Condominio

La differenza tra innovazione e uso delle parti comuni “a prova” di Cassazione

Distinzione fondamentale per l’assemblea, che deve usarla come bussola per capire il proprio limite decisionale

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di Rosario Dolce

Le innovazioni di cui all’articolo 1120 del Codice civile si differenziano profondamente dall’uso delle parti comuni di cui all’articolo 1102 del Codice civile e l’assemblea deve essere consapevole di questa distinzione per comprendere il proprio limite decisionale (articolo 1135 del Codice civile) e giustificarne l’esercizio in sede processuale. Questo, in estrema sintesi, è quanto è dato ricavare dalla lettura dell’ordinanza 36389/2022 che, – enunciando ben due principi di diritto - definisce un caso complicato che riguardava lo sfruttamento della copertura di un fabbricato condominiale da parte del proprietario dell’ultimo piano, che vi aveva ricavato un lastrico solare a uso esclusivo.

Il parere del giudice di merito

Il giudizio da cui conseguiva la lite giudiziaria discendeva, tuttavia, dall’impugnazione di una delibera dell’assemblea dei condòmini da parte del proprietario, nella misura in cui lamentava che l’adunanza dei partecipanti non poteva decidere di inibire tale attività. Nel giudizio di merito (davanti alla Corte d’appello di Genova), l’esito non era stato favorevole al condòmino in quanto la fattispecie era stata ricondotta nell’ambito delle innovazioni, per cui veniva riconosciuta come pienamente legittima la statuizione che ne vietava l’autorizzazione, alterandosi anche il quadro dell’onere probatorio previsto dall’articolo 2697 del Codice civile.

Il verdetto della Cassazione

Davanti alla Cassazione, tuttavia, l’esito del giudizio si è ribaltato, visto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata. Sono due, in particolare, gli enunciati di diritto riportati dal provvedimento in commento e su cui si dovrà confrontare il giudice del rinvio (e non solo). In particolare:

1) Per il primo, «le modificazioni per il miglior godimento della cosa comune (a differenza dalle innovazioni che vengono deliberate dall’assemblea nell’interesse di tutti i partecipanti ai sensi dell’articolo 1120 del Codice civile) possono essere apportate a proprie spese dal singolo condomino con i limiti indicati dall’articolo 1102 del Codice civile e non richiedono alcuna preventiva autorizzazione assembleare, salvo che tale autorizzazione non sia imposta da una convenzione contrattuale approvata dai condòmini nell’esercizio dell’autonomia privata, potendo altrimenti attribuirsi all’eventuale autorizzazione alle modifiche comunque richiesta o concessa dall’assemblea il valore di mero riconoscimento dell’inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condòmini rispetto all’utilizzo del bene comune che voglia farne il singolo partecipante»;

2) Per il secondo, «in tema di impugnazione della deliberazione dell’assemblea condominiale, l’onere di provare il vizio di contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, da cui deriva l’invalidità della stessa, grava sul condomino che la impugna. Ove, tuttavia, l’assemblea neghi a un condomino l’autorizzazione ad apportare modifiche alle parti comuni, così adottando un provvedimento non previsto dalla legge o dal regolamento, avuto riguardo alla posizione delle parti riguardo ai diritti oggetto del giudizio, spetta al condominio dimostrare il superamento dei limiti del pari uso, di cui all’articolo 1102 del Codice civile, che possa perciò giustificare la legittima espressione della volontà collettiva dei partecipanti a tutela delle esigenze conservative delle parti comuni».

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