Tesseramento ad una associazione e pagamento quota associativa: non è applicabile il Codice del consumo
Questo perché l’associazione non è un professionista che esercita attività imprenditoriale
Come noto, il decreto ministeriale del 13 agosto 2014 numero 14 in vigore dal 9 ottobre 2014 regola la formazione degli amministratori di condominio. Per diventare amministratore di condominio occorre aver seguito un corso di formazione iniziale di almeno 72 ore e successivamente dei corsi annuali di aggiornamento di almeno 15 ore. Nella maggior parte dei casi, al fine di ottemperare all'obbligo formativo, l'aspirante amministratore si iscrive ad un'associazione di categoria che, benchè non abbia esclusività in tal senso (la formazione, da sempre, ben può essere erogata da soggetti diversi dalle associazioni di categoria), attesta il superamento dell'esame abilitativo alla professione di amministratore di condominio e/o delle ore formative periodiche necessarie. Non sempre, tuttavia, chi abbia frequentato il corso abilitativo, decide poi di proseguire nella professione.
Il recesso dall’associazione di categoria
Può accadere, infatti, che si decida di associarsi, frequentare il corso iniziale, pagare una quota periodica e, successivamente, comunicare le dimissioni da associato. Ove sorgano contestazioni sulle modalità d recesso e/o sul pagamento eventuale di somme dovute e/o richieste all'associato, quale disciplina deve applicarsi? Quella generale per le persone fisiche oppure quella speciale prevista in favore dei consumatori dal Codice del consumo? La risposta la fornisce una recente sentenza resa dal Giudice di pace di Roma, la numero 4822/2023 depositata il 22 febbraio 2023 .
Nel caso deciso della sentenza in esame, l'associazione di categoria, avente sede a Roma, richiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo, emesso dal Giudice di pace di Roma, nei confronti dell'ex associato che, sebbene avesse frequentato il coso abilitativo ed ottenuto i segni distintivi associativi, non aveva ottemperato né all'obbligo di pagamento della quota periodica richiesta né alla restituzione di quanto ricevuto. A seguito della notifica del decreto ingiuntivo, l'opponente eccepiva, «in via preliminare, (..) il difetto di competenza per territorio del giudice adito».
La difesa dell’ex associato
Contestava, infatti, che il Giudice di pace di Roma fosse privo di competenza a pronunciare sulla domanda proposta dal ricorrente «perché emesso da giudice territorialmente incompetente»; ciò, in quanto la “eventuale” clausola derogatoria del Foro competente inserita nello Statuto dell'associazione di categoria era da considerarsi vessatoria e, pertanto, nulla ai sensi dell’articolo 1341, comma 2 Codice civile. Nel merito, assumeva di aver saldato l'intero triennio ed affermava di aver inviato, in data 21 settembre 2016, «lettera raccomandata con cui comunicava le proprie dimissioni dall'Associazione, pertanto entro i tre mesi dal rinnovo come previsto al punto 4) dello Statuto», e di aver, successivamente, ricevuto dalla medesima associazione di categoria una missiva con cui veniva allo stesso richiesta la restituzione di certificato di conformità e timbro associativo entro una determinata data, «per non rinnovare ulteriormente la sua adesione».
Tale restituzione avveniva con raccomandata, per pacifica ammissione dell'opponente, oltre il termine indicato.La sentenza pone l'accento sul fatto che l'opponente avesse esercitato il diritto di recesso oltre il termine indicato nei documenti dallo stesso firmati al momento dell'adesione all'associazione. Termine ribadito dall'opposta con la nota inviata all'ingiunto che il tesserato, per sua stessa ammissione, confermava di non aver rispettato. Da lì la prosecuzione del rapporto, non interrotto alla sua naturale scadenza per disdetta / recesso intervenuta oltre il termine conosciuto.
Conclusioni
La sentenza 4822/23 evidenzia l'importanza di porre attenzione ai documenti contrattuali che si vanno a sottoscrivere atteso che, nel caso specifico, il tesserato aveva approvato specificatamente la norma statutaria di cui all'articolo 4 sulla scadenza triennale e la proroga tacita, norma riportata integralmente nel modulo di adesione.Quanto all'eccezione di nullità della clausola relativa la Foro di competenza e l'interpretazione dell'opponente, secondo il quale la clausola che stabilisse il Foro di Roma, era da considerarsi vessatoria e dunque nulla, richiamato il rapporto imprenditore-consumatore previsto dal Codice del consumo, il Giudice di pace rigettava l'eccezione ritenendo non applicabile la disciplina di maggior favore del Dlgs 205/2006, in quanto non identificabile, l'associazione di categoria, con un soggetto imprenditoriale richiesto dalla normativa consumeristica.
Ed infatti, si legge in sentenza : «Che, nel caso de quo, l'opposta è un'associazione di categoria e non un professionista che esercita attività imprenditoriale , ne consegue la non applicabilità delle norme del codice del consumo». Per tali motivi, il Giudice rigettava l'opposizione con confermava del decreto ingiuntivo opposto.