Risarcimento da inadempimento contrattuale se l'amministratore danneggia il condominio
I rapporti che intercorrono sono regolati dal mandato ed il danno prodotto deve essere comprovato
Il rapporto fra il condominio ed il suo amministratore rientra nel contratto di mandato per cui se l'ente agisce per inadempimento dell'incarico conferito, l'azione sarà intesa come un'azione di risarcimento danni da inadempimento contrattuale con ogni conseguenza sull'onere delle prove. Lo puntualizza la Corte di appello di Palermo con sentenza 2099 del 29 dicembre 2021.
La vicenda
Accende la lite un condominio chiedendo la condanna dell'amministratore al pagamento di danni da cattiva amministrazione. Questi, in riconvenzionale, chiede indietro i soldi indebitamente versati a ristoro di un danno poi rivelatosi insussistente oltre al compenso per la gestione di lavori di rifacimento dei prospetti dell'edificio. Il Tribunale, espletata la Ctu, ammette il credito del condominio, pur riducendone l'importo, e quello dell'amministratore. Il condominio, quindi, formula appello per avere gli importi non riconosciuti ma la Corte aggiusta il tiro. Il rapporto fra il condominio ed il suo amministratore, premette, va ricondotto nell'alveo del mandato.
L'azione promossa dall'ente nei confronti del gestore di cui vuole far valere la responsabilità da cattiva gestione si configura, dunque, come risarcimento da inadempimento contrattuale. Ecco che la responsabilità risarcitoria dell'amministratore non scatterà per il solo fatto dell'inesatto adempimento del mandato, dovendosi verificare anche se il danno preteso sussista e sia riconducibile alla condotta inadempiente. Praticamente, andrà provato che, se avesse tenuto il comportamento dovuto, il danno non si sarebbe verificato.
Il danno prodotto al condominio
Nel caso in esame, era pacifico che l'amministratore – incaricando un legale di agire nei confronti di un soggetto non proprietario di immobili appartenenti allo stabile condominiale – aveva causato un errore che il condominio aveva scontato sborsando le spese di lite dell'opposizione scaturita. Costi che costituivano un danno ristorabile, a nulla rilevando che all'epoca non esistesse ancora l'anagrafe condominiale o che l'avvocato si sarebbe potuto accorgere dell'errore. Del resto, l'amministratore deve eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia cioè con la prudenza ed attenzione che è lecito attendersi dal professionista mediamente avveduto ed accorto, consapevole dell'importanza dei propri impegni, delle ripercussioni degli atti giuridici che compie e soprattutto delle responsabilità che assume.
L'amministratore, allora, prima di agire in rappresentanza del condominio, avrebbe dovuto accertarsi che il destinatario della sua iniziativa giudiziale fosse realmente proprietario di un immobile ricadente nello stabile. Vaglio indispensabile, peraltro, anche per altri adempimenti (riscossione delle quote, convocazione assemblee). Quanto alla decisione del Tribunale di accogliere la domanda riconvenzionale tesa alla ripetizione dell'indebito, si tratta di un'azione per la quale spetta all'attore fornire la prova dell'avvenuto pagamento e della mancanza di causa. Nella vicenda, però, mancavano elementi probatori tali da far ritenere il pagamento privo di causa. Queste, ed altre ragioni, inducono la Corte di appello di Palermo a rigettare l'appello incidentale ed accogliere parzialmente quello del condominio, bocciando la riconvenzionale di ripetizione delle somme non dovute.