Il Notariato s'interroga sul destino dell’uso esclusivo sul bene comune
Un interessante studio si sofferma sulla sorte delle clausole contenute in rogiti sottoscritti in passato
Il Consiglio Nazionale del Notariato affronta le conseguenze operative della nota sentenza delle Sezioni Unite ( 28972/2020 del 17 dicembre ) relativa al cosiddetto uso esclusivo gravante su parti condominiali e previsto contrattualmente, con la pubblicazione dello studio 136-2022/C realizzato da Maurizio Corona. La questione è a dir poco complessa e non può essere affrontata senza spendere qualche parola per compendiare, assai sinteticamente gli aspetti salienti della fattispecie.
La costituzione dell’uso esclusivo
Per un lungo periodo, la “prassi” immobiliare ha previsto (nell'atto costitutivo del condominio) una clausola che attribuisce ad una singola unità immobiliare un “diritto di uso esclusivo e perpetuo” su una parte sostanzialmente comune (classico il caso di una parte dell'area antistante ai locali commerciali) al fine di instaurare un rapporto di pertinenzialità (con possibilità di successivo trasferimento abbinato).Va incidentalmente precisato che la costituzione di detto “uso esclusivo” (individuato nella sua portata concreta mediante una semplice descrizione testuale o, al massimo, con l'allegazione di un elaborato grafico) in realtà, e a prescindere da più alte implicazioni giuridiche, ha sempre avuto lo scopo di evitare i costi del relativo frazionamento catastale e, soprattutto, della successiva imposizione tributaria (insomma, la “parte” gravata da uso esclusivo rimane comune, con tutte le conseguenze del caso).
Su tale fenomeno sono recentemente intervenute le Sezioni unite della Cassazione con la già citata sentenza 28972/2020, che costituisce un vero e proprio de profundis per la fattispecie: secondo la pronuncia infatti la costituzione di un “uso esclusivo” è in realtà finalizzata alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, e quindi deve considerarsi del tutto preclusa stante i principi di “numero chiuso” e di stretta tipicità dei diritti reali medesimi.Lo studio del Notariato – precisato che l'obbligo della cosiddetta “conformità catastale” (di cui alla legge 52/1985 come integrata dal Dl 78/2010 a sua volta convertito con modificazioni dalla legge 122/2010) ha praticamente azzerato la possibilità di prevedere “nuovi” usi esclusivi – si è posto quindi il problema della “gestione” dei numerosi “vecchi” rogiti che contenevano, appunto, tale clausola e che costituiscono inevitabilmente titolo di provenienza delle future compravendite (in pratica, quale sarà il “destino” di tale particolare diritto?).
Le osservazioni del Notariato
Va precisato che la pronuncia delle Sezioni unite viene sottoposta dai notai ad una articolata critica nel punto in cui si afferma la qualificazione dell'uso esclusivo in termini di diritto reale atipico, che viene ritenuta inadeguata in considerazione del fatto che il medesimo, a ben vedere, va ricondotto nell'alveo delle servitù, nel quale poi assume una certa individualità ed originalità stante la “forza espansiva” del diritto di servitù medesimo il quale è in grado di ricomprendere le più svariate (ed atipiche) esigenze meritevoli di tutela ed emergenti dalla prassi. Altro aspetto non condivisibile della sentenza di legittimità, sempre secondo lo studio del Consiglio nazionale del Notariato, è quello costituito dall'affermazione di una presunta incompatibilità dell’uso esclusivo col disposto dell'articolo 1102 Codice civile (che prescrive l’uso paritario delle parti comuni) fosse solo per il fatto che la possibilità di una siffatta “esclusività” è prevista, ancorché come ipotesi eccezionale, proprio dalla legge ( anche solo l'articolo 1126 Codice civile sulla fattispecie del lastrico solare ad uso esclusivo).
Dal punto di vista operativo (che costituisce, invero, il cuore del problema scaturente dalla pronuncia delle SezioniuUnite) viene richiamato il principio affermato dalla sentenza secondo cui, di fronte ad una siffatta clausola occorre verificare (in via di interpretazione del contratto) se le parti abbiano voluto, alternativamente, trasferire la piena proprietà, costituire un diritto reale d'uso ex articolo 1021 Codice civile, oppure far sorgere un diritto di natura meramente obbligatoria (e quindi valevole solo tra le parti).
I diversi tipi di pattuizione
In quest'ultima ottica, lo studio evidenzia che, nella prassi negoziale, le pattuizioni possono ricondursi alle seguenti tre differenti ipotesi:
a) costituzione di una servitù prediale;
b) previsione di un autonomo e specifico diritto reale “nominato”;
c) pattuizione con efficacia obbligatoria avente ad oggetto l'utilizzo del bene condominiale.
Nel primo caso (servitù), la parte comune viene gravata da un “peso” costituito da altro diritto altrui, le cui vicende devono rispettare le ordinarie dinamiche relative alla disciplina applicabile, alla circolazione, alla tutela giudiziale e all'opponibilità (con necessità, per quest'ultima, della trascrizione nei registri immobiliari ai sensi dell'articolo 2643, numero 4, Codice civile).Nel secondo caso, che viene ritenuto ammissibile sulla scorta del richiamo alle altre analoghe ipotesi previste dagli articoli 1122, 1122-bis e 1126 Codice civile, occorre ricostruire la relativa disciplina tenendo conto della peculiare natura (condominiale) del bene che ne è oggetto e dell'indissolubile legame tra quest'ultimo e l'unità immobiliare in proprietà esclusiva al cui servizio è destinato, con la conseguenza che tale “uso” sarà da ritenersi perpetuo (salva estinzione per prescrizione) con circolazione abbinata a detta unità immobiliare ed opponibilità basata sempre sulla trascrizione ex articolo 2643, n. 4, Codice civile.
Nel terzo caso di diritto d'uso con efficacia e valore meramente obbligatorio tra le parti ci si trova di fronte invece ad una previsione negoziale che non incide sul contenuto della proprietà ma che si limita a stabilire un obbligo nei confronti di (tutti) i condòmini impegnandoli (con preferibile qualificazione quale vincolo contrattuale ad adottarsi all'unanimità ed opponibile ai futuri condòmini in forza di un – necessario – espresso richiamo dei rogiti successivi).Un'ultima chiosa viene spiegata dallo studio del Notariato in merito alla “conservazione” dell'efficacia degli usi esclusivi su beni condominiali costituiti in passato.
L’efficacia degli usi esclusivi costituiti in passato
Richiamando la recente Cassazione 19940/2022, si afferma che l'avente causa a titolo particolare dal titolare di tale diritto potrà invocare l'accessione nel possesso ex articolo 1146, comma 2, Codice civile, e, pertanto, unire il proprio possesso a quello del suo autore al fine di maturarne l'usucapione. In conclusione, da una parte, viene confermata l'evidente complessità delle problematiche derivanti da un'eventuale previsione negoziale di un “uso esclusivo” su parte comune, e dall'altra emerge l'apprezzabile tentativo del Notariato di dare delle coordinate operative nella gestione dei “vecchi” rogiti al cui interno è presente tale previsione, la quale va, in ogni caso, considerata in sede di futura vendita.Non può esser sottaciuto, tuttavia, che l'articolata ricostruzione offerta dallo studio si fonda su una differente qualificazione del fenomeno rispetto a quella data dalle Sezioni unite della Cassazione.
Infatti, richiamando quanto sopra illustrato, va ricordato che:
- il Supremo collegio ha ritenuto ammissibili (solo) le ipotesi di:1) diritto di proprietà;2) diritto reale d’uso ex articolo 1021 Codice civile;3) concessione di un uso esclusivo e perpetuo di natura obbligatoria;
- mentre nello studio 136-2022/C si parla di:4) costituzione di una servitù prediale; 5) previsione di un autonomo e specifico diritto reale “nominato”;6) pattuizione con efficacia obbligatoria avente ad oggetto l'utilizzo del bene condominiale.
È inutile nascondersi che tale ultima diversa impostazione (che, ancorché autorevole, ha natura prettamente dottrinale) potrà anche non esser considerata dai giudici che saranno chiamati a valutare la validità dei rogiti di prossima stipulazione (aventi ad oggetto il cosiddetto“uso esclusivo” su parte comune costituito in passato) le cui decisioni, non è difficile prevedere, facilmente si conformeranno alle decisioni delle Sezioni unite, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di ammissibilità, cedibilità, opponibilità.