Il diritto condominiale preso sul serio: il giudizio di accertamento della qualità di condomino
È nei casi di litisconsorzio necessario che emerge la sussistenza o meno della partecipazione del singolo alla azione in difesa del bene comune
Negli edifici condominiali molto spesso accade che qualche condomino sostiene che il proprio diritto di comproprietà dei beni comuni non comprende alcuni beni verso cui non ha interesse o da cui non riceve una utilità significativa; ovviamente sostiene questo solo per cercare di essere escluso dal pagamento delle quote di spese relative a quei beni.
Talvolta però accade anche il contrario, quando un condomino sostiene che dai titoli di acquisto oppure dal regolamento risulta essere comproprietario di uno specifico bene comune. Ma quali sono le modalità corrette per fare accertare dal giudice l’esistenza (oppure l’inesistenza) della qualità di condomino?
Cosa significa essere condomino
Non si tratta di una questione secondaria, perché essere condomino significa avere il diritto di utilizzare un bene, essere legittimato a partecipare alle assemblee in cui si assumono le decisioni relative alla gestione di quel bene ed infine, ovviamente, essere tenuto a partecipare al riparto delle spese periodiche inerenti quello stesso bene (obbligo di versare la quota di quelle spese a cui peraltro corrisponde, per la stessa somma, la riduzione delle quote dovute dagli altri condòmini).In proposito quindi bisogna fare molta attenzione e questa necessità di usare cautela viene dimostrata dalle numerose decisioni giurisprudenziali che, anche in tempi recenti, si sono occupate di questi problemi.
Il primo aspetto ad essere stato esaminato è quello relativo alla possibilità di fare ricorso al giudizio di impugnazione delle delibere. E sul punto è stato deciso che esula dal contenuto tipico di un giudizio di impugnazione (in cui il condominio è rappresentato dall’amministratore in carica) contro una delibera assembleare, ai sensi dell’articolo 1137 del Codice civile, la domanda diretta a mettere in discussione la comproprietà di una parte, allo scopo di ottenere sul punto una pronuncia dotata di efficacia di giudicato, vale a dire un titolo giudiziale opponibile a tutti i comproprietari; e si precisa che nel giudizio di impugnazione contro una deliberazione dell’assemblea, l’allegazione dell’estraneità al condominio degli immobili di proprietà esclusiva di una delle parti interessate al giudizio tuttalpiù può formare l’oggetto di un accertamento meramente incidentale, che è funzionale alla decisione solo della causa relativa alla validità dell’atto collegiale, ma che resta privo di efficacia di giudicato per quanto riguarda l’estensione dei diritti reali dei singoli (Cassazione ordinanza 30 novembre 2020, n. 27300).
Come accertare la sussistenza della qualità di condomino
Se non si può ottenere l’accertamento dell’esistenza (o dell’inesistenza) della qualità di condomino all’interno di un giudizio di impugnazione condominiale, bisogna chiedersi in quale modo allora si può fare. La Cassazione sul punto ha affermato in più occasioni che la domanda di accertamento negativo della qualità di condomino oppure dell’appartenenza, o meno, di una unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio – dal momento che si riferisce all’esistenza del rapporto di condominialità disciplinato dall’articolo 1117 del Codice civile, e che, quindi, è tale da mettere in discussione la consistenza della comproprietà degli altri soggetti - impone la partecipazione quali legittimati passivi di tutti i condòmini in una situazione di litisconsorzio necessario (sempre Cassazione ordinanza 30 novembre 2020, n. 27300), perché la definizione della vertenza postula una decisione che implica un accertamento sull’estensione del diritto dei singoli ed in ordine a titoli di proprietà che confliggono fra di loro, che è suscettibile di assumere valenza solo se, ed in quanto, viene data nei confronti di tutti i soggetti asseriti partecipanti del preteso condominio in discussione; infatti il giudizio riguarda un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile su cui la pronuncia giudiziale che viene richiesta deve decidere.
Il giudice, del resto, ha il potere-dovere di controllare d’ufficio il rispetto del principio del contraddittorio nei casi di litisconsorzio necessario, con riferimento a tutte le domande che gli vengono sottoposte.In altre parole la domanda di accertamento della qualità di condomino oppure dell'appartenenza, o meno, di una unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio non deve essere proposta nei confronti della persona che svolga l'incarico di amministratore del condominio medesimo, ma nei confronti di tutti i condòmini a titolo di legittimati passivi, trattandosi di una situazione processuale che viene definita di litisconsorzio necessario. É stato precisato in proposito che l'azione che ha per oggetto l'accertamento positivo o l'esclusione del diritto di condominio sulle parti comuni, esercitata dal titolare di una determinata proprietà immobiliare, esige l'integrità del contraddittorio nei confronti di tutti i condòmini, dal momento che tale accertamento od esclusione si risolve comunque in un minore o maggior diritto proporzionale di condominio in capo a coloro a cui appartengono le altre unità immobiliari (Cassazione ordinanza 21 febbraio 2020, n. 4697).
L’autonomo potere di ciascun condomino
Del resto nelle controversie condominiali che investono i diritti dei singoli condòmini sulle parti comuni, ciascun condomino ha, in considerazione della natura dei diritti contesi, un autonomo potere individuale – concorrente con quello dell'amministratore – di agire e resistere per tutelare i suoi diritti di comproprietario pro quota (Cassazione Sezioni unite sentenza 18 aprile 2019, n. 10934).Inoltre, nel caso dell’azione di un condomino diretta all'accertamento della natura condominiale di un bene, è necessario integrare il contraddittorio nei riguardi di tutti i condòmini qualora il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva formulando un'apposita domanda riconvenzionale volta ad ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia dotata di efficacia di giudicato che mette in discussione la comproprietà degli altri soggetti (Cassazione Sezioni unite sentenza 13 novembre 2013, n. 25454 e Cassazione ordinanza 15 marzo 2017, n. 6649); e altrettanto vale nel caso in cui vi sia espressa azione in tal senso contro il condominio o qualora l'amministratore condominiale introduca un'azione che esula dalle attribuzioni conferitegli dall'articolo 1130 del Codice civile e dalla sfera di rappresentanza attribuitagli dall'articolo 1131 del Codice civile.
E non rileva neppure il fatto che, a norma dell'articolo 1131 del Codice civile, l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione relativa alle parti comuni dell'edificio, dal momento che il potere rappresentativo che spetta all'amministratore di condominio si riflette nella facoltà di agire e di resistere in giudizio unicamente per la tutela dei diritti sui beni comuni e ne rimangono quindi escluse le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni stessi, vale a dire sul relativo diritto di comproprietà, che rientra nella disponibilità esclusiva dei condòmini. In tal modo si assicura anche la regolare corrispondenza tra le attribuzioni dispositive dell'amministratore e dell'assemblea e la legittimazione a far valere nel processo le rispettive posizioni dominicali.
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