Locazione

Illegittime le opere eseguite dal locatario in spregio dei patti contrattuali

Se manca l’ok del proprietario le modifiche possono giustificare la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni per il ripristino dello stesso dei luoghi

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di Fulvio Pironti

Salva diversa pattuizione contrattuale o espresso assenso scritto del proprietario, al locatario è vietato eseguire opere innovative e/o modificative nell'immobile locato. Le modifiche non autorizzate apportate all'immobile obbligano il conduttore al ripristino della stato preesistente oltre alla rifusione del danno. È il principio reso dalla Corte di appello di Roma mediante sentenza numero 2272 pubblicata il 28 marzo 2023.

Il giudizio in prime cure

La conduttrice di un locale commerciale rimosse, in difetto di assenso del locatore e in violazione del contratto locativo, i servizi igienici realizzando, in loro sostituzione, una cucina. Mediante escavazione del terrapieno realizzò nel sottoscala dell'immobile un vano abusivo. Inoltre, nel corso del rapporto contrattuale concesse disinvoltamente il locale a terzi senza munirsi dell'autorizzazione del locatore, perciò dando luogo ad una occupazione senza titolo.Per tali inadempienze contrattuali, il locatore evocò la locataria dinnanzi al tribunale capitolino per sentire dichiarare risolto il contratto locativo ed ottenere condanna al risarcimento dei danni subiti. Chiese, altresì, la condanna del terzo occupante senza titolo al rilascio dell'immobile.

La locataria, costituitasi in giudizio, domandò la reiezione delle pretese attoree perché infondate, generiche e sguarnite di prova. Il decidente definiva la querelle risolvendo il contratto locativo a causa del grave inadempimento posto in essere dalla conduttrice. Perciò, condannava quest'ultima a rilasciare l'immobile e a rifondere il locatore del danno subìto discendente dall'inadempimento contrattuale.

Le ragioni decisorie

Il Tribunale di Roma ha ritenuto che l'articolo 1585, numero 1, del Codice civile, sancendo l'obbligo del locatario di servirsi del bene concesso in locazione comporta che il diritto di godimento non sia illimitato, dovendo lo stesso essere esercitato entro il perimetro delle facoltà risultanti dalle condizioni contrattuali o desumibili dalle circostanze esistenti al momento della stipula del contratto locativo. L'abuso della locataria nel godimento del bene può concretizzarsi attraverso la realizzazione di modificazioni strutturali ed opere innovative che diano luogo a condotte lesive degli interessi del proprietario tali da stravolgere gli equilibri contrattuali. Il grave inadempimento del conduttore in relazione agli obblighi contrattuali ha legittimato la risoluzione giudiziale del rapporto locatizio.

I contraenti convennero che «ogni aggiunta che non possa essere tolta in qualunque momento senza danneggiare i locali ed ogni altra innovazione non potrà essere fatta dal conduttore senza preventivo consenso scritto del proprietario». Consta altresì che il locatore autorizzò la conduttrice a realizzare lavori manutentivi straordinari meglio dettagliati in un elaborato peritale. Tali interventi prevedevano lo spostamento e/o la demolizione dei tramezzi, chiusura di una scala di comunicazione con il piano interrato e ristrutturazione di un'altra; demolizione e rifazione dei pavimenti, rivestimenti ed infissi interni ed esterni; demolizione e rifazione dell'impianto termico, idrico, elettrico e di condizionamento; demolizione e rifazione dei bagni e vetrine, sostituzione di infissi interni ed esterni, posa in opera di arredi interni ed opere varie di rifinitura.

La necessità di autorizzazione da parte del proprietario

Tuttavia, il consulente d'ufficio evidenziò che i lavori rinvenuti nell'immobile erano differenti da quelli autorizzati dal proprietario. Tant'è che l'immobile subì varie trasformazioni tra cui l'ampliamento del piano interrato nella zona corrispondente all'originario cortile interno all'edificio (con conseguente aumento della superfice interna, inserimento della scala centrale che collega i due bagni al piano interrato e sovrastante scala). Inoltre, venne installato un montacarichi di collegamento tra l'odierna cucina sita al piano interrato ed il banco del bar al pianterreno.Essendo stato reso comunicante il piano interrato dell'immobile con altro adiacente, il cespite locato risulta sprovvisto di servizi igienici.

Con l'esecuzione dei lavori non supportati dal previo assenso scritto del proprietario, la locataria pose in essere innovazioni e modifiche tali da alterare l'originaria consistenza costringendo il proprietario (se non avesse accettato le modifiche apportate dalla conduttrice) ad effettuare onerosi lavori per ripristinare le primitive condizioni.È evidente che le modifiche apportate dalla locataria ledevano l'interesse del locatore alla conservazione dello stato originario avendo quest'ultimo manifestato nel contratto locativo tale interesse mediante clausola vietante qualsiasi modifica, anche migliorativa, realizzata senza l'espresso assenso. L'inadempimento ha legittimato la risoluzione giudiziale del contratto. Inoltre, la conduttrice è stata condannata al risarcimento dei danni arrecati al locatore a causa dell'inadempimento contrattuale e quantificati nell'importo dei costi necessari per ripristinare l'immobile.

L'appello

La locataria ha gravato la pronuncia dinnanzi alla Corte di appello di Roma. Ha dedotto che la valutazione del giudice di prime cure, in relazione alla importanza dell’inadempimento (violativo degli articoli 1453, 1455, 1564 del Codice civile) con la conseguente risoluzione giudiziale del rapporto contrattuale, fosse errata. Ha asserito che l'inadempimento era scarsamente rilevante se paragonato all'entità del danno economico procurato in quanto era di gran lunga inferiore rispetto al cànone pattuito, tra l'altro sempre corrisposto.La censura è stata disattesa dalla Corte territoriale. Ha rilevato che il contratto locativo attestava che la conduttrice aveva trovato l'immobile in buono stato di conservazione e si era obbligata a riconsegnarlo alla scadenza contrattuale nello stesso stato. Conteneva la clausola secondo cui «ogni aggiunta che non possa essere tolta in qualunque momento senza danneggiare i locali ed ogni altra innovazione non potrà essere fatta dal conduttore senza preventivo consenso scritto del proprietario…».

Una ulteriore disposizione contrattuale prescriveva che l'inadempienza da parte della conduttrice, anche di un solo patto, avrebbe prodotto la risoluzione del rapporto locativo.Il consulente d'ufficio ha acclarato nel procedimento di prime cure che la locataria aveva violato le clausole contrattuali, perdipiù senz'alcuna autorizzazione da parte del proprietario, realizzando significative modifiche strutturali. Ciò contravveniva il divieto di aggiunte e innovazioni in difetto di assenso del locatore. Pertanto, integrava l'inadempimento colpevole della locataria in quanto aveva disatteso il sinallagma contrattuale (articolo 1455 del Codice civile) e l'obbligazione principale di «prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto» (articolo 1587, numero 1, del Codice civile). In definitiva, la Corte capitolina, ritenendo immune da vizi la pronuncia di risoluzione del contratto locativo per fatto e colpa della locataria, ha rigettato l'appello confermando la sentenza di primo grado.

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