Si può pagare in contanti la rata ma ci vuole attenzione a ricevuta e contabilità
Il rilascio della quietanza di pagamento non è un adempimento automatico dell'amministratore di condominio
In materia condominiale spetta all'amministratore riscuotere i contributi e far transitare le somme ricevute a qualsiasi titolo dai condòmini su uno specifico conto corrente intestato al condominio, così come previsto dagli articoli n. 1130 comma 3 e n. 1129 comma 7 del codice civile.
La mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale costituisce una grave irregolarità che, ai sensi dell'articolo 1129 comma 12 del codice civile, può comportare la revoca dell'incarico ad amministrare.
Trattasi di norme obbligatorie soltanto per l'amministratore e non per i condòmini, che in via generale non sono costretti ad utilizzare il conto corrente del condominio per il pagamento delle quote condominiali. Difatti, in condominio i pagamenti dei condòmini non vengono effettuati soltanto con mezzi tracciabili, tipo il bonifico o l'assegno, ma anche attraverso l'utilizzo del denaro contante, che viene consegnato all'amministratore o ai suoi incaricati.
Pagamenti in contanti: ammissibilità e prova documentale
È chiaro che, per l'amministratore, rifiutarsi di accettare il denaro liquido dei condòmini costituisca indubbiamente un'irregolarità, purché il pagamento in contanti avvenga nei limiti della vigente normativa ( Tribunale di Santa Maria Capua Vetere prima sezione civile – sentenza depositata il 28/05/2015 ).
A fronte dei limiti imposti dalla legge va detto che già nell'anno 2014 il ministero dell'Economia e delle Finanze, chiamato ad interpretare la norma sull'obbligo di apertura del conto corrente condominiale, con risposta n. 5-03617 all'interrogazione parlamentare posta nel question time, ha ritenuto ammissibile l'utilizzo del contante per il pagamento delle rate condominiali, sebbene entro il limite fissato dall'articolo 49 del Decreto Legislativo n. 231/2007, che prescrive il divieto di effettuare trasferimenti di denaro contante complessivamente pari o superiori a 1.000,00 euro. Tale limite è stato successivamente innalzato, sulla scorta dell'articolo 898 della legge n. 208 del 28/12/2015, che ha previsto la possibilità di usare il denaro contante per i pagamenti inferiori a 3.000,00 euro. Tuttora la soglia dei 3.000,00 euro è vigente, anche se dal prossimo 1 luglio 2020, con l'entrata in vigore del Decreto Fiscale n. 124 del 26/10/2019, sarà ridotta a 2.000,00 euro. Ma, al di là del valore dell'operazione, l'uso del contante è possibile in presenza di un'altra condizione essenziale disposta dall'art. 49 del Decreto Legislativo n. 231/2007 al punto 19, e cioè che il trasferimento di denaro contante è consentito solo dietro rilascio di “copia di documentazione idonea ad attestare la congruità dell'operazione”.
Ciò significa che anche in condominio, al fine di conservare traccia delle transazioni in contante, è necessaria una “prova documentale del pagamento chiara, inequivoca e idonea ad attestare la devoluzione del denaro contante”, secondo l'interpretazione fornita dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, con la circolare prot. DT 10492 del 5/02/2014 .
Prova testimoniale e quietanza di pagamento con denaro contante
La normativa del codice civile non impone particolari requisiti per dimostrare la consegna del denaro contante, tant'è che ammette la prova per testimoni, basata sulla narrazione degli eventi da parte di un terzo estraneo ai fatti di causa, seppure con limiti di valore alquanto restrittivi. Infatti, in base all'articolo 2721 del codice civile è vietato l'utilizzo di testimoni per obbligazioni superiori a 2,58 euro, sebbene l'autorità giudiziaria possa consentire la prova oltre tale limite tenendo conto della natura dell'obbligazione, della qualità delle parti e di altre circostanze.
Detto limite dimostra la sfiducia che il legislatore ripone nella prova testimoniale, rispetto alla quale predilige la documentazione scritta, malgrado la portata della norma sia mitigata dal potere di deroga riconosciuto al giudice.
Peraltro, i limiti di valore suddetti sono dettati nell'interesse delle parti private, con la conseguenza che nell'ipotesi in cui la prova per testi venga ammessa oltre i limiti, può considerarsi ammessa se la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l'inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva entro lo stesso grado di giudizio (Corte di Cassazione sezione terza – sentenza n. 3959 del 13/03/2012).
Ragion per cui, in generale, non merita accoglimento la richiesta della prova testimoniale del pagamento in contanti. Di conseguenza, la ricevuta di pagamento, cosiddetta quietanza, rappresenta, per esclusione, l'unico metodo in grado di dimostrare il trasferimento del denaro contante.
La quietanza
La quietanza è la dichiarazione di scienza rilasciata dal creditore, per iscritto, con funzione di prova documentale precostituita, che include i nomi di creditore e debitore, causale, data e firma. In condominio, la quietanza emessa dall'amministratore costituisce piena prova della ricezione di un pagamento, fino a querela di falso (Corte di Cassazione - sentenza n. 17246 del 22.07.2010).
Tecnicamente, la quietanza, al pari della confessione, reca l'asseverazione di un fatto a sé sfavorevole e favorevole al solvente, che se viene prodotta in giudizio non consente al creditore quietanzante di essere ammesso a provare per testi il contrario e cioè il mancato pagamento, a meno che non dimostri che la quietanza è stata rilasciata a seguito di errore di fatto o violenza, che invalidano la stessa quietanza (per tutte Corte di Cassazione sezioni unite – sentenza n. 19888 del 22/09/2014).
Non è un adempimento automatico dell'amministratore
In condominio si discute se l'amministratore sia obbligato o meno a rilasciare la prova documentale dell'avvenuta corresponsione in contanti, rimettendo la ricevuta di pagamento a chi gli consegni il denaro.
In proposito, si osserva che non esiste un obbligo di legge dell'amministratore di condominio o dei suoi incaricati a rilasciare la ricevuta di pagamento, a meno che non gli venga espressamente richiesta da chi paga.
Nello specifico l'articolo 1199 del codice civile prevede, espressamente, che «il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza e farne annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore». Pertanto, il diritto alla quietanza è azionabile dietro richiesta, ma non è insito nel pagamento.
A fronte di ciò il condomino ha il diritto ad ottenere la tipica quietanza, anche perché se il condominio agisse contro di lui, per inadempimento, sarebbe onere dello stesso condomino provare di aver adempiuto, giacché sulla scorta dell'articolo 2697 del codice civile l'onere di provare i fatti estintivi del credito grava su chi li eccepisce.
Ne deriva che l'amministratore del condominio-creditore soltanto dietro richiesta del condomino-debitore sarebbe obbligato a rilasciare l'apposita quietanza in cambio del denaro ricevuto, e ciò indipendentemente dal metodo di pagamento utilizzato, con la conseguenza che anche la corresponsione con bonifico sarebbe assoggettabile a tale regola, sebbene si tratti di uno strumento di pagamento tracciabile.
Nella contabilità
La contabile del bonifico, con il codice TRN “Transation Reference Number”, ossia il numero di riferimento della transazione, di per sé consente di consultare lo storico della transazione.
L'imputazione di pagamento delle rate
La linea di demarcazione tra l'importo bonificato sul conto corrente condominiale e quello pagato in contanti all'amministratore sta nel fatto che il bonifico può avere una valenza maggiore in termini di imputazione delle somme corrisposte al condominio, per il fatto che la causale dello stesso bonifico si configura come una manifestazione delle volontà di chi paga.
Pertanto, nel caso di più debiti della medesima specie, ai sensi dell'articolo 1193 del codice civile il debitore può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare, mentre in mancanza di imputazione, tra più debiti ugualmente onerosi, il pagamento viene ascritto al più antico. È ovvio che, qualora si trattasse di spese ordinarie, l'imputazione di pagamento ad una rata anziché un'altra risulterebbe del tutto indifferente, in quanto l'obbligazione è riferibile all'esercizio di gestione annuale.
Mentre nel caso di somme dovute in ragione di riparti diversi e autonomi riferiti anche a spese straordinarie, tipo lavori di risanamento conservativo o spese legali, allora la differenza d'imputazione rileva e va considerata da parte dell'amministratore nella redazione della contabilità condominiale.
In realtà, «la questione della imputazione del pagamento non è proponibile quando sussista un unico debito, ma regola l'ipotesi di pluralità di crediti fra le stesse parti, aventi titolo e causa diversi» (Corte di Cassazione – sentenze n. 30777/98; n. 2813/94; n. 12938/93).
In tale direzione il principio di diritto applicabile in condominio è che «il condomino, eseguendo un pagamento per spese condominiali può imputare i pagamenti ai debiti per singoli esercizi e può escludere, attraverso lo strumento dell'imputazione di pagamento, che le somme pagate vengano imputate a crediti contestati» (Corte di Cassazione sezione seconda – sentenza n. 5038 del 28.02. 2013).
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di Carlo Pikler - Centro studi privacy and legal advice