti sonori e aveva recato con tali rumori, disturbo alla quiete e al riposo delle persone. La condannata proponeva appello avverso la sentenza di condanna, affermandone l'ingiustizia poiché nel dibattimento era emersa una diversa versione dei fatti e non era stata provata la sua volontà di ledere i vicini. Inoltre, la ricorrente lamentava la mancata valutazione della tenuità del fatto e la mancata concessione delle attenuanti generiche per ottenere la riduzione della pena.

La decisione della Cassazione
Il giudice di legittimità (ordinanza 7306/2022) qualificava l'appello come ricorso, lo dichiarava inammissibile e condannava la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di euro tremila alla Cassa delle ammende. Invero la Corte affermava che la ricorrente aveva tentato di ottenere una ricostruzione e una valutazione alternative ai fatti, precluse nel giudizio di legittimità, e tali censure non rientravano nei motivi del ricorso in Cassazione. La Corte affermava che il Tribunale aveva fondatamente dichiarato la responsabilità della condòmina , poiché le prove testimoniali, dei vicini e dei vigili del fuoco giunti sul posto, attestavano che i suoni provenienti dalla sua abitazione avevano superato i limiti di tollerabilità.

La natura dolosa della condotta
Inoltre, la sentenza aveva riconosciuto la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato in quanto non riconosceva plausibile, poichè non corroborata da alcun sostegno probatorio, l’ affermazione della dimenticanza della radio accesa. Il fatto non appariva di tenue entità, poiché la condotta era stata volontaria e aveva cagionato un dispendio notevole di energie da parte delle forze dell'ordine e dei vigili del fuoco.

La Cassazione non concedeva alla ricorrente le attenuanti generiche, a causa della natura dolosa della condotta, pervicacemente reiterata. Tale condotta non permetteva al giudice di legittimità di formulare un giudizio prognostico favorevole all'imputata, per cui la stessa, pur continuando a tenere condotte turbative della tranquillità, si sarebbe astenuta in futuro dal compiere atti della stessa specie.

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