Condominio

I nuovi proprietari sono tenuti al rispetto dei patti notarili stipulati nel primo atto di vendita dell’immobile

Anche se contengono disposizioni nei confronti di terzi

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di Matteo Rezzonico

I patti contrattuali inseriti negli atti notarili che riproducono disposizioni contenute nel primo atto di vendita e di frazionamento dell'edificio, devono essere rispettati dai successivi acquirenti, anche se contenenti disposizioni in favore di terzi. In mancanza, il terzo titolare del diritto può pretenderne l'adempimento con un'azione giudiziale prevista dall'articolo 2932 del Codice civile. Questo in estrema sintesi il contenuto della sentenza del Tribunale di Belluno del 13 novembre 2020 numero 309.

La vicenda
Nel caso affrontato dal Tribunale veneto, i proprietari di un immobile in condominio hanno chiamato in causa i vicini per conseguire la condanna di questi ultimi all'esecuzione di un patto notarile contenuto in un contratto di compravendita del 1990 e riportato nell'atto di acquisto dell'immobile di proprietà dei convenuti.

Il patto notarile in questione prevedeva:
a) il trasferimento della proprietà delle scale al primo piano e di una porzione di area scoperta in favore del condòmino attore;
b) l'attribuzione in uso esclusivo del sottotetto all'attore;
c) il diritto di edificazione di un'autorimessa, con utilizzo dell'indice di edificabilità dell'intera corte;
d) una riduzione delle parti comuni (ed in particolare delle scale al primo piano).

Trattandosi di opere che necessitano di un ulteriore accatastamento dell'intero fabbricato nonché di un atto pubblico ad hoc, gli attori non hanno mancato di puntualizzare che i condòmini debitori dell'obbligazione (cioè i convenuti) si sono opposti all'adempimento della convenzione notarile, ponendo in essere condotte «turbative e contrarie».

Il contenuto del patto notarile
Gli immobili di proprietà degli attori e dei convenuti fanno parte di un condominio. I convenuti hanno acquistato l'immobile di loro proprietà con contratto di compravendita in data 1° ottobre 2011. La clausola 7 del contratto – che richiama a sua volta un precedente patto contenuto in una compravendita (regolarmente trascritta in Conservatoria) risalente al 1990 - prevede la seguente obbligazione: «La vendita sopra conclusa è fatta e accettata a corpo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni immobili trasferiti oggi versano, liberi da persone e cose con tutte le pertinenze, dipendenze, accessioni ed accessori inerenti, diritti, oneri, servitù attive e passive legalmente esistenti e costituite ed in particolare con… i patti e le clausole di cui alla scrittura privata di natura obbligatoria e non traslativa dell'11 novembre 1990 che prevede una diversa sistemazione della corte circostante il fabbricato, l'assegnazione di una porzione della stessa in proprietà esclusiva ai condòmini, la costruzione di un'autorimessa con utilizzo dell'indice di edificabilità anche dell'intera corte, una riduzione di parti comuni (scale al primo piano), opere che necessitano di un'ulteriore accatastamento dell'intero fabbricato nonché di atto pubblico ad hoc che pertanto sarà stipulato dalla parte acquirente e dagli attuali proprietari del fabbricato urbano atto che non comprenderà alcun onere né alcuna spesa per la parte acquirente».

I motivi del Tribunale
Per il Tribunale di Belluno la clausola riportata nell'atto di acquisto dell'immobile di proprietà degli acquirenti/convenuti - che hanno assunto in proprio (rinnovandola) un'obbligazione di contenuto corrispondente a quello dell'obbligazione originariamente contratta dal loro dante causa – è valida e deve essere rispettata. Si tratta infatti di una clausola di natura “precettiva”, come indica tra l'altro la locuzione (contenuta nel patto) «…che pertanto sarà stipulato dalla parte acquirente…», che esprime inequivocabilmente l'obbligo assunto anche dagli acquirenti di procedere alla stipula dell'atto notarile ad hoc.

La clausola in questione non può ritenersi menzionata negli atti solo ai fini della conoscibilità e dell'opponibilità, posto che ciò che viene scritto in un contratto a prestazioni corrispettive è sorretto da una causa e influisce concretamente sui rapporti tra le parti. Tanto più che l'articolo 1367 del Codice civile, in punto di interpretazione del contratto, stabilisce che nel dubbio le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano avere un qualche effetto. E tanto più che la clausola contenuta nel contratto originario è stata accettata ex novo dagli acquirenti/convenuti nel loro atto di acquisto, secondo lo schema del contratto a favore di terzo di cui all'articolo 1411 del Codice civile.

L'articolo 1411 del Codice Civile prevede che è valida la stipulazione a favore di un terzo, se lo stipulante vi abbia interesse. Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il committente per effetto della stipulazione. È tra l'altro ammissibile la stipulazione di un contratto preliminare di vendita di un bene immobile a favore di un terzo non essendo contraria la mancata corrispondenza tra soggetto che si impegna a comprare e quello che ha diritto di avvalersi dell'esecuzione in forma sp ecifica a norma dell'articolo 2932 del Codice civile.

La clausola contrattuale che prevede il trasferimento della proprietà e il diritto all'esecuzione di determinati interventi può aver influito, come ogni altra pattuizione, sul prezzo concordato e accettato dagli acquirenti. La clausola tra l'altro non può dirsi generica perché prevede un diverso assetto della proprietà condominiale attraverso cessioni e divisioni di parti comuni chiaramente identificabili attraverso il richiamo ad una precedente scrittura risalente agli anni ’90. In tale contesto, il Tribunale veneto ha ordinato una perizia volta alla formale identificazione dei beni oggetti della pattuizione, per l'accoglimento della domanda di parte attrice.

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