Condominio

Il cappotto termico, se è imperfetto, non deroga alle norme sulle distanze tra gli edifici

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di Giulio Benedetti

Il cappotto termico imperfetto non deroga alle norme sulle distanze tra gli edifici.
La realizzazione del “cappotto termico” nei condomini consente di realizzare notevoli risparmi energetici e di accedere ai “bonus” fiscali, ma si scontra con la normativa del codice civile (artt. 873, 905,907) che prevede distanze minime, stabilite dai regolamenti comunali, tra gli edifici. La Corte di Cassazione (sent .n. 11845/2020) ha accolto il ricorso presentato avvero una sentenza della Corte di appello la quale aveva giudicato che non violava le norme sulle distanze la costruzione di un cappotto termico tra edifici, poiché non modificava la struttura dell'originario immobile.

La Corte di Cassazione sosteneva, invece, che l'art. 907 c.c. richiama, ai fini della misurazione delle distanze delle costruzioni delle vedute, i criteri dell'art. 905, per cui la distanza dal confine , quando si apre un incavo del muro, deve essere di un metro e mezzo calcolata sulla facciata esterna del muro.

Non basta il risparmio per la deroga
La sentenza aggiunge che non appare condivisibile l'argomento per cui il cappotto termico, poiché consente un risparmio energetico, deroga alla disciplina delle distanze in quanto, da un lato lo stesso potrebbe essere all'interno dell'edificio, e, in ogni caso, deve rispettare precisi requisiti.

L'art. 14, comma 7, del d.lgs. n. 102/2104, consente la realizzazione del cappotto termico con deroga alle distanze stabilite dal codice civile e dal D.P.R. n. 380/2001, a condizione che i relativi interventi, che comportano un maggiore spessore nella muratura esterna e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori, siano necessari ad ottenere una riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza previsti dal d.lgs n. 192/2005.

Anche l'art. 11 del d.lgs. n. 115/2008 consente di derogare alle norme nazionali, regionali o comunali sulle distanze tra gli edifici, purché si tratti di opere necessarie ad ottenere una riduzione minima del 10 per cento dell'indice di prestazione energetica previsto dal d.lgs. n. 192/2005, certificata con le modalità del medesimo d.lgs.

L’errore della Corte d’appello
La Corte di Cassazione critica la sentenza di appello, poiché i giudici, senza verificare l'effettivo vantaggio, in termini di risparmio energetico, apportato dal cappotto termico, sostenevano che la sua sola realizzazione potesse derogare alle norme sulle distanze tra gli edifici. Tale conclusione consiste in una falsa applicazione della legge che comporta la cassazione della sentenza.

Pertanto, la Corte di cassazione cassava la sentenza con un rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello per provvedere anche alle spese di giudizio. Un commento della sentenza è che i condomini, prima di deliberare la realizzazione del cappotto termico dell'edificio, devono essere in possesso di un progetto e di una diagnosi energetica che attesti la sua realizzazione in modo da ottenere la riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza previsti dal d.lgs n. 192/2005.

Tale argomento, per la sua decisiva importanza per prevenire contenziosi giudiziari e successive demolizioni del cappotto termico, prevale sulla valutazione economica dell'opera.

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