Condominio

L’errata ripartizione di spese è nulla o annullabile?

Dipende dal tipo di sbaglio commesso, tenuto conto che il legislatore propende per limitare molto i casi di nullità a beneficio della stabilità delle decisioni

di Luigi Salciarini

I principi giuridici applicabili all’ipotesi dell’errata ripartizione di spesa adottata dall’assemblea condominiale sono sdrucciolevoli e facilmente si può cadere. La ragione di tale particolare situazione risiede nel fatto che se, da una parte, si riscontra (paradossalmente) una giurisprudenza ampiamente conforme sull’argomento, dall’altra, le affermazioni rilasciate dalle sentenze sono di carattere assai generale e, in quanto tali, difficilmente utilizzabili dal punto di vista pratico.

Si dà il fatto, tuttavia, che la ripartizione di spesa in condominio è un fenomeno che è soprattutto concreto e richiede, ogni volta, che i principi siano ben contestualizzati nella specifica situazione al fine di individuare se, caso per caso, l’eventuale vizio sia di grado lieve o severo. Il punto centrale della questione, infatti, è la qualificazione in termini di nullità (vizio grave) o annullabilità (vizio meno grave) di una ripartizione di spesa approvata dall’assemblea ed avente ad oggetto criteri derogatori rispetto al vincolante dettato della legge (di cui, soprattutto, all’articolo 1123 Codice civile).

La vicenda processuale

E proprio in una improvvisa scivolata è incappato il Tribunale di Roma con la recente sentenza 6212 del 18 aprile 2013 che, nel rigettare l’appello proposto nei confronti della pronuncia di primo grado del Giudice di pace, conferma la decisione di quest’ultimo reiterando quello che appare un chiaro fraintendimento dell’indirizzo giurisprudenziale ampiamente consolidato in materia.Evitando di parafrasare troppo pedissequamente la pronuncia romana, vale la pena di soffermarsi sinteticamente solo sui passaggi logici più rilevanti.

Può quindi dirsi che il Tribunale, nel giudicare dell’impugnazione proposta da un singolo condomino contro la deliberazione di approvazione dei rendiconti (ritenuti invalidi in quanto recanti alcune ripartizioni di spesa non conformi a legge) ha precisato ed affermato che:
- il singolo condomino contesta le illegittime ripartizioni riportate nei bilanci e, di conseguenza, l’invalidità della conseguente deliberazione di approvazione;
- i vizi dedotti dall’impugnante comportano la mera annullabilità e non la nullità della deliberazione impugnata;
- la qualificazione dell’invalidità in termini di annullabilità va fatta discendere dall’applicazione dei principi di diritto affermati dalla recente Cassazione Sezioni unite 14 aprile 2021 numero 9839 secondo cui sussiste un chiaro disfavore normativo per le figure di nullità (desumibile, tra l’altro, dal “nuovo” testo dell’articolo 1137 Codice civile);
- nel caso de quo, tuttavia, non si ravvisa nessuno dei casi di nullità previsti in detta sentenza, bensì di annullabilità che si verifica quando l’assemblea adotta una deliberazione nell’ambito delle proprie attribuzioni, ma esercita malamente il potere ad essa conferito, ovverosia quando adotta una deliberazione violando la legge, ma senza usurpare i poteri riconosciuti dall’ordinamento ad altri soggetti giuridici.

Quando la decisione è annullabile

In tali casi, la deliberazione «contraria alla legge» è semplicemente annullabile, secondo la regola generale posta dall’articolo 1137 Codice civile. Di conseguenza, l’impugnazione proposta dal singolo condomino è inammissibile in quanto proposta successivamente allo spirare del termine decadenziale di 30 giorni prescritto da detta ultima norma (vigente per i casi di annullabilità e non per quelli di nullità). Sembra tutto corretto (in astratto), ma in realtà non lo è (nel concreto). Infatti, a ben indagare in merito al “fatto” oggetto di giudizio (vale a dire, alla particolare ripartizione adottata dall’assemblea, e poi contestata dal singolo) risulta che, nello specifico, era stata approvata una ripartizione dei consumi idrici «in parti uguali» che configura un’ipotesi valida solo ed esclusivamente se adottata con i consensi unanimi di tutti i condòmini (da ultime tra le molti conformi, Cassazione 4 agosto 2017, numero 19651; Cassazione 18 marzo 2022, numero 3944; e Cassazione 16 febbraio 2001, numero 2301).

Se tale ripartizione (legittima, come visto, solo se contrattuale) viene adottata dall’assemblea con una delibera “a maggioranza” si configura certamente un eccesso di potere in quanto quest’ultima invade incontrovertibilmente l’ambito di competenza dei singoli (senza il consenso dei quali non si può ripartire nessuna spesa in quote paritarie).In conclusione, una cosa è l’affermazione in astratto del principio (delibera rientrante nell’ambito dei poteri dell’assemblea e/o errata applicazione “nel concreto” dei parametri di ripartizione previsti dalla legge), un’altra è comprendere quando si verifica tutto ciò; vale a dire, con quale particolare decisione di ripartizione l’assemblea rimane all’interno dei suoi poteri, e con quale altra invece ne fuoriesce.

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