È da rimborsare la spesa per l’urgente eliminazione di un danno su parte comune
Il condomino è tenuto a provare che l’attesa nell’esecuzione dei lavori sarebbe stata fonte di ulteriore danneggiamenti
Il proprietario di un locale autorimessa al piano terra con annesso cortile conveniva in giudizio il condominio per essere risarcito dei danni causati dall’esplosione delle condutture fognarie del palazzo, poste sotto il piano di calpestio del suo giardino, allagato con liquami. Il condominio contestava che l’attore non fosse proprietario al momento del verificarsi dell’evento, avendo ricevuto l’immobile per donazione ma non avendo ricevuto alcuna cessione del diritto al risarcimento del danno.
Inoltre, nonostante l’amministratore si fosse attivato per convocare l’assemblea e deliberare i lavori, l’attore aveva provveduto autonomamente a effettuare i lavori. Interveniva in giudizio anche l’ex proprietaria dell’immobile, precisando che era stato ceduto anche il diritto al risarcimento del danno maturato a suo favore; chiedeva, quindi, l’accertamento del fatto lesivo e la condanna del condominio al risarcimento del danno. Il Tribunale di Sassari si è pronunciato con sentenza 452/2023.
La mancata specifica del credito risarcitorio nell’atto di trasferimento
La domanda proposta dall’attore principale è stata respinta poiché egli non era proprietario al momento del verificarsi dell’evento. Con sentenza 2951/2016, le Sezioni unite della Cassazione hanno ritenuto che il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un bene non costituisce un accessorio del diritto di proprietà, ma è un diritto di credito, distinto ed autonomo. Tale autonomia comporta che il diritto al risarcimento del danno subito dall’immobile, in caso di alienazione del bene, non si trasferisce insieme al diritto reale come accadrebbe se fosse un elemento accessorio, ma è suscettibile solo di specifico atto di cessione, ai sensi dell’articolo 1260 Codice civile.
Di conseguenza, quando accanto all’atto di trasferimento della proprietà, non vi sia un autonomo atto di cessione del credito, il diritto al risarcimento dei danni compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene al momento dell’evento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale. Nel caso di specie, dall’atto di donazione, non era emersa nessuna esplicita cessione del relativo credito, mancando proprio quella necessaria puntualizzazione sulla cessione del credito, unitamente al diritto dominicale. Pertanto, era a giusto titolo intervenuta la titolare del diritto di proprietà all’epoca del verificarsi dell’evento dannoso, facendo valere un diritto proprio, con ciò riportando la controversia tra le parti legittimamente interessate alla soluzione.
La provenienza del danno
Si trattava di una responsabilità da cosa in custodia ex articolo 2051 Codice civile, non potendosi contestare che le condutture fognarie siano parte necessaria condominiale e, quindi, soggiacciano alla custodia del condominio che è tenuto alla loro manutenzione ordinaria. Incombe al danneggiato la sola prova del rapporto di causalità tra il bene oggetto di custodia e l’evento dannoso dalla stessa cagionato, mentre il danneggiante deve provare il caso fortuito o la forza maggiore. Effettivamente l’evento dannoso si era verificato e lo stesso era riconducibile alle condutture fognarie condominiali per cui l’amministratore aveva fatto intervenire l’autospurgo per eliminare l’inconveniente, aveva convocato l’assemblea per l’esame dei preventivi per provvedere al ripristino ed alla messa in sicurezza della conduttura fognaria.
L’esecuzione autonoma dei lavori da parte del danneggiato
Il condominio ha contestato che il proprietario aveva eseguito i lavori di ripristino della conduttura fognarie per il tratto compreso nel suo cortile senza autorizzazione del condominio ed in assenza di urgenza. Il risarcimento richiesto contemplava sia il danno subito dalle infiltrazioni dei liquami sia il costo del ripristino della conduttura fognaria. Sul punto, sussiste il principio secondo cui il singolo condominio ha diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione della cosa comune nell’interesse degli altri proprietari senza autorizzazione dell’assemblea, solo qualora, ai sensi dell’articolo 1134 Codice civile, dette spese siano urgenti, secondo la nozione che distingue l’urgenza dalla mera necessità.
L’urgenza ricorre quando, secondo un comune metro di valutazione, gli interventi appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa o ai terzi, mentre nulla è dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione (Cassazione civile 9280/2019; Cassazione civile 18759/2016).
L’esito
Provvedere alla riparazione della condotta si era posto, quindi, come urgente perlomeno al fine di evitare un altro ulteriore allagamento e quindi ulteriori e forse più gravi danni. Era emerso, infatti, che il condominio era stato sollecitato con mail ma che l’assemblea era stata convocata solo quattro mesi dopo, con la conseguenza che la verosimiglianza del verificarsi di altri episodi di allagamento appariva concreta, reale e tale da indurre il proprietario a ripristinare la condotta fognaria a sue spese.
Di conseguenza è stata ritenuta legittima la richiesta restitutoria della somma necessaria per il ripristino della conduttura fognaria, al netto del costo delle migliorie eseguite con ciottoli di marmo bianco. Infine, trattandosi di beni in custodia appartenenti al condominio ed essendo la proprietaria condomina, il risarcimento è stato calcolato nei limiti dei millesimi di sua proprietà, con detrazione della quota corrispondente.
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