L'accertamento tecnico preventivo blocca la prescrizione del diritto al risarcimento
Il procedimento non serve solo a raccogliere prove indifferibili
Alcuni condomini agivano in giudizio contro il loro condominio chiedendo al giudice la condanna di questo al risarcimento di alcuni danni derivati alle loro proprietà a seguito di due incendi. Questi due incendi, distanziati di alcuni anni tra loro, avevano infatti causato seri danni agli appartamenti dei ricorrenti, i quali avevano ritenuto colpevoli il condominio per non avere provveduto a ripulire la macchia boschiva e di erbacce che – sul lato del palazzo – aveva contribuito alla propagazione dell'incendio e alla adiacenza dello stesso agli edifici danneggiati. A tal fine, quindi, i condomini avevano agito giudizialmente avverso il condominio. Si era difeso lo stabile negando gli addebiti e chiamando in causa l'assicurazione in manleva per risarcire il danno al quale sarebbe stato eventualmente condannato.
Le sentenze di merito
All'esito del giudizio, però, il giudice aveva dichiarato la soccombenza degli attori, in accoglimento ad una eccezione mossa dall'assicurazione e relativa all'intervenuta prescrizione del diritto attoreo. Ai sensi dell'articolo 2952 comma II Codice civile, difatti, «gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione e dal contratto di riassicurazione si prescrivono in due anni dal giorno in cui si è verificato il fatto su cui il diritto si fonda, ad esclusione del contratto di assicurazione sulla vita i cui diritti si prescrivono in dieci anni».
Sulla base di tale norma, preso atto della presunta assenza di atti interruttivi della prescrizione, il giudice aveva rigettato la domanda risarcitoria dei condomini. Alle parti soccombenti non rimaneva quindi che agire in Cassazione, domandando l'annullamento della decisione d'appello.
Il ricorso alla Suprema corte
Il ricorso era quindi incentrato sull'errata interpretazione delle norme da parte della Corte d'appello, nella parte in cui non aveva ritenuto che la proposizione dell'accertamento tecnico preventivo fosse atto suscettibile a costituire una interruzione della prescrizione ai sensi dell'articolo 2943 Codice civile. Secondo questa norma costituiscono atti interruttivi della prescrizione la «notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo. È pure interrotta dalla domanda proposta nel corso di un giudizio. L'interruzione si verifica anche se il giudice a cui ci si è rivolti è incompetente».
«La prescrizione è inoltre interrotta da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore e dall'atto notificato con il quale una parte, in presenza di compromesso o clausola compromissoria, dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri».
La decisione
Con la sentenza della Cassazione sezione III, 15 giugno 2020, numero 11581, gli ermellini accoglievano il ricorso. A detta dei giudici, infatti, aveva errato la Corte d'appello a non considerare la proposizione dell'accertamento tecnico preventivo come atto interruttivo della prescrizione.
Secondo la Corte d'appello, questo procedimento sarebbe stato unicamente utile alla raccolta delle prove indifferibili, utili poi in un successivo istaurando giudizio di cognizione.
La Cassazione sottolineava, però, come l'introduzione del successivo articolo 696 bis del Codice di procedura civile e alcuni arresti giurisprudenzial i avessero mutato l'ambito dell'Atp.
L’orientamento giurisprudenziale
Secondo la giurisprudenza infatti (in particolare le sentenze Corte Costituzionale, 10 febbraio 1997, numero 46 e Corte Costituzionale, 13 ottobre 1999, numero 388) l'accertamento può «comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all'oggetto della verifica».
Conseguentemente la proposizione di questo ricorso deve essere considerata una valida interruzione della prescrizione del diritto al risarcimento della parte che lo invoca. La sentenza, quindi, accoglieva il ricorso dei condomini e cassava la sentenza impugnata, rinviando per un nuovo giudizio ad un'altra sezione della Corte d'appello competente.