Il Tar conferma i divieti del Comune di Milano che limitano gli schiamazzi nelle zone della movida
Nessun danno agli esercizi commerciali, ma prescrizioni a tutela del diritto primario alla salute dei cittadini
Movida e vita in condominio. Le problematiche sembrano tornare prepotentemente alla ribalta dopo lo stop alle attività commerciali imposto dal Covid. Sintomatico e ancora lungi dall'essere risolto il caso sollevato in una zona centrale di Milano (vedi il Sole 24 ore del 16 giugno 2021) dove un condominio aveva, in era pre-pandemica, inviato un esposto al Comune, lamentando immissioni acustiche moleste oltre la normale tollerabilità, conseguenti alla presenza di numerosi locali presenti sotto l'edificio, bar aperti giorno e notte.
I tecnici dell’Arpa, intervenuti per le opportune verifiche, documentavano il livello di inquinamento acustico esistente durante l'intero arco della settimana, accertando in orario notturno, dalle 22.00 alle 06.00, il costante superamento dei valori soglia in tutti i giorni della settimana.In particolare, la relazione dei tecnici acustici attestava che in orario notturno, a fronte di un valore massimo ammesso pari a 55dB, si erano registrati durante l'intero arco della settimana valori significativamente più elevati. Si osservava che tali valori notturni, non rispettavano nemmeno i valori limite previsti per le Classi VI di destinazione d'uso, ovvero le zone esclusivamente industriali.
Il provvedimento del Comune
Per questi motivi, il Comune di Milano, richiamando precedenti sentenze del Tar Lombardia, emanava il provvedimento 41/2021, al fine di limitare le immissioni acustiche che connotano determinate aree della città, per assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, mediante l'imposizione agli esercizi commerciali di limitazioni degli orari di vendita, con riferimento all'asporto e somministrazione di bevande di qualunque tipo, alcoliche ed analcoliche e con riferimento all'uso del plateatico, specialmente in orario notturno.
A seguito dell’impugnazione del provvedimento del Comune da parte di alcuni esercizi commerciali di somministrazione della zona, il Tar Lombardia si pronunciava nuovamente con due sentenze gemelle la numero 2021/2022 e la numero 2035/2022 . Respinta ogni eccezione e le questioni preliminari, il Tribunale amministrativo osserva che l'articolato contenzioso, nel corso del quale era stata emanata l'ordinanza impugnata, era caratterizzato dalla stratificazione di sentenze del giudice amministrativo (Tar Lombardia 1979/2019 e 2054/2020 ed infine 1214/2021).
Nessun danno agli esercizi commerciali
Provvedimenti che avevano accertato l'illegittimità dell'inerzia dell'amministrazione ed avevano ordinato al Comune di Milano di assumere provvedimenti atti a fronteggiare il fenomeno di inquinamento acustico derivante dagli avventori degli esercizi commerciali e in generale dalla “movida”, in accoglimento dei diritti lesi alla salute dei residenti del condominio, costituzionalmente garantiti.Nello specifico, le due recenti sentenze confermano, in riferimento all’ordinanza del Comune di Milano 41/2021, che il provvedimento in esame realizza un equilibrato bilanciamento dei diversi interessi in gioco.
Non si configura una sproporzionata compressione dei diritti dei locali ricorrenti correlati all'esercizio dell'attività economica, che è stata solo delimitata negli orari al fine «di tutelare il diritto primario della salute dei cittadini appartenenti al condominio ricorrente, a fronte della grave situazione di inquinamento acustico accertato dall'Arpa in periodo notturno», come già evidenziato dal Tribunale.
L’origine del rumore
Anzi, le relazioni Arpa prodotte in giudizio evidenziano espressamente, quanto alla fonte dell'inquinamento acustico, che il disturbo più rilevante è determinato dal contributo antropico dei passanti e degli avventori dei diversi plateatici dei locali pubblici presenti. Il rumore da traffico non risulta rilevante in quanto il tratto è delimitato da una Ztl sempre attiva. Altrettanto è priva di fondamento la tesi sostenuta dagli esercizi commerciali per cui la fonte dell'inquinamento acustico non sarebbe riferibile all'attività dei locali negli orari suindicati. Quindi il Tribunale ribadiva l'infondatezza delle ulteriori censure proposte dai locali commerciali.
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