Condominio

È vietato frazionare il credito condominiale in più decreti ingiuntivi

Le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, benché fondati su differenti fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi

di Luigi Salciarini

È a dir poco singolare la vicenda sottoposta da un condomino all'esame del Tribunale di Viterbo (sentenza 1198 del 2 dicembre 2022) in sede di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto del condominio ed avente ad oggetto la riscossione degli oneri condominiali. La particolarità risiede sia nella metodologia assolutamente sui generis adottata nel condominio per far fronte alla necessità di procurarsi le risorse per la gestione dell'edificio, sia nella molteplicità delle questioni giuridiche coinvolte, probabilmente anche al di là delle intenzioni delle parti.

I fatti di causa

Ad un complesso immobiliare partecipa un condomino (per la precisione, una società di capitali) alla quale è riferibile una quota millesimale che supera 500 millesimi (quindi in grado, col suo voto contrario, di “bloccare” qualsiasi decisione). Stante tale situazione (di potenziale “stallo” gestionale) viene inserita nel regolamento contrattuale un'apposita clausola in base alla quale, nel caso in cui l'assemblea regolarmente convocata per l’approvazione del bilancio consuntivo (o preventivo), per più di tre volte consecutive non fosse riuscita a costituirsi validamente e/o a deliberare in merito a detta approvazione, l'amministratore sarebbe stato autorizzato a procedere alla riscossione giudiziale di quanto dovuto dai singoli condòmini.

In forza di tale clausola, il condominio agisce in giudizio nei confronti di detta società per la riscossione degli oneri condominiali dalla medesima dovuti, ma lo fa proponendo (ben) quattro diverse azioni monitorie, la prima riferibile al credito (di oltre 90.000 euro) risultante dal consuntivo 2015 (approvato dall'assemblea), e le altre tre riguardanti tre distinte successive annualità di gestione (2018, 2019 e 2020) rendicontate dall'amministratore ma non formalmente approvate dall'assemblea medesima. È importante evidenziare come la presentazione del primo ricorso per ingiunzione (annualità 2015) avviene prima di quelli relativi agli altri tre bilanci (2018, 2019 e 2020) i quali ultimi vengono effettuati in un momento successivo, in maniera separata ma praticamente contemporanea (dato oggettivo e comprovato dalla cronologia dei numeri del Ruolo Generale).

L’illegittimo frazionamento

La società condomina propone opposizione al primo decreto ingiuntivo eccependo l'improcedibilità per illegittimo frazionamento del credito stante la proposizione di dette tre successive riscossioni monitorie.Il Tribunale dà ragione all'opponente accogliendo la sua domanda (e revocando, quindi, il decreto primo ingiuntivo, quello relativo all'annualità più risalente: 2015) sulla scorta del riconoscimento dell'illegittimità dipendente al frazionamento del credito comportante improcedibilità.Su tale ultima figura il Tribunale richiama principi giurisprudenziali già noti e sui quali si fonda il riconoscimento di tale particolare improcedibilità/improponibilità.

In particolare afferma che:
a) le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, benché fondati su differenti fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi, quando i menzionati fatti costitutivi si inscrivano in una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia;
b) torna ammissibile la proposizione separata delle domande quando l’attore dimostri un suo interesse oggettivo ad azionare in giudizio solo uno ovvero alcuni dei crediti sorti nell’ambito della suddetta relazione unitaria;
c) la violazione di tale divieto processuale è sanzionata con l’improponibilità della domanda;
d) detta sanzione processuale non è espressamente prevista dalla legge, tuttavia si fonda sul divieto di abuso del processo e degli strumenti processuali e quindi sulla violazione del canone della buona fede;
e) rimane in ogni caso salva la possibilità per l'attore/ricorrente di riproporre in giudizio tutte le domande creditorie in cumulo oggettivo ex articolo 104 Codice procedura civile.

Ricorsi iscritti a ruolo tutti nello stesso anno

Dal punto di vista condominiale, sorgono spontanee alcune considerazioni:
1) dai numeri di Ruolo dei 4 distinti procedimenti risulta che il primo (quello relativo all'annualità del 2015) è precedente agli altri (riferibili alle annualità 2018, 2019 e 2020) ma di ben poco periodo in quanto tutti risultano iscritti nel 2021: è probabile, quindi, che al momento della proposizione del primo erano già (ovvero da lì a poco) sussistenti i requisiti (mancata approvazione assembleare per ben tre riunioni successive) per la proposizione anche degli altri. È evidente che, se così è, il condominio ha adottato una condotta certamente imprudente nel presentare ben 4 ricorsi separati quando invece ben poteva cumulare il tutto in un'unica richiesta al giudice. In quest'ottica, la decisione del Tribunale di revocare il decreto ingiuntivo appare ineccepibile e certamente motivata;
2) non v'è dubbio che il condominio può procedere alla riscossione separata dei crediti relativi a diverse annualità di gestione ma ciò può avvenire esclusivamente se vi è una normale fisiologia nell'approvazione dei bilanci (e, quindi, se sussiste un anno di distanza circa dall'approvazione dell'uno rispetto all'altro) ed ovviamente se vengono effettuate le giuste detrazioni relativamente ai “saldi” contabilizzati (nel bilancio successivo) ma già oggetto di riscossione (in forza del bilancio precedente);
3) desta una certa perplessità la particolare clausola regolamentare (che il giudice qualifica come “contrattuale”) in base alla quale l'amministratore ha la facoltà di riscuotere ugualmente i crediti risultanti a bilancio anche qualora tale documento contabile non sia stato approvato (ma a condizione che l'assemblea abbia tentato di farlo in almeno tre riunioni).

La necessità di approvazione del bilancio

Sul punto, a prescindere da una valutazione della validità di detta clausola (che, in via astratta, appare dubbia), va certamente evidenziato che l'approvazione del bilancio (e della relativa ripartizione) da parte dell'assemblea è necessaria – in quanto costituisce il titolo del credito condominiale – solo ed esclusivamente ai sensi dell'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile, vale a dire per ottenere il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo previsto da detta norma; se invece si vuole procedere “normalmente” con un ricorso monitorio ordinario ai sensi dell'articolo 633 Codice procedura civile e seguenti non sarà necessaria tale approvazione ma potrà essere ritenuto sufficiente (come prova documentale) la presentazione della ripartizione di spesa effettuata in base alle vigenti tabelle millesimali debitamente corredata da tutti i giustificativi contabili.

In altri termini, la riscossione “condominiale” prevista dal citato articolo 63 si fonda sul “titolo” costituito dalla delibera di approvazione di spesa e relativa ripartizione, mentre nel caso “ordinario” il condominio che agisce per la riscossione dovrà dare prova (documentale) del suo credito producendo tutto quanto necessario a giustificare la sua pretesa creditoria.La vicenda analizzata se, da una parte, spicca per la sua evidente singolarità, da un'altra parte rivela anche una valenza di portata generale: per quanto l'edificio condominiale possa costituire un “enclave” separato nella quale i condòmini hanno la possibilità di regolare i loro diritti/doveri in maniera “personalizzata”, le regole che disciplinano la fattispecie scaturiscono sempre dalla legge e a queste deve farsi riferimento senza mai dimenticare di adottare atteggiamenti di massima cautela.

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