Il diritto condominiale preso sul serio: nuovo condomino e danni precedenti al suo acquisto
L’acquirente deve farsi cedere dall’alienante, con un accordo espresso, il diritto al risarcimento dei danni
I danni che si verificano negli appartamenti privati che si trovano nel condominio comportano sempre notevoli problemi interpretativi ed applicativi. Quando i danni riguardano vizi di costruzione presenti soltanto negli appartamenti di proprietà privata ricompresi nell’edificio e non anche nelle parti comuni, si applica la regola secondo cui l’azione per ottenere il risarcimento dei danni da parte del venditore-costruttore, ai sensi dell’articolo 1669 e dell’articolo 2058 del Codice civile, ha natura personale e quindi può essere esercitata anche dal solo titolare del bene oggetto della garanzia, senza coinvolgere obbligatoriamente pure tutti gli altri partecipanti al condominio (Cassazione sentenza 6192/2021).
E con una sua decisione successiva la Cassazione ha aggiunto che, con riferimento alla responsabilità dell’appaltatore per difetti di costruzione di un immobile condominiale disciplinata dagli articoli 1667 e 1668 del Codice civile, la relativa azione, che ha natura contrattuale, spetta soltanto al committente, vale a dire ai singoli condòmini, nei cui confronti l’appaltatore si è obbligato, con esclusione della solidarietà attiva. Di conseguenza ciascun condomino, quando agisce in giudizio, se non dispone di un preesistente idoneo titolo negoziale che ne legittima la rappresentanza comune, può ottenere, con riferimento ai danni sulle parti comuni, solo il risarcimento per la parte che corrisponde alla sua quota parte rispetto all’intero danno, mentre i singoli proprietari mantengono comunque la legittimazione ad agire per il risarcimento dei danni provocati ai loro immobili di proprietà esclusiva, dato che non sussiste una situazione di litisconsorzio necessario (Cassazione ordinanza 11606/2022).
I danni provocati dalla ditta appaltatrice
Quando invece i danni alle proprietà private vengono provocati da una impresa che è stata incaricata dal condominio di eseguire interventi di ristrutturazione sulle parti comuni la situazione cambia se il proprietario dell’appartamento danneggiato che richiede il risarcimento dei danni al condominio committente non è più lo stesso che era condomino nel momento in cui si era verificato il danno.In proposito la Cassazione di recente ha stabilito che l’assemblea dei condòmini dispone del potere di autorizzare l’amministratore ad agire in giudizio per l’esercizio di diritti che, seppure riferiti alle parti comuni dell’edificio condominiale, non rientrano tuttavia nella rappresentanza giudiziale attiva attribuitagli in generale dall’articolo 1131 del Codice civile e in modo analogo l’assemblea è legittimata a rinunciare all’azione nei confronti dell’appaltatore per i vizi e i difetti delle opere di manutenzione da lui eseguite, impegnando l’amministratore a dare esecuzione alla relativa delibera ai sensi dell’articolo 1131, numero 1.
La Corte ha aggiunto che una delibera con questo contenuto non produce invece effetti nella sfera dei diritti riservati ai singoli condòmini, che restano comunque liberi di fare valere nei confronti dell’appaltatore il diritto al risarcimento di eventuali danni che subiscono dalla cattiva esecuzione dell’appalto (Cassazione ordinanza 5645/2022).Tutto questo però non si verifica nel caso in cui il condomino che chiede il risarcimento dei danni non sia lo stesso che era condomino quando si sono verificati i danni, ma abbia acquistato l’unità immobiliare dopo che si sono manifestati i danni.
Non risarcibilità del danno all’acquirente
Sul punto infatti è la stessa ordinanza 5645/2022 a precisare che, in tal caso, il condomino attuale non dispone della legittimazione a proporre la domanda di risarcimento; e ha spiegato che questo avviene perché, in caso di trasferimento di un immobile al quale con opere e fatti di qualsiasi genere siano stati apportati danni da parte di terzi, il diritto al risarcimento del danno provocato dalla vistosa modifica, a causa della sua natura di diritto di credito, non si trasferisce insieme alla proprietà a meno che non sia stato stipulato un espresso patto di cessione, con la conseguenza che si deve escludere la risarcibilità in favore dell’acquirente per quanto riguarda degradazioni e deprezzamenti che si sono verificati prima del momento in cui ha acquistato.
In sostanza ciò significa che in questo tipo di situazioni il diritto al risarcimento dei danni subiti dall’unità immobiliare non è escluso sempre, ma che, per poterlo esercitare, l’acquirente – che, per effetto del suo acquisto, diventa il nuovo condomino – deve avere l’avvertenza di farsi cedere dall’alienante, con un accordo espresso, il diritto al risarcimento dei danni, che rappresenta un diritto di credito e non un diritto reale.Già in precedenza le Sezioni unite della Cassazione, decidendo sul contrasto giurisprudenziale formatosi sul punto, avevano affermato che il diritto al risarcimento dei danni subiti da un bene spetta al titolare del diritto di proprietà sul bene nel momento in cui si verifica l’evento dannoso; e che infatti si tratta di un diritto autonomo rispetto al diritto di proprietà che quindi non segue quest’ultimo in caso di alienazione, salvo che non venga convenuto il contrario (Cassazione Sezioni unite sentenza 2951/2016).
Pronunce di legittimità a confronto
Le Sezioni Unite – ricordando che invece la decisione Cassazione sentenza 19307/2008, si era pronunciata in senso favorevole al trasferimento del diritto al risarcimento a seguito della vendita del bene e aveva affermato che l’acquirente di un bene è legittimato ad agire per il risarcimento del danno provocato da un terzo prima della vendita, in quanto dal perfezionamento del trasferimento consegue la titolarità del diritto di credito anche in mancanza di un’espressa cessione dell’azione ed anche se l’acquirente non era a conoscenza della preesistenza del danno a meno che, nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti, l’azione non sia stata riservata al venditore (conforme Cassazione ordinanza 21256/2011) – hanno stabilito che è corretto l’orientamento opposto (espresso peraltro dalla giurisprudenza maggioritaria (Cassassazione 5287/1987; sentenza 13334/1999; sentenza 13960/2007; sentenza 15744/2009 e ordinanza 24146/2014), secondo cui il diritto al risarcimento dei danni subiti da un bene spetta a colui che di quel bene era proprietario nel momento dell’evento dannoso.
Le Sezioni unite sono pervenute a questa conclusione rilevando che il diritto al risarcimento dei danni provocati ad un bene costituisce non un accessorio del diritto di proprietà, ma un diritto di credito, distinto ed autonomo rispetto al diritto reale; e che l’autonomia comporta che il diritto al risarcimento del danno subito dall’immobile, in caso di alienazione del bene, non si trasferisce insieme al diritto reale come accadrebbe se fosse un elemento accessorio, ma è suscettibile solo di essere l’oggetto di uno specifico atto di cessione ai sensi dell’articolo 1260 del Codice civile con la conseguenza che, quando insieme all’atto di trasferimento della proprietà non vi sia stato pure un atto di cessione del credito, il diritto al risarcimento dei danni compete esclusivamente a chi, in quanto proprietario del bene al momento dell’evento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale.