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Incendi sulle facciate degli edifici, urge un aggiornamento della normativa

Foto Valentina Stefanelli/LaPresse

di Redazione

Il dibattito su sicurezza e normativa antincendio sembra accendersi solo in occasione di eventi tragici che smuovono l'attenzione pubblica. A due anni dal dramma che ha coinvolto la Torre dei Moro, la cronaca recente continua a parlare di incendi, ponendo il focus sulle facciate come elemento di rischio per cittadini ed edifici stessi.

I numeri

Secondo gli ultimi dati dell'Annuario Statistico 2023, a cura del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, gli incendi in luoghi di civile abitazione e ambienti a uso particolare come scuole e negozi riguardano il 25 per cento degli interventi, per un totale di oltre 63 mila. Numeri che evidenziano come il fenomeno sia di gran lunga più frequente rispetto a quanto segnalato dai media. Alcuni di questi incendi possono essere arginati con l'attuazione di una normativa specifica, soprattutto in relazione alla scelta dei materiali da adoperare sulle facciate. Nel caso della Torre dei Moro, a Milano, il fuoco si è diffuso rapidamente proprio dalla facciata, caratterizzata proprio da elementi combustibili.

Non si tratta di un caso isolato: nel corso delle indagini, infatti, è emerso che «materiali identici e stesse tecniche di messa in opera sono utilizzati in Italia e in altri paesi per le facciate di svariati edifici pubblici e civili». Il riferimento è a ospedali, hotel, aziende e data center. «Nel caso di Torre dei Moro, l'utilizzo di materiali combustibili non è stata una scelta che ha portato a un gran risparmio», commenta Paolo Migliavacca di Rockwool Italia, azienda leader nel campo dei sistemi di isolamento avanzati per l'edilizia. «Soluzioni più sicure avrebbero avuto un'incidenza di costo maggiore per soli 0,95 euro/metro quadro». Discorso valido anche per la tragedia della Grenfell Tower di Londra. Maturata nel 2017 - a seguito di un'incauta opera di riqualificazione energetica che ha foderato la struttura di materiale combustibile – provocò la morte di 72 persone.

Efficientamento energetico e sicurezza

Necessaria, pertanto, una riflessione sulla situazione italiana. Il Superbonus ha dato una grande spinta alla ristrutturazione degli edifici, favorendo investimenti anche per il cappotto termico sulle facciate. Secondo il monitoraggio di Enea, gli interventi di efficientamento energetico sostenuti dal Superbonus 110% nel 2022 sono stati circa 359 mila, per un totale di 68,7 miliardi di euro. Le norme attuali, però, non garantiscono maggiore sicurezza per gli edifici coinvolti. Un palazzo più efficiente dal punto di vista energetico, infatti, non è automaticamente più sicuro: non essendoci vincoli di utilizzo di materiali incombustibili in Italia, i lavori di rinnovamento delle facciate possono incrementare il profilo di rischio dell'immobile. «Ci sono molti elementi di rischio, non solo per gli abitanti ma anche per chi lavora in cantiere», sottolinea Enrico Vizza, segretario generale di Uil Lombardia. «Basti pensare che strage sarebbe stata se ci fossero state maestranze a operare sull'impalcatura di Torre dei Moro. La necessità di fare lavori in fretta, a causa dei tempi stretti della misura di finanziamento, può andare a scapito della qualità e della sicurezza. Ad esempio, nella fase di realizzazione del cappotto, l'installazione di isolante potenzialmente combustibile aumenta il rischio». Quale, dunque la proposta di Vizza? «Alla Regione Lombardia, che ha titolo in materia urbanistica, territorio e ambiente, chiediamo di promuovere linee guida adeguate e moderne nell'ambito dei regolamenti edilizi, oltre a una maggiore vigilanza da parte degli enti preposti».

L'invito ad agire in tempi stretti arriva anche da Alberto Zanni, presidente di Confabitare: «Questo potenziale ampliamento del rischio sulle facciate con materiali non incombustibili può peggiorare ulteriormente con la direttiva europea Case green sull'efficienza energetica degli edifici», spiega. «Oggi circa il 60 per cento degli edifici in Italia si colloca in classe energetica F e G. Immaginiamo l'impatto della ristrutturazione di tutti questi edifici con materiali non ignifughi in facciata. A quale rischio esporremmo le persone e il patrimonio immobiliare? Dopo due anni, quanti disagi ancora devono affrontare proprietari e inquilini di Torre dei Moro?».

Le norme nel resto d'Europa

Inevitabile, a questo punto, il confronto con il resto d'Europa. «Cosa deve accadere ancora per intervenire in modo più puntuale sulla normativa? Gli esempi dell'Europa collocano l'Italia in una posizione di arretratezza», evidenzia Paolo Migliavacca, business unit director Italy & East Adriatic di Rockwool. «L'Inghilterra obbliga all'utilizzo di soli materiali incombustibili per le facciate di tutti gli edifici più alti di 11 metri. La Francia ha norme molto restrittive per gli edifici dai nove piani in su e persino in diversi paesi dell'Est Europa le legislazioni sono più vincolanti che in Italia».

Massima attenzione nella scelta dei materiali

Il cambio di passo è decisamente necessario. «La creatività progettuale non è e non deve essere in conflitto con le normative, soprattutto quando sono garanzia di sicurezza», conclude Davide Luraschi, presidente del Collegio degli ingegneri e degli architetti di Milano. «Devono essere viste non come dei limiti o come qualcosa da evitare o aggirare. Anzi, progettista e committente devono vederle come occasioni di miglioramento, stimoli a creare qualcosa di eccellente, di bello, innovativo e sicuro». In questo contesto, l'expertise del professionista si conferma essenziale: «In uno scenario in cui progresso ed esigenze abitative trasformano gli skyline delle città, puntando su edifici energeticamente più efficienti, il ruolo del professionista è sempre più cruciale nella scelta di materiali tecnologici, performanti, di design ma anche sicuri. Non c'è più spazio per la mediocrità. Questo deve essere il futuro ma anche il presente».

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