L’amministratore di condominio può rispondere di omissione di soccorso dell’operaio infortunato
In quanto committente, se si trova sul luogo dell’incidente o ha modo di constatare le lesioni che si è provocato e non lo soccorre, è penalmente perseguibile
Il committente dei lavori edili è tenuto a soccorrere l’operaio che si è infortunato in cantiere. In caso contrario, deve rispondere del reato di omissione di soccorso (articolo 593, Codice penale). È così che la Cassazione, con una sentenza inedita, non limita la responsabilità dolosa alla ditta ma la estende anche al committente, in materia condominiale l’amministratore, che, eventualmente presente al momento dell’incidente, non si premura di portare in ospedale il muratore infortunato. L’importanza della pronuncia sta nel fatto che la responsabilità del committente si riteneva esclusa se l’evento dannoso non fosse causalmente collegato ad un’omissione colposa che potesse ritenersi direttamente imputabile alla sua sfera di controllo. Qui si precisa che l’aiuto va prestato sempre se l’infortunato, anche non suo dipendente, versa in gravi condizioni.
I fatti di causa
Mentre era impegnato a sostituire il manto di copertura di un fabbricato, posto a circa 2.9 metri di altezza, un operaio era caduto, attraverso una botola non adeguatamente segnalata, nel locale sottostante, riportando gravi lesioni. Pur constatando il precario stato di salute dell’infortunato, il committente aveva scelto di temporeggiare, attendendo l’arrivo dell’altro mandatario per oltre quaranta minuti, senza informare le autorità sanitarie né precipitarsi al pronto soccorso, ma limitandosi a caricare la vittima sul furgone della ditta.
La pronuncia del giudice d’appello
Confermando la condanna in primo grado per omissione di soccorso, la Corte d’appello sottolineava come le modalità dell’infortunio e il fatto che, al momento dell’arrivo del condannato, il dipendente fosse ancora a terra, appoggiato a un muro e attorniato dal resto della squadra, erano avvisaglie che avrebbero dovuto velocizzare la richiesta di un intervento da parte dei medici o di un trasporto tempestivo del lavoratore in una struttura ospedaliera vicina, senza troppi indugi.
Il verdetto della Cassazione
Una linea di pensiero sposata anche dalla Cassazione che, con una serie di ragioni, ha dichiarato inammissibile il ricorso del committente. Quest’ultimo nel ricorso, lamentava l’ingiustizia della sentenza che lo individuava come unico soggetto tenuto al soccorso (nonostante fossero presenti anche altre persone) e riconosceva l’elemento soggettivo doloso nei suoi confronti, omettendo di considerare che risponde dell’illecito in questione solo chi non voglia compiere un’azione, per lui doverosa.
Nella sentenza 47322/2022, i giudici di legittimità hanno spiegato come la presenza di altri soggetti, diversi dall’imputato, sul luogo del sinistro, non esonerasse in alcun modo da responsabilità il ricorrente. L’articolo 593 del Codice penale, infatti, non richiede una particolare qualità personale del soggetto attivo (pertanto, può essere chiunque) ma si limita a porre dei vincoli solo in relazione alla configurazione del reato (che si concretizza quando sussiste un contatto materiale, attraverso gli organi sensoriali, tra l’agente e il soggetto infortunato).
La natura del reato comporta che, in presenza di una persona in stato di presunto o accertato pericolo, l’obbligo di assistenza corrisponde all’adempimento, sul piano penalistico, dei doveri inderogabili di solidarietà sociale previsti dalla Costituzione, che incombono su tutti coloro che entrano in contatto con l’individuo bisognoso. Obbligo che, come già sottolineato in passato (Cassazione, 11148/1988), fa sì che l’omissione posta a carico di un soggetto non venga meno in caso di un possibile intervento da parte di terze persone.
Chi entra a contatto con l’infortunato, è tenuto a soccorrerlo
Pertanto, come soggetto entrato a contatto con la persona infortunata (anche se non in qualità di datore di lavoro), il condannato rispondeva del dolo generico, integrato dalla consapevolezza della necessità del soccorso e dell’omissione, poiché le modalità dell’incidente e le sofferenze dell’infortunato, percepite dall’imputato poco dopo la caduta, gli consentivano di rendersi conto della condizione di pericolo che gravava sulla sua integrità fisica. Situazione che imponeva, senza alcuna remora, un’assistenza immediata da parte degli operatori sanitari. Ragion per cui la Cassazione ha ritenuto adeguatamente motivata la sentenza d’appello, riconoscendo il dolo nella condotta del committente.