Condominio

Il regolamento contrattuale può esonerare il costruttore dal pagamento delle spese di condominio

A rendere valida la clausola è la definizione di uno specifico termine di validità per l’esonero

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di Luigi Salciarini

Torna ciclicamente, nelle aule di giustizia, la questione dell’esonero dal pagamento delle spese condominiali previsto dal regolamento di condominio a favore della ditta costruttrice dell’edificio. Si può dire che il continuo riproporsi del tema derivi dal fatto che, ormai, la clausola di esonero sia diventata un “must” per il costruttore, che è solito farla inserire di “default” nel regolamento successivamente allegato alla cosiddetta “ prima vendita” (vale a dire, al rogito notarile che, nel trasferire la proprietà della prima unità immobiliare che fa parte dell’edificio, determina – automaticamente e quindi ex lege – anche la “nascita” del condominio).

Ovviamente, la previsione regolamentare dell’esonero può comportare una reazione degli altri condòmini con conseguente probabile insorgenza di una lite giudiziale. In realtà, le dinamiche processuali della specifica controversia (decisa dal Tribunale di Roma con la sentenza 1538/2023 ), non approfondiscono sufficientemente il problema e si limitano a un richiamo del regolamento contrattuale vigente per lo specifico edificio e a un rigetto delle eccezioni avverse causa la loro tardività o inammissibilità (comprese quelle sulla vessatorietà della clausola).

Ripartizioni di spesa ed esonero

Può esser utile evidenziare che nel caso in oggetto la clausola interessata prevedeva un termine quinquennale di esonero e che le spese contestate dal singolo condòmino (che ha impugnato la delibera di approvazione del bilancio) rientrano pacificamente in questo spazio di tempo. Tuttavia, un approfondimento più articolato può essere utile:

a) innanzitutto, è pacifico che, nello stabilire le ripartizioni di spesa, l’assemblea condominiale non possa derogare (a maggioranza) i parametri previsti dalla legge (articolo 1123 del Codice civile e seguenti) ma deve applicarli pedissequamente;

b) secondo il primo comma dell’articolo 1123 del Codice civile, alle parti è consentito stabilire una «diversa convenzione» che ripartisca differentemente (cioè, con un criterio non corrispondente alle quote millesimali o all’uso oggettivo) le spese condominiali, a condizione, tuttavia, che tale accordo sia stipulato contrattualmente (vale a dire, col consenso di tutti gli aventi diritto, i cosiddetti 1000/1000 (vedi Cassazione, 16321/2016);

c) è altrettanto pacifico che, utilizzando questa “diversa convenzione”, le parti possano prevedere anche l’esonero totale (vedi Cassazione, 14697/2015; Tribunale di Roma, 22 gennaio 2019; Tribunale di Bari, 5 dicembre 2014) di uno o più condòmini dal pagamento degli oneri condominiali (avendo anche la facoltà di collegare questa esenzione a una o a tutte le spese di gestione).

In questo contesto si colloca pienamente la clausola oggetto della sentenza romana che ha previsto (col successivo vaglio positivo del giudice) l’esonero a favore della ditta costruttrice (per l’ammissibilità, vedi Cassazione, 25087/2022) in riferimento alle unità immobiliari rimaste “invendute”, il tutto per massimo 5 anni.

Periodo di validità e termini di scadenza

L’ipotesi dell’esonero dalle spese a favore del “costruttore”, quindi, se da una parte può essere ricompreso, positivamente, nell’ambito di operatività di questa “diversa convenzione” prevista dall’articolo 1123 del Codice civile (e, quindi, può essere ritenuto valido se approvato col consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio), dall’altra parte contempla un aspetto problematico ulteriore che è quello del periodo di validità. Sul punto, la giurisprudenza (vedi Corte d’appello di Genova, 728/1996) ha ripetutamente affermato che, secondo la disciplina dei contratti (qual è la “diversa convenzione”) una clausola del genere non può essere valida sine die in quanto andrebbe a incappare nel divieto contenuto nell’articolo 1355 del Codice civile secondo cui «è nulla l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore». Ne deriva che la previsione di uno specifico termine di scadenza dell’esonero (nel nostro caso, cinque anni) rende certa e oggettiva la previsione contrattuale. E, in quanto tale, valida.

L’opponibilità della clausola ai futuri condòmini

Non va taciuto, tuttavia, che uno degli aspetti più spinosi della fattispecie non è costituito dalle modalità di redazione della clausola contrattuale (che ormai, generalmente, costituiscono patrimonio acquisito da parte degli operatori del settore immobiliare) ma dalla sua opponibilità ai condòmini futuri vale a dire a coloro che entrano a far parte del condominio in forza dell’acquisizione di un’unità immobiliare effettuata in un tempo successivo rispetto all’originaria approvazione della “diversa convenzione”. Per costoro l’esonero potrebbe risultare inefficace per mancata trascrizione (invero, di dubbia fattibilità) o per insufficiente richiamo (vale a dire, accettazione) nel loro rogito di acquisto (vedi Tribunale di Bari,10 giugno 2008). Si tratta di un’evenienza tutt’altro che rara e che suggerisce caute e meditate verifiche.

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