Condominio

La Cassazione non può fare una nuova valutazione sul merito delle prove raccolte nei giudizi precedenti

Il suo compito è svolgere un sindacato legale sulla corretta applicazione delle norme processuali e sostanziali

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di Edoardo Valentino

Compito della Cassazione non è quello di statuire sulla ricostruzione dei fatti o sulla valutazione delle prove operata dal giudice d'appello la cui sentenza è stata impugnata: la Cassazione, come giudice di legittimità, ha il compito di verificare se il giudice d'appello abbia dato conto delle ragioni della sua decisione e se si sia mantenuto nei limiti della ragionevolezza e plausibilità nel provvedimento impugnato. Questo il principio espresso dalla Suprema corte con la sentenza numero 4842 del 23 febbraio 2021.

I fatti e le decisioni di merito
La vicenda di merito afferiva ad un contratto di appalto in un condominio.L'appaltatore aveva fatto ricorso per decreto ingiuntivo, lamentando il mancato pagamento da parte di una condomina.Il contratto sottoscritto, infatti, prevedeva sia dei lavori sulle parti comuni – che avrebbero dovuto essere pagati dal condominio – che su balconi privati, questi a carico dei singoli condomini.Si difendeva, con atto di citazione in opposizione, la condomina, che affermava di avere pagato tutti i lavori all'amministratore di condominio.Dal canto suo l'amministratore affermava di avere utilizzato le somme pervenute al fine di pagare l'appaltatore.

Il giudizio veniva deciso dal tribunale con l'accoglimento dell'atto di citazione in opposizione e il rigetto delle pretese di pagamento dell'appaltatore.Secondo il giudice, infatti, il creditore aveva accettato senza riserva il pagamento da parte dell'amministratore e conseguentemente l'obbligazione verso la condomina doveva ritenersi estinta.La società appaltatrice, quindi, appellava detta decisione per ottenere un riesame del merito della questione.

I riferimenti codicistici
In modo non dissimile dal primo giudice, tuttavia, la Corte d'appello rigettava la domanda dell'appaltatore, affermando come il pagamento ricevuto dall'amministratore avesse di fatto liberato la condomina dal debito verso la società che aveva effettuato i lavori.L'accettazione del pagamento da parte del creditore, poi, aveva concluso la vicenda.La base giuridica di tale ragionamento era l'articolo 1188 comma II del Codice civile nel quale si afferma che «Il pagamento fatto a chi non era legittimato a riceverlo libera il debitore, se il creditore lo ratifica o se ne ha approfittato».

Nel caso in oggetto, quindi, avere ricevuto il pagamento da parte dell'amministratore consentiva di affermare che il creditore si era comunque “approfittato” e aveva così ratificato il versamento stesso, con tacitazione delle sue pretese.La vicenda approdava quindi in Cassazione a seguito di ricorso dell'appaltatore.Con la sentenza in epigrafe, però, la Suprema corte rigettava il ricorso integralmente.Secondo gli ermellini, infatti, il ricorso era incentrato su circostanze e valutazioni di fatto non demandabili in sede di Cassazione.

Il ruolo della Suprema corte
Tale giudice, anche denominato “giudice di legittimità”, deve vigilare esclusivamente sulla corretta applicazione della norma da parte del giudice il cui provvedimento è stato impugnato, ma tale valutazione non può e non deve estendersi alle circostanze di fatto oggetto di causa.Il giudizio, infatti, è deciso nel merito dal primo giudice e dal suo appello, mentre l'eventuale ricorso in Cassazione non opera che un sindacato legale sulla corretta applicazione delle norme processuali e sostanziali che regolano il nostro processo civile.Alla luce di tale inammissibile ricorso, la Cassazione rigettava la domanda dell'appaltatore e confermava la sentenza pronunciata in appello.

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