Le inadempienze senza prova non annullano il diritto al compenso del pregresso amministratore
Il condominio deve fornire testimonianze inconfutabili delle inottemperanze che avrebbero causato il danno denunciato
Nel caso in cui il condominio non riesca a dimostrare alcuna inadempienza gestionale, deve essere riconosciuto il diritto del pregresso amministratore a esigere il compenso residuo per l’opera prestata. Lo ha precisato il Tribunale di Roma con la sentenza numero 6284 , pubblicata il 2 maggio 2023.
Sono tutt’altro che infrequenti le difficoltà che incontra il pregresso amministratore per recuperare i propri compensi. Conseguito il titolo esecutivo nei confronti dell’ente condominiale, l’uscente valuterà se agire direttamente contro il condominio o, invece, contro i singoli condòmini morosi tramite azioni individuali. La sottoscrizione del verbale di consegna da parte del subentrante è inidonea a dimostrare il credito. L’entrante sottoscrive questo verbale contenente il credito vantato dall’uscente riservandosi ogni verifica. Il precedente amministratore deve essere in possesso di tutti i documenti comprovanti il credito vantato. Se da un lato il verbale di consegna non dimostra il credito, dall’altro costituisce prova idonea per dimostrare l’operato dell’uscente e pertanto il diritto al compenso maturato. Questo verbale contiene l’indicazione dei documenti consegnati al subentrante e comprova che l’amministratore ha effettivamente svolto l’incarico gestorio.
Il caso
La pregressa società amministratrice di un condominio agiva contro quest’ultimo con ricorso monitorio per il recupero di compensi professionali relativi all’attività espletata in suo favore durante la vigenza del mandato. Avverso il decreto ingiuntivo il condominio spiegava opposizione deducendo molteplici inadempienze dell’amministratrice le quali, ove riscontrate, avrebbero caducato ogni pretesa economica.Il sodalizio ingiungente rappresentava dinanzi al tribunale capitolino di aver gestito il condominio dalla nomina al subentro di altro amministratore.
Precisava che il compenso convenuto era dettagliato nell’offerta di gestione acclusa alla delibera di nomina ed espressamente accettata dall’assemblea. Il pagamento dei compensi pattuiti si interrompeva per mancanza di fondi e, segnatamente, a causa della considerevole morosità derivante dalle precedenti gestioni. Rammentava, poi, di aver rassegnato le dimissioni e, all’atto del passaggio di consegna, emesso fatture per la residua attività espletata e non pagata.
Il condominio si opponeva snocciolando una sequela di inadempienze e spiegando anche domanda riconvenzionale risarcitoria per mala gestio. Si doleva del fatto che la pregressa società amministratrice:
a) aveva omesso di redigere i bilanci per cinque esercizi finanziari;
b) aveva ignorato le richieste di convocazione di alcuni condòmini;
c) aveva adunato l’assemblea ordinaria con inspiegabile e ingiustificato ritardo;
d) non aveva fatto approvare un consuntivo a causa di erronee attribuzioni di saldi pregressi a nuovi acquirenti;
e) aveva omesso di far approvare due rendiconti e un bilancio preventivo per l’errata attribuzione dei saldi dei consuntivi;
f) aveva mal gestito problemi condominiali e reso irregolarmente alcuni servizi prestati da fornitori;
g) si era dimessa lasciando passività esponenziali e numerose questioni irrisolte.
L’opposta censurava la ricostruzione fattuale fornita dal condominio soggiungendo di aver ereditato precedenti gestioni cariche di morosità a causa della cronica carenza di risorse. Chiariva di avere redatto i bilanci di tutte le annualità mentre i rilievi rivolti al consuntivo riguardavano gestione antecedente al suo ingresso. Ribadiva di aver diligentemente espletato l’ufficio gestorio nonostante le difficoltà riconducibili alle pregresse gestioni. Rimarcava, infine, di aver maturato il diritto al compenso sulla base del mandato che gli era stato conferito.
Fatture conformi e assenza di contestazioni sulla durata del mandato
Il giudice capitolino ha ritenuto infondata l’opposizione e l’ha rigettata in uno alla riconvenzionale. È risultato incontestato che l’ex amministratrice era stata designata con delibera assembleare mediante la quale veniva approvato anche il preventivo dei compensi gestionali. Così come è risultato pacifico che l’ufficio gestorio della opposta si sia protratto fino al subentro del nuovo amministratore.Ha ricordato che gli ermellini hanno chiarito, al riguardo, che il professionista è onerato di dimostrare il conferimento del mandato e l’entità delle prestazioni (Cassazione, 2836/2002). Il diritto al compenso per l’opera prestata deriva dalla natura onerosa del mandato con rappresentanza ed è asseverato dal verbale di consegna sottoscritto dall’amministratore subentrante (che concorre a dimostrare l’attività espletata dall’uscente).
Nel caso di specie, ha rilevato il decidente, non sono emerse contestazioni sulla durata del mandato, né sulle fatture relative al periodo cui si riferivano. Anche il carattere oneroso dell’incarico e l’ammontare del corrispettivo pattuito non sono stati oggetto di critica. L’opposta, dal suo canto, ha dimostrato di aver espletato il mandato sulla base di carteggi mentre l’opponente ha sostenuto che nessun credito le spetta in quanto ha malgestito lo stabile. Le fatture relative al compenso residuo maturato sono risultate conformi agli importi preventivati e accettati dall’assemblea all’atto della nomina. Inoltre, si è osservato che i condòmini, all’atto delle dimissioni dell’amministratrice, non hanno mosso alcuna contestazione sull’operato svolto. I medesimi hanno iniziato a paventare ipotesi di mala gestio solo in seguito al radicamento del procedimento ingiuntivo.
Nessuna irregolarità gestionale
A fronte dei documenti depositati dalla opposta, il condominio non ha dimostrato alcuna irregolarità gestionale per cui tutte le censure tese a contestare il diritto a esigere il compenso per l’opera prestata non integrano alcun inadempimento. L’omessa stesura dei bilanci è stata smentita dai documenti prodotti anche dal condominio. Il rendiconto di due anni è stato approvato con delibera assembleare mentre i bilanci di tre anni sono stati forniti all’assemblea dall’odierna opposta per la loro approvazione (tuttavia, fu l’assemblea a non approvarli) e constano di una corposa ricostruzione patrimoniale stante le criticità derivanti dalla mastodontica morosità sedimentata nelle precedenti gestioni.
In reazione alle dedotte inadempienze, il decidente ha rilevato che:
a) l’irregolarità con il fornitore per l’appalto della disinfestazione dei locali comuni (assenza dei requisiti tecno-professionali e abilitazioni) non integra un inadempimento dell’opposta perché il relativo contratto si era perfezionato sotto la precedente amministrazione;
b) la sanzione municipale irrogata per il mancato rispetto delle norme di sicurezza dei cantieri non è imputabile a negligenza dell’amministratrice in quanto il controllo dell’osservanza spettava all’impresa esecutrice e al direttore dei lavori;
c) le problematiche delle infiltrazioni di acqua meteorica in due appartamenti erano state discusse nelle assemblee che si erano tenute durante il mandato della opposta (rimaste, tuttavia, irrisolte a causa delle mancate decisioni dell’assemblea sicché il giudizio avviato dai condòmini danneggiati non può essere addebitato alla opposta; ciò anche perché il condominio risponde in base all’articolo 2051del Codice civile).
Il verdetto del Tribunale
In ordine alla riconvenzionale azionata per conseguire il risarcimento del danno derivante dalla cattiva gestione, nessun inadempimento è ascrivibile alla pregressa amministratrice tanto più che è assente la prova del danno che il condominio ha dedotto di aver subìto. Dunque, il giudice ha rigettato l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo opposto.
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di Carlo Pikler - Centro studi privacy and legal advice