Ininfluente la gravità dell’inadempimento dell’affittuario se nel contratto c’è la clausola risolutiva espressa
Il ricorso alla valutazione del giudice pertanto non sortisce effetti
Non c'è spazio per l'apprezzamento del giudice se il locatore si avvale della clausola risolutiva espressa. Non servirà, quindi, neppure indagare sull'eventuale gravità dell'inadempimento del conduttore di un immobile ad uso diverso da quello abitativo. Lo precisa il Tribunale di Roma con sentenza 3544 del 1° marzo 2023.
I fatti di causa
Apre la lite, la decisione della titolare di un immobile concesso in locazione ad uso non abitativo di intimare all'inquilino lo sfratto per morosità. Egli, lamenta, non solo non aveva corrisposto canoni per qualche mese, ma aveva anche violato il divieto di modificare il locale rimuovendone la vetrina di accesso. Ragioni per cui operava la clausola risolutiva espressa inserita nel contratto. Controparte si difende: uno dei mensili era precedente all'intimazione e, comunque, i pagamenti erano stati ritardati a causa della crisi economica post pandemica. Il Tribunale, però, accoglie la domanda della proprietaria.
Intanto, premette, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale deve solo provare la fonte del suo diritto e il relativo termine di scadenza, spettando al debitore l'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa ossia l'avvenuto adempimento. E, sul punto, parte titolare aveva assolto al proprio onere. Nel contratto, poi, era chiarissima la facoltà del locatore di risolverlo a fronte del mancato puntuale pagamento del canone per due rate consecutive. La clausola, insomma, aveva un contenuto sufficientemente specifico e determinato risultando riferita a obbligazioni ben individuate. E, stante la validità della clausola risolutiva espressa, era precluso al Giudice di valutare la gravità dell'inadempimento contestato.
La clausola risolutiva inserita nel contratto
Ciò, considerato che le parti – inserendola nel contratto – avevano preventivamente valutato le circostanze che avrebbero comportato l'alterazione del sotteso equilibrio giuridico-economico, impedendo accertamenti al riguardo. In ogni caso, le eccezioni sollevate dal conduttore non meritavano accoglimento e non era sufficiente ad escludere la gravità della morosità l'integrale tardivo pagamento. Del resto, ricorda il giudice, la sanatoria giudiziale della morosità non è applicabile alle locazioni non abitative il cui conduttore, pur pagando, non è sottratto alla risoluzione contrattuale.
In altre parole, ciò che alla litispendenza avrebbe potuto definirsi un inadempimento non grave, lo è diventato ai fini risolutori altresì alla stregua del comportamento successivo alla proposizione della domanda. Tanto spiegato, perdono di rilevanza tutte le ragioni addotte dal debitore circa il ritardato pagamento della morosità intimata non risultando neppure dimostrato il nesso di causalità tra il rispetto delle misure di contenimento pandemico e l'inadempimento. Ecco che, assorbito ogni ulteriore rilievo, ed in difetto di restituzione dell'immobile nelle condizioni in cui veniva consegnato, il Tribunale di Roma accoglie la formulata domanda di risoluzione di diritto del contratto e ne condanna il conduttore al rilascio.