Condominio

Rumori, contro i Comuni class action dei condòmini

L’ultima pronuncia della Cassazione è destinata ad aprire nuovi scenari

di Luca Bridi e Annarita D’Ambrosio

I Comuni per inerzia temono reazioni a catena dopo la sentenza della Cassazione 14209/2023 del 23 maggio scorso relativa a un’azione intentata da privati. Ma i principi enunciati dalla Suprema corte sull’obbligo del Comune di Brescia di intervenire a tutela della salute dei residenti, che riflesso potrebbero avere sui tanti condomìni italiani vittime del caos da movida? Altri condòmini potrebbero proporre azioni comuni a tutela della salute?

I precedenti

Le pronunce di merito, se andiamo a spulciare tra le precedenti decisioni, sono quasi tutte scaturite da ricorsi di privati, non seguiti da altri proprietari in condominio, e la responsabilità del Comune è già emersa. A Como la pronuncia 312/2019 - nell’ambito di una lite intentata da una coppia che aveva l’abitazione in affaccio diretto su una piazza frequentata dai clienti di esercizi commerciali di somministrazione di alimenti e bevande - aveva avuto lo stesso esito del giudizio deciso dalla Suprema corte a fine maggio.

Esperita e depositata la Ctu, la coppia aveva chiesto che il Comune revocasse le numerose autorizzazioni per l’occupazione del suolo pubblico.

Si erano costituti in giudizio gli esercizi commerciali, chiedendo il rigetto della domanda e sostenendo che non fossero stati superati i limiti legali inerenti le immissioni moleste. Il Comune, dal canto suo, aveva ribadito le eccezioni preliminari svolte nel merito: difetto di giurisdizione del giudice ordinario, inammissibilità della domanda di accertamento dell’illegittimità dei provvedimenti autorizzatori e inammissibilità dell’azione ex articolo 844 del Codice civile per carenza dei presupposti.

Il Tribunale di Como, con l’ordinanza del 21 giugno 2018, aveva ritenuto il ricorso fondato e con precise ragioni: la posizione giuridica soggettiva di cui gli attori chiedevano tutela, sia in sede di merito sia in sede cautelare, doveva essere qualificata diritto soggettivo da identificarsi nel diritto alla salute (articolo 32 della Costituzione), diritto inviolabile e assoluto che non trova compressioni nell’esercizio del potere pubblico dell’amministrazione.

Successivamente, alla tutela della salute inoltre la Cassazione aveva dedicato anche l’ordinanza 21621/2021 che aveva ritenuto legittimo il risarcimento per immissioni rumorose anche senza che fosse predisposta una perizia o provato un danno biologico.

Malamovida nei grandi comuni

Le immissioni rumorose sono certamente più moleste nelle grandi città. Sintomatico l’esempio di Milano, protagonista un elegante condominio in una zona centrale, che sorge in un breve tratto di strada su cui insistono numerosi locali.

Con due sentenze gemelle, la 2021/2022 e la 2035/2022, il Tar Lombardia ha confermato i divieti imposti dal Comune agli esercizi commerciali e precisato che nessun danno si produceva all’attività di questi ultimi sottoposti alle prescrizioni per la tutela del diritto primario alla salute dei cittadini residenti.

A Torino un considerevole numero di soggetti aveva chiamato in causa il Comune per essere risarcito dei danni provocati dagli effetti del rumore e il Tribunale ha accolto la richiesta con sentenza 1261/2021.

E se il Consiglio comunale di Roma ha approvato la delibera 84/2019 che disciplina la gestione del rumore ambientale, a Napoli i cittadini riuniti in comitato, da anni, nei vicoli stretti del centro città chiedono interventi al Comune per il rumore prodotto dai bar. Due i giudizi pendenti che potrebbero giovarsi della pronuncia della Cassazione. Non è escluso, però, che la stessa sia la base per l’avvio di nuove azioni intentate da privati che vivono e risiedono all’interno dei condomìni.

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