Impianti comuni malfunzionanti, il singolo condomino non può agire per richiedere la messa a norma
Può, invece, avanzare una pretesa risarcitoria in caso di colpevole omissione nell’intervento di riparazione o adeguamento
In caso di malfunzionamento degli impianti comuni è precluso al singolo condòmino di agire nei confronti del condominio per richiedere la messa a norma degli impianti medesimi. Il principio è stato ribadito dal Tribunale di Napoli con la sentenza 1025/2023 , pubblicata il 30 gennaio 2023.
La vicenda
Il giudice di primo grado ha dichiarato inammissibile la domanda avanzata da alcuni condòmini, che chiedevano di ordinare al condominio di eseguire le opere necessarie per adeguare l’impianto di riscaldamento centralizzato alle disposizioni del Decreto legislativo 102/2014 e del Decreto legislativo 141/2016 e successive modifiche in modo da ripristinarne la funzionalità a norma di legge e ripartire la spesa necessaria all’adeguamento secondo le tabelle millesimali. Gli attori deducevano la sussistenza del loro interesse a richiedere l’intervento sostitutivo dell’autorità giudiziaria, in quanto l’assemblea aveva deciso di non adeguare l’impianto centralizzato alla vigente normativa sull’efficienza energetica e, a seguito del mancato adeguamento, il servizio comune di riscaldamento centralizzato era stato sospeso.
Il singolo condòmino non può richiedere l’adeguamento dell’impianto
Secondo il Tribunale, il singolo condòmino non ha nessun titolo per richiedere la condanna del condominio a un «facere», consistente nella messa a norma/adeguamento di un impianto comune. Nel caso di colpevole omissione da parte del condominio nel provvedere alla riparazione o all’adeguamento dell’impianto, è riconosciuto, al massimo, al singolo condòmino di richiedere all’ente condominiale il risarcimento o agire con altri strumenti di reazione e tutela diversi dall’azione ordinaria o da quella d’urgenza. Nel caso esaminato, ha evidenziato, il rimedio esperibile è quello previsto dall’ultimo comma dell’articolo 1105 del Codice civile, secondo il quale ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria, non in sede contenziosa, tutte le volte in cui non si prendono «i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero, se la deliberazione adottata non viene eseguita».
Presupposto della norma è una situazione di disinteresse nei confronti di un impianto che non è legittima. In questi casi, ha concluso, l’autorità giudiziaria viene, eccezionalmente, chiamata ad «amministrare» interessi privati per prevenire il pericolo della loro lesione. Pertanto, gli interessati possono rivolgersi all’autorità giudiziaria in sede di volontaria giurisdizione chiedendo, sussistendone i presupposti di legge, di ordinare l’esecuzione dei lavori indispensabili.
Sì alla pretesa risarcitoria per colpevole omissione nella riparazione
Nel decidere la controversia il giudice partenopeo, ha richiamato, condividendolo, l’orientamento della Cassazione secondo il quale «il singolo condòmino non è titolare, nei confronti del condominio, di un diritto di natura sinallagmatica relativo al buon funzionamento degli impianti condominiali che possa essere esercitato mediante azione di condanna della stessa gestione condominiale all’adempimento corretto della relativa prestazione contrattuale, trovando causa l’uso dell’impianto che ciascun partecipante vanta nel rapporto di comproprietà delineato negli articoli 1117 e seguenti del Codice civile.
Ne consegue che il condòmino non ha azione per richiedere la messa a norma dell’impianto medesimo, potendo al più avanzare, verso il condominio, una pretesa risarcitoria nel caso di colpevole omissione nella sua riparazione o adeguamento, o sperimentare altri strumenti di reazione e di tutela, quali le impugnazioni delle deliberazioni assembleari ex articolo 1137 del Codice civile, i ricorsi contro i provvedimenti dell’amministratore ex articolo 1133 del Codice civile, la domanda di revoca giudiziale dell’amministratore ex articolo 1129, comma 11, Codice civile o il ricorso all’autorità giudiziaria in caso di inerzia agli effetti dell’articolo 1105, comma 4, Codice civile» (Cassazione civile, ordinanza 16608/2017).