Condominio

Siccità, venti e alluvioni: progettare edifici a misura di cambiamenti

di Paola Pierotti

La pandemia che ha attraversato il mondo, gli effetti del cambiamento climatico avvertiti con l’innalzamento delle temperature, il lungo periodo di siccità, fino alle recenti alluvioni e poi la guerra ai confini dell’Europa, con impatto diretto sulla crisi energetica e sul caro-bollette di case e industrie. Condizioni che richiedono urgenti politiche ambientali, durevoli e con effetto immediato. Un appello alla responsabilità che chiama in causa chi opera a vario titolo per la costruzione e lo sviluppo delle città, dalla scala territoriale a quella del singolo edificio.

C’è chi come il botanico Stefano Mancuso ricorda che «nei prossimi 50 anni tutte le città si troveranno sfasate in termini di innalzamento della temperatura, in una fascia diversa rispetto alla quale sono state progettate e costruite. Il grimaldello è quello degli alberi – dice – immaginiamo edifici che abbiano piante fuori e dentro, per ridurre l’impatto del costruito sull’ambiente».

Più verde contro il calore

Anche per il paesaggista belga Bas Smets – professionista del team che si è aggiudicato il concorso per il Grande Maxxi di Roma, ma anche autore per il verde di Notre Dame, a Parigi – la natura dovrà penetrare in città, per salvarci dalle isole di calore. Smets invita a tenere insieme geologia e meteorologia, considerando l’urbanistica come quello strato in cui queste due forze si incontrano. Sempre dal Belgio l’invito a studiare «paesaggi performativi» e «infrastrutture adattive»: è il collettivo 51N4E (ospite a Torino all’evento Utopian Hours, dal 14 al 16 ottobre prossimi), noto per la trasformazione di piazza Skanderbeg a Tirana, a promuovere un approccio bottom-up alla pianificazione e all’architettura.

Fabio Viero, direttore della divisione Manens della società Manens Tifs (33 milioni di fatturato consolidato con Steam, 385 addetti e sedi a Padova, Verona, Bari, Serbia e Arabia Saudita) cita tre progetti italiani dove la società di ingegneria è al fianco di altrettante star dell’architettura internazionale, per spiegare concretamente cosa significhi oggi progettare pensando al climate change.

A Milano è con Kengo Kuma per gli uffici biofilici di Welcome, nell’ex area Rizzoli a ridosso del Parco Lambro, e con BIG per Citywave a Citylife, a Roma con Antonio Citterio Patricia Viel per la sede Enel. Edifici green, confortevoli, attenti al benessere delle persone, a prova di clima e di futuro.

Tre aspetti da considerare

«Quando si parla di progettazione e clima, tre sono gli aspetti da considerare. Resilienza è la prima parola chiave – dice Viero – ci dobbiamo interrogare se stiamo progettando edifici pronti al cambiamento. Con l’intensificarsi delle cosiddette bombe d’acqua, gli edifici devono essere progettati considerando questi fenomeni, così come il vento: non è più insolita, infatti, l’immagine di edifici scoperchiati – aggiunge –. Ecco che per architetti e strutturisti ci dovrà essere un’innovazione negli ancoraggi, con standard che dovranno essere innalzati; sul tema delle fognature bisogna intervenire in termini di manutenzione e ridimensionamento. E ancora – dice Viero per portare esempi concreti – gli edifici non potranno più tenere centrali tecnologiche negli interrati, rischiando il blackout con una pioggia».

Oltre alla resilienza, Viero fa il punto su come progettare per ridurre l’impatto diretto sul clima. La seconda parola è decarbonizzazione (a partire dalla riduzione di emissioni nella fase dell’esercizio, ma anche considerando che tutto ciò che è a combustione andrà elettrificato). «Un veicolo fondamentale sarà quello delle comunità energetiche, anche per le ricadute sociali». E riprendendo il tema del surriscaldamento globale accennato da Mancuso, anche il tema del comfort va riconsiderato «perché servirà più energia per raffrescare gli edifici nella stagione estiva».

L’Italia si sta muovendo in questa direzione, seguendo modelli di successo come quelli del Nord Europa (si veda l’articolo a destra con l’intervista a Jette Hopp dello studio Snøhetta) e la spinta è offerta sia dalla normativa europea che promuove finanziamenti per iniziative con criteri specifici nell’ambito dell’Esg, sia dalle richieste dei tenant con una coscienza sempre più sensibile, ma anche dalla consapevolezza sul valore dell’immobile nel tempo. «Se non si investe in termini di resilienza e decarbonizzazione – conclude Viero – si rischia di mettere sul mercato edifici che perdono rapidamente il proprio valore».

Investire in questa direzione è un circuito virtuoso: il benessere si misura anche in benefici economici, e il mercato premia (con prezzi d’affitto o vendita) le iniziative di qualità.

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