Condominio

Se manca il depuratore il canone va rimborsato senza condozioni

I gestori del servizio idrico integrato provvedono anche in forma rateizzata, entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dal 10 ottobre 2009, alla restituzione della quota di tariffa non dovuta riferita all'esercizio del servizio di depurazione

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di Rosario Dolce

Nessuna condizione di procedibilità per ottenere il rimborso dei canoni di depurazione, se il servizio non venga erogato all'utente condominiale (anche se l'impianto è esitente). La Corte di Cassazione emette una sentenza storica, destinata a passare negli annali del diritto ( Sentenza Sez. 3 Num. 7947 del 20 aprile 2020, estensore, Anna Moscarini ).

La tariffa del servizio integrato idrico
La tariffa del servizio idrico integrato si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell'utente bensì nel contratto di utenza.

Conseguentemente è stato ritenuto irragionevole l'imposizione all'utente dell'obbligo del pagamento della quota, riferita al servizio di depurazione, anche in mancanza della controprestazione.

Le somme pagate dagli utenti in mancanza del servizio non potrebbero essere destinate, attraverso un apposito fondo vincolato, all'attuazione del piano d'ambito, comprendente anche la realizzazione dei depuratori.

La sentenza della Corte costituzionale
Tutto inizia con la con la sentenza n. 335 del 2008 della Corte Costituzionale, la quale aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1 Legge n. 36 del 1994, nel testo modificato dall'articolo 28 Legge n. 179 del 2002, nonché dell'articolo 155, comma 1 , del Decreto lrgislativo 3 aprile 2006 n. 152, nella parte in cui prevedevano che la quota del servizio idrico fosse dovuta dagli utenti “anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi”.

La declaratoria di illegittimità costituzionale era motivata sul rilievo che, nell'ipotesi suddetta, l'obbligo di pagamento della tariffa risultava non correlato ad alcuna controprestazione.

L'intervento del legislatore
Dopo la già menzionata sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008, si era posto un dubbio – mai risolto, prima d'ora – sul diritto alla restituzione delle somme versate a titolo di canone per depurazione, a fronte dell'articolo 8 sexies della legge 13 del 2009 (introdotto proprio per disciplinare le conseguenze della sentenza n. 335 del 2008 della Corte costituzionale).
L'articolo, in particolare, consta di due disposizioni. E segnatamente:
- al comma 1 stabilisce che, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, siano comunque dovuti dall'utente gli oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti “de quibus”, nonché quelli relativi ai connessi investimenti, e ciò a partire dall'avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle suddette opere;
- al comma 2, prevede che i gestori del servizio idrico integrato provvedano, a decorrere dal 1° ottobre 2009, ed entro il termine massimo di cinque anni, alla restituzione - anche rateale - della quota di tariffa non dovuta riferita all'esercizio del servizio dì depurazione, fatta salva la deduzione degli oneri derivati dalle attività di progettazione, di realizzazione o di completamento già avviate.

L'interpretazione
Secondo i giudici di legittimità, rispetto il tenore delle due disposizioni, occorre offrire una nuova interpretazione (“ex professo”, così è riportato in sentenza) coordinata, conforme a Costituzione, che, in quanto tale, porta ad escludere - per le ragioni di cui si dirà appena di seguito - che il decorso del quinquennio, a far data dal 1° ottobre 2009, si ponga come condizione di procedibilità della domanda restitutoria (i precedenti richiamati, sono: Cass. Sez. 3, sent. n. 9323 del 2019, cit.; Cass. Sez. 3, sent. n. 8334 del 2017, cit. Cass. Sez. 3, sent. n. 19887 del 2015, cit.) .

Restituzione dei canoni
Tanto premesso, per i giudici di legittimità deve escludersi la possibilità di interpretare come introduzione di una condizione di procedibilità della domanda restitutoria la previsione (di cui al comma 2 dell'art. 8-sexies del d.l. n. 208 del 2008, convertito in I. n. 13 del 2009) secondo cui i “gestori del servizio idrico integrato provvedono anche in forma rateizzata, entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dal 10 ottobre 2009, alla restituzione della quota di tariffa non dovuta riferita all'esercizio del servizio di depurazione”.

La norma va piuttosto interpretata nel senso che i gestori possono dilazionare fino a cinque anni la restituzione, non solo erogando l'importo in forma rateale, ma eventualmente - come è tipico dei contratti di fornitura - “sub specie” di parziale compensazione con l'importo, comunque, dovuto per il complessivo servizio assicurato.

Onere probatorio
Per contro, ove tale riconosciuta possibilità di dilazione di pagamento tragga origine dalla necessità di dedurre, dal “quantum” del credito restitutorio spettante all'utente, gli oneri - a suo carico - derivanti dalle attività, peraltro già avviate, di progettazione, di realizzazione o di completamento dell'impianto (secondo la previsione di cui al precedente comma 1 del medesimo art. 8-sexies), si è al cospetto di un'evenienza che, rendendo illiquido tale credito, si pone alla stregua di un fatto impeditivo del diritto alla restituzione azionato dall'utente, fatto, ovviamente, la cui prova è a carico del convenuto, secondo la regola di cui all'art. 2697, comma 2, Codice civile.

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