Condominio

Opponibile il regolamento contrattuale che limita la destinazione dell’appartamento al conduttore

Per terzi acquirenti o possessori successivi valgono le norme proprie della servitù e occorre indicare, nella nota di trascrizione, le specifiche clausole limitative

immagine non disponibile

di Rosario Dolce

Il Tribunale di Roma, con la sentenza 12654/2022 , analizza il caso della violazione di un regolamento di natura contrattuale in tema di vincolo alla destinazione degli immobili per uso diverso da quello abitativo, e, in quanto tale, ne valuta l'opponibilità interna ed esterna, cioè estesa anche ai conduttori.

L'autonomia privata

In materia di condominio negli edifici, com'è noto, l'autonomia privata dei singoli condòmini (ex articolo 1321 Codice civile) consente loro di stipulare convenzioni, oltre che definire, in sede opportuna, un regolamento di condominio a norma dell'articolo 1138 Codice civile. Con riferimento alle convenzioni, che constano di un vero e proprio potere negoziale, possono limitare il diritto dominicale di tutti o alcuni dei condòmini sulle parti di loro esclusiva proprietà, nell'interesse di tutto il condominio o di una sua parte. E sono in grado di vietare, in particolare, a tutti o ad alcuni, di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, obbligandoli a preservarne le originarie destinazioni per l'utilità generale dell'intero edificio o di una sua parte (Cassazione civile, 10335/1998).

La tecnica delle clausole

Le c lausole limitative e i divieti di esercizio delle facoltà d'uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva possono essere formulati nel regolamento sia mediante l’elencazione delle attività vietate - al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell'elenco - sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare - in questo caso, è necessario accertare l’idoneità della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti da evitare - (vedi Cassazione civile, 20237/2009). In ogni caso, poi, i divieti e i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condòmini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo a incertezze giudiziarie e/o ermeneutiche.

L'interpretazione della norma

A tal fine, è stato riferito che l'individuazione della norma dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone questi limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l'ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti (Cassazione civile 20 ottobre 2016, n. 21307).

Il peso reale

Per quanto riguarda, invece, l'esatta qualificazione giuridica di una simile clausola, il dibattito giurisprudenziale sembra prediligere la tesi per la quale clausole del genere vadano ricondotte alla categoria delle servitù atipiche e non delle obbligazioni propter rem, in quanto il loro contenuto impone limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, pur incidendo, non tanto sull'estensione, ma quanto sull'esercizio del diritto di ciascun condomino. Tuttavia, per l’opponibilità delle servitù reciproche costituite dal regolamento contrattuale, non è sufficiente indicare nella nota di trascrizione il regolamento medesimo, ma, ai sensi degli articoli 2659, primo comma e 2665 del Codice civile, occorre indicarne le specifiche clausole limitative (Cassazione civile con rinvio, Corte appello Ancona, 13 ottobre 2007).

L'opponibilità interna e a terzi

Le clausole regolamentari limitative dei poteri e delle facoltà spettanti ai condòmini sulle parti di loro esclusiva proprietà, enunciate in modo chiaro ed esplicito, pertanto, «sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che – seppure non inserito materialmente – deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto» (Cassazione civile, 21024/2016). In questi termini, è stato riferito parimenti in giurisprudenza che difettando il presupposto dell'agere necesse nel soddisfacimento d'un corrispondente interesse creditorio, l'opponibilità di questi limiti ai terzi acquirenti/possessori (successivi) vada regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, a norma degli articoli 2659, comma primo e 2665 Codice civile, non essendo invece sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©