Risarcimento al locatore per recesso anticipato ingiustificato anche se non affitta subito l’alloggio
Il proprietario ha il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se l'inquilino avesse rispettato le obbligazioni
Va riconosciuto al proprietario non inadempiente il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se l'inquilino avesse rispettato le obbligazioni o quanto avrebbe potuto ricavarne, con l'uso dell'ordinaria diligenza, nel lasso di tempo compreso tra la risoluzione prematura ed il termine pattuito. Ove il conduttore sia inadempiente, infatti, il diritto al risarcimento del danno conseguente al rilascio è costituito dalla perdita dei canoni futuri fino alla scadenza del rapporto.
Del resto, è vero che con la riconsegna il locatore recupera la disponibilità del bene e la possibilità di fruirne direttamente o locarlo a terzi, ma ciò non elimina il danno da alterazione dell'assetto degli interessi concordato ossia l'aver accettato di privarsene dietro corrispettivo di un canone fino alla scadenza locativa. Lo precisa la Corte di appello di Genova con sentenza numero 451 del 29 aprile 2021.
La vicenda
Protagonisti, una Cassa proprietaria di un immobile e la Srl unipersonale che l'aveva locato ad uso non abitativo per sei anni a canone differenziato e crescente. L'inquilina, però, ad un anno dalla firma, comunica l'intenzione di voler recedere dal contratto per gravi motivi descritti come crisi economica generale, calo di fatturato e riorganizzazione aziendale. La Cassa la invita a fornire ulteriori elementi per valutare la gravità delle ragioni e – risolte diverse questioni – accetta la riconsegna. Tuttavia, a conti fatti, emergeva una morosità di circa 167 mila euro a titolo di canoni, oneri accessori, spese di registrazione e rimborso spese per lavori edili. Ingiunto il pagamento dell'importo, pagato solo in parte, la Cassa chiede la risoluzione per inadempimento della conduttrice e il saldo del debito.
La legittimità o meno del recesso
Il Tribunale accoglie la domanda ma l'unipersonale formula appello. Mancava, contesta, la prova dei danni subìti dalla Cassa e comunque il recesso era legittimo vista la sussistenza di rilevanti motivi: situazione economica negativa, perdita di clientela per un decimo del fatturato, cassa integrazione per il personale e messa in solidarietà annuale. A suo avviso, poi, il giudice aveva conteggiato erroneamente i bilanci e mal valutato un'operazione di leasing successiva al comunicato recesso. Circa i danni, accusa il Tribunale di aver ignorato l'orientamento che prevede la non automatica consequenzialità tra la risoluzione della locazione per inadempimento del conduttore e l'esistenza di un danno risarcibile, essendo, al contrario, necessaria la prova del nesso a carico di chi si attiva per le determinazioni assunte sull'utilizzo dell'immobile. In altri termini, secondo la Srl, la Cassa non aveva provato di aver tentato di locare il bene appena dopo il rilascio e la dimostrazione del lucro cessante non poteva spettare ad essa. Appello bocciato.
I fatti sopraggiunti
I gravi motivi che legittimano il recesso anticipato, ricorda il Collegio richiamando la pronuncia di Cassazione 5803/2019, vanno intesi come fatti estranei alla volontà dell'inquilino, imprevedibili, sopravvenuti e tali da rendergli eccessivamente impegnativa la prosecuzione del rapporto. Ebbene, nella vicenda, la Srl – nella comunicazione di recesso – legava il dissesto ad eventi antecedenti alla stipula del contratto di locazione. Circostanze che, allora, non potevano integrare i gravi motivi. Solamente il “nodo” cassa integrazione era successivo ma il breve intervallo temporale intercorso tra la firma della locazione e la misura non consentiva di ritenerlo imprevedibile. E mancando i bilanci precedenti, non poteva accertarsi se il calo fosse stato in linea con l'andamento degli esercizi passati. Diversi fattori, dunque, inducono la Corte di appello di Genova ad escludere – abbracciando la soluzione già adottata dal Tribunale – l'esistenza di gravi motivi legittimanti il recesso anticipato.
Il risarcimento al locatore
Circa i danni, la tesi prevalente riconosce al locatore non inadempiente il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se le obbligazioni di controparte fossero state assolte, detratto l'utile ricavato, o quanto con l'ordinaria diligenza avrebbe potuto ricavare nel periodo tra la risoluzione ed il termine convenzionale. Ancora, per la Cassazione il diritto al risarcimento del danno da rilascio, in caso d'inadempimento del conduttore, corrisponde alla perdita dei canoni futuri fino alla scadenza pattuita del contratto.
D'altronde, con il rilascio il proprietario recupera la disponibilità della cosa e la possibilità di fruirne, direttamente o locandola, ma non elide il danno da alterazione dell'assetto di interessi concordato: accettare di privarsene dietro canone mensile che il conduttore si impegna a versare fino alla scadenza del contratto. Era, dunque, irrilevante che la Cassa non avesse fatto visionare l'immobile a terzi dopo la comunicazione del recesso così come era ininfluente che l'avesse successivamente locato. C'erano, invece, prove di una sua condotta attiva e non negligente. Questa, la logica per cui la Corte di appello di Genova respinge integralmente l'impugnazione.