Condominio

Valida la convocazione dell’assemblea in località diversa da quella del condominio

La Corte ha evidenziato come risultasse pacifico tra le parti che i condòmini, per la quasi totalità, non fossero residenti o dimoranti nel luogo in cui si trova l'immobile condominiale

immagine non disponibile

di Eugenia Parisi

In questo periodo è tema di estrema attualità - lungamente approfondito da questo Quotidiano – il luogo fisico o virtuale di svolgimento dell'assemblea condominiale: in argomento, la Corte d'Appello dell'Aquila – con sentenza n. 698/2020 dello scorso 15 maggio – ha esaminato le problematiche insorte qualora l'assemblea sia convocata in località diversa da quella dove il condominio è effettivamente ubicato.

Il fatto
Il giudice di primo grado accoglieva l'impugnazione di delibera assembleare proposta da una condomina di un edificio ubicato in un luogo di villeggiatura, dichiarando cessata la materia del contendere, in quanto la medesima delibera era già stata dichiarata illegittima da altra precedente sentenza; proponeva, quindi, gravame il condominio per vari motivi, tra i quali - per quanto qui interessa - la mancanza di prova, da parte della condomina, della impossibilità di partecipare alla impugnata assemblea condominiale, tenuto conto del suo sistematico rilascio di delega per la partecipazione anche alle assemblee convocate dove si trovava l'immobile, e del fatto che comunque l'attrice risiedeva – come, peraltro, la quasi totalità dei condomini - in una città diversa.

Modalità di proposizione dell'azione
Tra i motivi preliminari processuali eccepiti, la Corte ha rigettato l'eccezione di nullità del ricorso introduttivo per violazione dell'art. 1137 Codice Civile, come modificato dalla Legge 220/2012, ovvero di decadenza dall'impugnazione: infatti, se è vero che l'art. 15 della Legge 220/2012 ha modificato l'art. 1137 Codice Civile, eliminando il riferimento al “ricorso” quale atto di impugnazione delle delibere condominiali, è anche vero che ai sensi dell'art. 32 della stessa legge, detta modifica sarebbe entrata in vigore dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale.

Pertanto, atteso che la Legge 220/2012 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 17 dicembre 2012, la riforma risulta entrata in vigore il successivo 17 giugno 2013 e cioè in data successiva al deposito del ricorso introduttivo di primo grado, avvenuto il 1° giugno 2013, come da timbro apposto dalla Cancelleria del Tribunale e conseguentemente risultando pacifico che il verbale dell'assemblea del 29 aprile 2013 era stato comunicato alla condomina in data 2 maggio 2013, con evidente rispetto del termine dei trenta giorni per l'impugnazione.

La scelta del luogo dell'assemblea
Con il secondo motivo di impugnazione, il condominio, come visto, ha dedotto l'erroneità della decisione circa l'annullabilità della delibera condominiale “per eccesso di potere” dell'amministratore, per avere questi scelto - quale luogo della assemblea - l'abitazione del condomino interessato all'adozione del punto all'ordine del giorno in contestazione, sita però in località diversa da quella in cui si trovava l'immobile condominiale, senza specificazione delle ragioni di tale scelta ed in assenza di “serenità ambientale”.

Sul punto, la Corte ha evidenziato come risultasse pacifico tra le parti che i condòmini, per la quasi totalità, non fossero residenti o dimoranti nel luogo in cui si trova l'immobile condominiale, trattandosi di immobile di “villeggiatura” il cui godimento, da parte dei proprietari, è limitato solo ad alcuni periodi dell'anno, la stessa attrice risultando pacificamente residente in altra città; dalle produzioni documentali, inoltre, risultava poi che, già prima dell'impugnata assemblea, le precedenti fossero state tenute “per consuetudine” presso l'abitazione esterna di altro condomino ed a fronte di tali circostanze non potesse essere neppure astrattamente ipotizzabile una sorta di timore reverenziale in relazione al luogo di svolgimento dell'assemblea, peraltro definito come consuetudinario, dalla stessa attrice.

In secondo luogo la circostanza che le assemblee si tenessero sistematicamente in altra città esclude anche il carattere arbitrario della scelta del luogo della convocazione, atteso che evidentemente lo stesso - in mancanza di specifiche indicazioni nel regolamento condominiale - era stato reputato dai condomini “idoneo, fisicamente e moralmente, a consentire a tutti i condomini di esser presenti e di partecipare ordinatamente alla discussione” e facilmente raggiungibile da tutti coloro che risiedevano in località diverse; la stessa appellata, nel corso del tempo, non aveva mai sollevato alcuna contestazione circa la prassi instauratasi di convocare lì le assemblee e riprova di ciò si desumeva anche dal fatto che - nonostante nel ricorso introduttivo di primo grado si lamentassero i costi per gli spostamenti addebitate ai condomini per partecipare alle precedenti assemblee - nessuna impugnazione delle relative delibere risultava essere stata mai proposta.

Dal verbale dell'assemblea impugnata, inoltre, risultava che erano presenti personalmente o per delega 13 condomini su 21 pari a complessivi 660 millesimi del valore totale: il luogo scelto per la convocazione, quindi, in concreto aveva consentito un'ampia partecipazione dei condomini interessati, confermando l'assunto del condominio per cui la scelta dell'altra città era stata fatta per venire incontro alle esigenze della maggioranza dei condomini.

Vieppiù, in relazione alla missiva di contestazione del luogo di convocazione, l'assemblea espressamente rilevava “che non esiste norma regolamentare che fissi inderogabilmente la sede delle assemblee presso l'edificio condominiale anche in virtù del fatto che la quasi totalità dei condomini non risiede nel fabbricato né tanto meno in Roccaraso. Si precisa altresì che non esiste precedente assemblea condominiale che fissi una sede esclusiva delle riunioni condominiali, sicché nessuna violazione può essere imputata al Condominio”.

A fronte di tali considerazioni occorre rilevare come l'appellata - che ne era onerata - non avesse neppure allegato le ragioni che le impedivano di fatto di partecipare direttamente o per delega (istituto a cui aveva fatto ricorso in relazione alle assemblee precedenti) e, quindi, sotto il profilo in esame, la delibera condominiale è apparsa, ai giudici di secondo grado, del tutto valida ed efficace.

Verifica dei quorum
Con il terzo motivo di impugnazione, l'appellante condominio lamentava, infine, l'erroneità della decisione nella parte in cui aveva affermato la nullità della delibera perché non consentiva di verificare i quorum prescritti dall'art. 1136 c.c. e quindi di individuare i condomini legittimati all'impugnazione e quelli in situazione di conflitto di interessi.

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato che “Il verbale dell'assemblea di condominio, ai fini della verifica dei “quorum” prescritti dall'art. 1136 cod. civ., deve contenere l'elenco dei condomini intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi di quelli assenzienti o dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali, rimanendo comunque valido ove, pur riportando l'indicazione nominativa dei soli partecipanti astenuti o che abbiano votato contro, consenta di stabilire per differenza coloro che hanno votato a favore ...” (cfr. per tutte Cassazione Civile n. 6552 del 31 marzo 2015); nel caso di specie ed in relazione alla specifica delibera impugnata, non erano nemmeno stati indicati a verbale i condomini astenuti o i voti contrari, sicché la stessa è stata ritenuta adottata all'unanimità dei condomini presenti personalmente e per delega specificamente indicati nella parte preliminare del verbale e quindi la delibera assembleare impugnata risultava, anche sotto tale profilo, valida ed efficace.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©