L’ospitalità diffusa riporta in vita case sfitte e borghi dimenticati
Un’alleanza fra proprietari di casa, comuni, banche, istituzioni locali ed enti di promozione del territorio
Un’alleanza fra proprietari di casa, comuni, banche, istituzioni locali ed enti di promozione del territorio. Un metodo integrato per mettere a reddito gli immobili sfitti in località turistiche, grazie a un meccanismo di ristrutturazione e recupero dell’investimento attraverso i canoni ricavati da un sistema di albergo diffuso con affitti a rotazione.
La proposta
È la proposta di HalalTo, spin off dell’Università di Torino nato per agevolare azioni di sviluppo economico e che, fra le attività avviate, ha studiato un modello replicabile in centinaia di centri rurali italiani dove, pur a fronte di una potenziale domanda di accoglienza, non esiste un’offerta adeguata, sia per ciò che riguarda i numeri che lo standard dei servizi richiesti.
Alla base di ogni ragionamento ci sono i dati. Secondo le stime dell’ultimo report dell’Agenzia delle Entrate e del ministero delle Finanze del 2019 il numero di seconde case, nel nostro Paese, è pari a circa 5 milioni e mezzo di unità. Di queste, una percentuale cospicua, riguarda abitazioni non più abitate e chiuse da tempo (caratterizzate dai cosiddetti letti freddi): una situazione che deriva anche dalle condizioni non più attuali del patrimonio edilizio. «L’approccio da mettere in campo per creare valore deve essere olistico – spiega Paolo Biancone, economista, docente e fondatore di HalalTo –. Non basta l’azione di un singolo attore o la considerazione di un aspetto, slegato dagli altri. Se tutte le azioni saranno realizzate in modo integrato, le simulazioni ci dicono che grazie a un investimento medio di 35mila euro, coperti in toto da finanziamento bancario, gli immobili si ripagano in 10 anni con i canoni dell’affitto rotativo e moltiplicano fino a 2,19 volte il proprio valore di mercato».
Dalle proiezioni future alle esperienze già in essere. Sulla falsariga di quanto proposto a Torino, opera in provincia di Trento la società Benefit Communiy Building Solutions CBS, che da anni si occupa di tematiche riguardanti l’abitare, il welfare montano, il turismo e la sharing economy e che ha lanciato a inizio 2021 il progetto Ospitar. In 13 comuni del territorio (fra i più attivi, Baselga di Pinè), tutti marginali rispetto ai grandi flussi di visitatori, e grazie anche al ruolo di intermediazione del Comune, sono state riaperte alcune seconde case, sfitte o sottoutilizzate, per creare un circuito di turismo sensibile. Molti proprietari, in passato timorosi nel mettere a disposizione queste strutture per paura di incappare in una eccessiva burocrazia o di non saper gestire gli ospiti, hanno aderito al percorso di accompagnamento e formazione all’accoglienza.
I risultati
Lo scorso anno, nonostante la pandemia, il progetto ha fatto registrare più di 5mila presenze nelle quasi 60 strutture attivate per un impatto economico sui territori (oltre al prezzo dell’alloggio) di 230mila euro.
«Un traguardo che supera ogni aspettativa – commentano da CBS –. I visitatori hanno potuto scoprire territori meno conosciuti del Trentino. Nel 2022 cercheremo di aumentare il numero di comuni e proprietari inseriti nel nostro circuito e lavorare per la creazione di una rete che supporti progetti analoghi a livello nazionale».