Condominio

Il condomino che effettua lavori nella sua proprietà non può danneggiare le parti comuni

È il giudice di merito a dover valutare se sia prodotto un effettivo danno

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di G. Sgrò – Centro Studi Aiac

Con l'ordinanza 30307 del 14 ottobre 2022, la Cassazione ha stabilito che gli interventi edilizi realizzati dal condomino nella sua unità immobiliare non possono arrecare danni alle parti comuni dell'edificio condominiale e che, tuttavia, spetta al giudice di merito verificare l'effettivo danneggiamento alle stesse.

I fatti di causa

I giudici d'appello respingevano la domanda di Tizio, Caia e Sempronia, proprietari di unità immobiliari comprese nel condominio Alfa, contro la condomina Mevia, proprietaria di un appartamento sito al piano terra dell'edificio condominiale.Gli attori avevano chiesto l'accertamento, ai sensi dell'articolo 1122 Codice civile, che gli interventi edificatori posti in essere da Mevia nella propria unità immobiliare avevano danneggiato il ballatoio comune, in quanto lo avevano privato della luce e della circolazione d'aria di cui lo stesso godeva in precedenza, con conseguente condanna alla riduzione in pristino.

Le pronunce di merito

Secondo la Corte distrettuale, dal momento che all'epoca dell’acquisto delle unità immobiliari da parte dei singoli proprietari erano ancora in corso i lavori di finitura del ballatoio oggetto di lite, Mevia aveva il pieno diritto di provvedere alla chiusura e alla delimitazione della propria abitazione per impedire l'accesso a terzi.Altresì, i giudici di secondo grado rilevavano quanto segue:
•il condominio si era riservato negli atti di acquisto la facoltà di modificare le parti comuni;
•le unità immobiliari di Tizio e di Caia erano chiuse da una porta e godevano di una presa d'aria;
•rimaneva impregiudicata la facoltà di accesso ai rispettivi vani;
•non sussisteva la lamentata diminuzione di aria e di luce;
il corridoio era dotato di illuminazione elettrica;
•non derivava danno agli appartamenti degli attori collocati nel vano scale per la chiusura dell'unità immobiliare di Mevia sita al piano terreno;
•quanto all'unità immobiliare di Sempronia, che pure affacciava dal ballatoio, poiché si trovava vicino al cavedio sormontato da un lucernaio, l'aria e la luce erano limitatamente ridotte per effetto della chiusura dei locali di Mevia.

Il ricorso alla Suprema corte

A questo punto, Tizio, Caia e Sempronia si rivolgevano alla Cassazione, davanti alla quale deducevano, in particolare:
•la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 1122 Codice civile, per avere, i giudici d'appello, analizzato i lavori di ampliamento operati da Mevia sul proprio immobile con riferimento al danno causato alle unità immobiliari dei singoli condòmini, anziché alla parte comune del ballatoio;
•la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 1122 Codice civile, in quanto la Corte territoriale aveva valutato le circostanze fattuali prendendo quale riferimento i criteri di cui all'articolo 1102 Codice civile, piuttosto che quelli di cui all'articolo 1122 Codice civile.

La decisione

Gli ermellini davano torto ai ricorrenti affermando che «l'articolo 1122, comma 1, Codice civile, vieta a ciascun condomino, nell’unità immobiliare di sua proprietà, l'esecuzione di opere che rechino danno alle parti condominiali, nel senso che elidano o riducano in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa comune da parte degli altri condòmini o determinino pregiudizievoli invadenze dell’ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari. Spetta al giudice del merito, sulla base di apprezzamento di fatto sindacabile in Cassazione soltanto nei limiti di cui all'articolo 360, comma 1, n. 5, Codice procedura civile, verificare se l'opera realizzata su parte di proprietà individuale, nella specie la chiusura eseguita in corrispondenza dell'appartamento di una condomina, pregiudichi in modo apprezzabile la fruibilità del ballatoio comune da parte degli altri condòmini, avendo riguardo alla destinazione funzionale dello stesso ed alle utilità che possano trarne le restanti unità di proprietà esclusiva».

Invero, nella vicenda esaminata, la Corte d'appello aveva rilevato che non sussisteva la lamentata riduzione di aria e di luce nelle unità immobiliari di Tizio, Caia e Sempronia, e che, dunque, non era stato arrecato alcun danno alle stesse.Pertanto, il Tribunale Supremo dichiarava il ricorso inammissibile e condannava in solido i ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di legittimità.

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