Condominio

Il verbale è l'unica fonte di conoscenza delle delibere assembleari

La volontà dell'assemblea deve risultare sempre e solo in forma documentale che va redatta anche se non vengono assunte decisioni

di Eugenia Parisi

Un condomino citava in giudizio il proprio condominio chiedendo di dichiarare nulla e/o comunque di annullare una delibera assembleare ed il tribunale l'aveva annullata nella parte relativa ai criteri di ripartizione delle spese dell'intervento sull'impianto idrico, ritenendola indeterminata perché, a verbale, essendoci due possibili criteri alternativi, non era stato indicato quale fosse stato effettivamente adottato. Il condominio ha, quindi, chiesto di riformare la sentenza e la Corte d'appello di Genova, con sentenza 106/2021 ha confermato la sentenza di primo grado.

L'interpretazione delle delibere
La sentenza della Cassazione civile 28763/17 afferma che «le delibere dell'assemblea condominiale, ove esprimano una volontà negoziale, devono essere interpretate secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli articoli 1362 e seguenti Codice civile, privilegiando, innanzitutto, l'elemento letterale, e quindi, nel caso in cui esso risulti insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli della valutazione del comportamento delle parti».

Dalla lettura del verbale, risultava chiaramente solo che fu posto in votazione uno dei due criteri proposti, in assenza di elementi per ritenere che fu proprio il primo criterio proposto ad ottenere la maggioranza dei voti favorevoli, mancando, quindi, un passaggio decisivo per identificare l'oggetto della votazione. Tale omissione non poteva essere colmata certo facendo riferimento ai criteri ermeneutici, dal momento che nessuna espressione usata rimandava alla prima opzione, né ricorrendo al comportamento complessivo delle parti, dato che non c'erano elementi per ritenere che i condomini intendessero confermare il criterio precedentemente adottato, né applicando il principio di cui all'articolo 1367 Codice civile, dal momento che entrambe le opzioni avrebbero consentito alla delibera di produrre effetti; ma il punto era capire quale fu la scelta dell'assemblea.

L'impossibilità della prova per testi
Neppure sarebbe stato possibile ricorrere alla prova per testi per chiarire ogni dubbio poiché la volontà dell'assemblea deve risultare in forma documentale, secondo quanto previsto dall'articolo 1136 Codice Civile. In tal senso, la giurisprudenza ritiene che vi sia un vero e proprio obbligo di redazione del verbale anche nel caso in cui nessuna decisione venga deliberata dall'assemblea, in quanto essa costituisce una delle prescrizioni di forma che devono essere osservate al pari delle altre formalità richieste dal procedimento collegiale (avviso di convocazione e ordine del giorno), la cui inosservanza comporta l'impugnabilità della delibera, in quanto non presa in conformità della legge (Cassazione civile 5014/99).

La funzione del verbale
Il verbale dell'assemblea, infatti, costituisce la fonte di informazione e di prova in merito a tutte le decisioni assunte dall'organo sovrano del condominio e, cioè, l'assemblea dei condomini ed è volto a consentire un adeguato controllo, formale e sostanziale, della validità e legittimità di tali decisioni, tant'è che il Codice civile prescrive la tenuta da parte dell'amministratore di un registro dei verbali e l'eventuale inadempimento costituisce motivo di revoca dell'amministratore (articoli 1129, comma 12, numero 7 e 1130 numero 7 Codice civile).

L'importanza del verbale è, quindi, evidente, ove si consideri che questo costituisce l'unica fonte di conoscenza delle decisioni assembleari per il condomino assente e che dalla sua comunicazione decorre il termine per impugnare la delibera, ai sensi dell'articolo 1137 Codice civile. Per queste ragioni, non è accettabile un contenuto “a sorpresa”, che emerga magari a distanza di tempo, proprio tramite testimoni, quando i termini per impugnare sono preclusi, escludendosi il ricorso alla prova testimoniale per definire il contenuto della decisione assembleare; del resto, una simile conclusione rischia di tradire quelle esigenze di certezza e di tutela degli assenti.

La forma del verbale
Si discute se la forma scritta del contenuto delle delibere sia ai fini della prova o della sua validità; in ogni caso, si applica la disciplina degli articoli 2722 e 2725 Codice civile. Del resto, la giurisprudenza ammette sì che il divieto contenuto in tali norme non operi quando la prova testimoniale serva a fornire elementi idonei a chiarire o interpretare il contenuto del documento, ma non quando, diversamente, essa serve per identificare gli elementi essenziali del documento. Così, nel caso di specie, in cui la prova testimoniale sarebbe finalizzata a sopperire alla mancanza dell'oggetto della votazione qual era la decisione approvata dall'assemblea e quindi correttamente il tribunale non aveva dato corso alla prova testimoniale per essere la causa documentale.

L'interesse ad agire
Quanto al difetto di interesse del condomino all'impugnazione della delibera, si osserva che, da un lato, il punto è proprio quello di capire qual è il criterio prescelto; in quest'ottica, l'interesse del condominio ad avere chiarezza in relazione al criterio di ripartizione prescelto supera ogni eventuale maggior o minor convenienza economica. Infine, parte appellante aveva sostenuto che la delibera non sarebbe efficace, in quanto potrebbe sempre essere modificata in sede di rendiconto. Ciò, però, è una pura eventualità, mentre, per il resto, si applica il principio posto dall'articolo 1137, comma 1, Codice civile, secondo cui le delibere sono obbligatorie per i condomini.

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