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Proposte sulla riqualificazione energetica

Ecco la ricetta suggerita dal professor Dall’O’ del Politecnico di Milano

La riqualificazione energetica degli edifici va fatta perché ridurre i consumi delle fonti energetiche che si usano per raffrescare e riscaldare la casa, che porta un risparmio economico, una minor dipendenza dalle fonti energetiche fossili e un beneficio per la salvaguardia dell'ambiente, è improcrastinabile. Lo scrive il professor Giuliano Dall'O', coordinatore di MCE Lab e ordinario di Fisica tecnica Ambientale presso il Dipartimento ABC (Architecture, Built environment and Construction engineering) del Politecnico di Milano. Gli edifici sono al centro di entrambi - precisa - perché sono uno dei principali responsabili del potenziale di riscaldamento globale (Global Potential Warming - GWP), in quanto utilizzano il 40% dell'energia dell'Ue e producono il 36% delle emissioni di gas serra, perché rappresentano il 50% dell’estrazione di materie prime, il 40% del consumo energetico, il 36% delle emissioni di CO2 e il 21% del consumo di acqua.

A ciò si aggiunga che è in fase di discussione la direttiva europea «Energy Performance of Building Directive» che prevede che la classe minima per gli edifici residenziali sia almeno la E nel 2030 e la D nel 2033. L'aspetto basilare è come permettere questo processo in modo sostenibile anche dal punto di vista finanziario.Il primo passo è già stato fatto: ridurre le percentuali di incentivo al di sotto del costo dell'intervento, perché l'idea che un intervento non abbia costi ha portato al fenomeno del rigonfiamento dei prezzi fuori dai parametri di mercato e il conseguente aumento di tutti i costi; anche dei rimborsi fiscali e quindi del mancato gettito erariale.Atteso il fatto - scrive Dall'O’- che non ci sono più soggetti capienti in grado di acquisire i crediti d'imposta, gli stessi potranno essere usufruiti dai singoli proprietari degli immobili oggetto degli interventi di riqualificazione; al che si aprono 2 questioni:
•la necessità di avere le disponibilità finanziarie per pagare i lavori nel periodo della loro esecuzione
•la capienza fiscale dei singoli proprietari.

I mutui verdi

Esistono o possono essere create abbastanza facilmente delle soluzioni tecniche a entrambi i problemi.Rispetto al primo punto, essendo il rimborso del credito certo, in quanto garantito dallo Stato che lo scalerà direttamente dalle imposte che i contribuenti non pagheranno, sarebbe sufficiente che il Governo emanasse una norma che preveda finanziamenti a tasso agevolato basso ( «Mutui verdi») ai proprietari che non possiedono i fondi necessari per il pagamento delle opere. Il piccolo onere finanziario verrebbe recuperato agevolmente dai proprietari con i risparmi ottenuti dalla riduzione dei consumi di energia elettrica e gas una volta effettuati i lavori di riqualificazione (la riduzione dei consumi passando dalla classe G alla E è del 26% e del 43% per il passaggio dalla E alla D).

I mutui verdi potrebbero essere integrati nei normali mutui di compravendita se l'acquirente si impegna a riqualificare l'immobile contestualmente all'acquisto portandolo almeno alla classe E o facendogli guadagnare altre 2 classi se lo fosse già. La banca potrebbe quindi incrementare il mutuo base con una componente “green” permettendo di riqualificare energicamente la casa in fase di compravendita. Il valore della casa aumenta fin dall'inizio e questo è un vantaggio per la nuova proprietà e per la banca. Ad ulteriore aiuto delle fasce meno abbienti il Governo potrebbe anche prevedere tariffe agevolate per l'energia elettrica e il gas per il solo periodo di recupero dei costi sostenuti attraverso la detrazione dalle proprie imposte e quindi solo per chi decide di fare gli interventi di riqualificazione.

Prolungare i benefici del rimborso

Rispetto al secondo punto si tratta di identificare un meccanismo tecnico che permetta di allungare il rimborso in modo proporzionale alla capienza di imposte che il soggetto deve versare.Potrebbe esserci un problema complessivo di natura finanziaria, cioè che come adesso, si riscontri che il totale degli incentivi (che sono “sconti dalle imposte” che i cittadini devono versare allo Stato) non sia finanziariamente sostenibile, ma anche in questo caso ci sono 2 soluzioni attuabili.La prima nasce dalla considerazione, anche in funzione della necessità di ridurre i consumi, che l'operazione possa essere considerata continuativa per un certo numero di anni, ponendo quindi un tetto complessivo agli importi delle opere realizzabili per ogni anno, ottenendo così una dilazione negli anni dei lavori e dei relativi costi/incentivi/mancati introiti delle imposte.

Questa soluzione avrebbe anche il grande vantaggio di non costringere le imprese ad assunzioni temporanee e a poter programmare le attività in un arco di anni che permetta di avere una visione imprenditoriale più gestibile.La seconda soluzione è di differenziare la percentuale di incentivi in funzione dei redditi dei proprietari (questa soluzione è finanziariamente logica, ma ha anche un aspetto di politica finanziaria; però la potremmo accennare specificandolo e non entrando nel merito della differenziazione delle percentuali di incentivi e dei relativi redditi commisurati).