Non è reato non eseguire i lavori prescritti nell'ordinanza sindacale emessa a tutela di interessi privati
Se il rischio che deriva dalla mancata esecuzione delle opere non riguarda la collettività, la condotta omissiva posta in essere non costituisce reato
Il Tribunale di Messina, con la sentenza depositata in data 11 gennaio 2022, aveva affermato la sussistenza della responsabilità penale di un soggetto che non aveva ottemperato all’ordinanza sindacale numero 203 del 24 luglio 2017, notificata il successivo 13 settembre, con la quale gli veniva intimata l’immediata messa in sicurezza dell’immobile di sua proprietà, condannandolo, contestualmente, al versamento, a titolo di ammenda, di una somma pari ad euro 206,00.
Per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso l'imputato, lamentando la violazione dell'articolo 650 del Codice penale e fondando la propria difesa sull'assunto per il quale vi fosse un'evidente contraddizione (della motivazione) tra il contenuto dell'ordinanza sindacale, che gli imponeva la realizzazione di una serie di opere finalizzate all'eliminazione di potenziali rischi per l'integrità della sola proprietà confinante, e la ben più ampia finalità sottesa alla norma codicistica asseritamente violata, individuabile nella tutela della pubblica incolumità.Ad avviso del ricorrente, dunque, il provvedimento amministrativo del quale la pubblica accusa aveva lamentato l'inosservanza da parte dell'imputato, sarebbe stato illegittimamente assunto, in quanto tendente alla salvaguardia, non di prevalenti interessi della collettività, quanto, piuttosto, della privata incolumità dei soggetti confinanti.
La pronuncia della Suprema corte
La Cassazione, con la sentenza numero 17032 del 21 aprile 2023 , in accoglimento delle censure sollevate dal ricorrente, ha annullato senza rinvio la pronuncia del Tribunale peloritano perché il fatto non sussiste. Osserva, al riguardo, la Suprema corte che, ai fini della configurabilità della contravvenzione di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, è necessario che il provvedimento (presuntivamente) violato sia stato emesso nell’interesse della collettività, con la conseguenza che la fattispecie di reato prevista e punita dall’articolo 650 del Codice penale non può ritenersi sussistente nel caso di mancata esecuzione di un'ordinanza amministrativa (nella specie, del Sindaco), adottata esclusivamente nell’interesse di privati cittadini (Cassazione, numero 46004/2014).
Nel caso di specie, poteva evincersi, dalla semplice lettura dell'ordinanza contestata, come quest'ultima fosse stata effettivamente adottata con lo scopo esclusivo di proteggere il terreno di proprietà del soggetto confinante col ricorrente, dalle infiltrazioni (pur abbondanti) provenienti dall'immobile appartenente all'imputato.Per effetto di un cattivo stato di conservazione della proprietà di parte istante, infatti, il costante fenomeno dello stillicidio provocava diverse lesioni ai muri di contenimento, alla pavimentazione esterna ed a pareti interne del fondo finitimo, che rappresentavano, altresì, una potenziale fonte di pericolo per l'incolumità dei vicini, che, però, restavano pur sempre privati cittadini.
Le ragioni della mancata punibilità
Le considerazioni giuridiche svolte dalla Cassazione sono pacificamente condivise dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.L'articolo 650 del Codice penale, ad avviso dell'orientamento consolidato, trova applicazione (solo) ogni volta che qualcuno non rispetti un ordine imposto dalle autorità per esigenze di giustizia, ordine pubblico, sicurezza o igiene.
Si tratta di un reato proprio, nel senso che solamente il destinatario del provvedimento può incorrere nella contravvenzione, ed il bene giuridico tutelato può essere individuato, esclusivamente, nella tutela dell'ordine pubblico e della tranquillità pubblica, con l'esclusione, altrettanto certa, dell'interesse dei singoli, tanto che la responsabilità penale è addirittura esclusa quando l'ordine disatteso abbia come oggetto proprio un interesse di natura privatistica.
Sulla base di tali considerazioni, quindi, la Cassazione ha accolto il ricorso senza rinvio, scrivendo definitivamente la parola fine ad una vicenda che, mancando il presupposto del pubblico interesse (ipoteticamente) violato, non poteva impegnare ulteriormente gli organi preposti all'amministrazione della giustizia.